di Diego Romeo
Forse era dai tempi delle “somme urgenze” che il palazzo municipale di Agrigento fosse cinturato dalle forze dell’ordine. Oggi è bastato a un qualche ladruncolo “strano e intelligente” riuscire nell’intento di bloccare le entrate in municipio per l’espletamento delle indagini e dei rilievi sulla scena del delitto. Le prime notizie circolate parlano di faldoni, documenti, snak bar e computer violati. E chi saranno questi odiatori sociali che menano da tempo il can per l’aia, che insultano privi di deontologia civica, appiattiti nello sgarro dei social e con l’aggravante di mettere la città e gli inquirenti nello scompiglio delle allusioni e delle ipotesi? Di certo è tutta gente esperta della toponomastica degli uffici municipali che ha ponderato per bene l’irruzione. Probabilmente saranno i soliti “invisibili” di cui mi parlava in una intervista l’ex candidato sindaco Andrea Cirino? “La società—replicava Cirino autore di “E’ tutta colpa di Solone”– senza rendersene conto viene stimolata da personalità invisibili, essa può essere paragonata a un gregge che va dove vuole il pastore, mentre il pastore è il personaggio invisibile che con la sua mente mefistofelica, senza farsi notare, organizza scientificamente le sorti degli altri.” Gli invisibili tramavano contro il palazzo.” . Proprio quegli “invisibili” che hanno mummificato politicamente Agrigento in un tool temporale che oggi la costringe a non trovare tutti gli assist che le offre la designazione a “capitale della cultura”. E col senno di poi oggi possiamo dire che fu una occasione mancata ( nelle ultime elezioni comunali) la designazione di Diego Fusaro che per alcune settimane della campagna elettorale fu assessore alla cultura nella Giunta Miccichè. Non sappiamo se Fusaro fu allontanato o scelse l’abdicazione e comunque fu, lo ripetiamo, una occasione mancata perché chi meglio di lui avrebbe gestito e forse fatto uscire la città da questa mummificazione sociopolitica? Quel Diego Fusaro che avrebbe spiegato bene l’alternanza senza alternativa, con le fazioni della vecchia politica «egualmente sussunte sotto l’ordine neoliberale». Quelli che un tempo erano schieramenti in lotta per due opposte visioni del mondo e dell’agire politico sono ormai le facce intercambiabili della stessa medaglia: l’agenda turbocapitalista. La sinistra ha abdicato al suo ruolo di strumento di emancipazione globale; e, nei fatti, la destra cosiddetta sovranista non si cura minimamente del popolo sovrano. Siamo così passati dalla democrazia – il governo del popolo, nella dialettica delle sue articolazioni – alla demofobia: la paura del popolo da parte di chi gestisce monoliticamente il potere”. I nostri “padri greci” chiamarono Atene pensando alla dea Athena, un eponimo che regge ancora oggi. E per Agrigento quale eponimo dovremmo coniare? Tutti ricordiamo l’Agrigento di Sodano, l’Agrigento di Zambuto, l’Agrigento di Firetto che introdusse nella sua Giunta gli “infarinati” di sinistra, memore del vecchio assunto di De Gasperi (La DC partito di centro che guarda a sinistra) ma dell’Agrigento di Miccichè cosa potremo ricordare? E quale eponimo coniare?