Mentre la salute del boss castelvetranese peggiora rapidamente, c’è non poca curiosità in merito ai contenuti delle parti omissate nella trascrizione dell’interrogatorio dello scorso 13 febbraio.
Alla domanda se intendesse rispondere o avvalersi della facoltà di non rispondere, Matteo Messina Denaro ha precisato che “ci saranno cose in cui non rispondo cose in cui rispondo e spiegherò il motivo per cui rispondo e cose che spiegherò il motivo per cui non voglio rispondere”, aggiungendo poi “io non mi farò mai pentito”.
Matteo Messina Denaro, per trent’anni latitante e condannato anche per le stragi degli anni ’90, ha negato la sua appartenenza a “Cosa nostra”, il suo coinvolgimento nelle stragi, l’aver commesso omicidi (in particolare quello del piccolo Giuseppe Di Matteo), estorsioni ed essere implicato nel traffico di stupefacenti.
È lui a condurre un gioco fatto di silenzi, di dico e non dico, di narrazioni volte a salvare la sua immagine di “criminale onesto” – così come si è autodefinito -, ma anche di autocelebrazioni che ne attestino la furbizia e cancellino dalla memoria collettiva del mondo a cui appartiene l’onta di essersi fidato dell’ex sindaco Antonio Vaccarino quando questi collaborava con il Sisde perché si arrivasse alla sua cattura.
Di Vaccarino, nonostante non fosse stato sollecitato dai pm, è stato lui a volerne parlare.
Nessuna iniziale domanda da parte dei pm, quasi che non si trattasse di un argomento da approfondire nonostante abbia rappresentato un aspetto importante della caccia al latitante, rispetto al quale si sono formulate più congetture.
Una scelta quella di Matteo Messina Denaro di volerne parlare per dimostrare la propria furbizia che – a suo dire – l’aveva portato a individuare Vaccarino come una talpa dei carabinieri. O la furbata per cancellare il peccato di essersi fidato di un uomo rispetto al quale gli stessi appartenenti alla sua consorteria mafiosa avevano avanzato non pochi dubbi?
Nelle 70 pagine di verbale di interrogatorio, “U siccu” precisa che alcune cose non le dirà “perchè significa che usciamo da qua ed andate ad arrestare persone ed io non le faccio queste cose”.
Infatti, la sua narrazione in più casi sembra volta a salvaguardare soggetti che in qualche modo sono rimasti coinvolti nel suo arresto, come nel caso del medico Alfonso Tumbarello del quale dice “questo non sa niente, è stato arrestato questo non sa niente e le spiego come sono andate le cose […] E’ stato preso purtroppo per lui in giro. Perché io non mi sarei mai rivolto a lui. Perchè era intimissimo con Vaccarino cioè per me era un suicidio andare dal Tumbarello e dirgli: Sai io sono il Tizio…, perché glielo dovevo dire, perchè lui nemmeno mi conosceva…”
Sarà come lui afferma – questo spetterà agli inquirenti verificarlo – ma il nome del professionista di Campobello di Mazzara come mediatore per un contatto tra Salvatore Messina Denaro e Antonio Vaccarino, veniva fuori già da molti anni, proprio a seguito delle dichiarazioni rese dall’ex sindaco di Castelvetrano che lo aveva indicato come la persona a cui si sarebbe rivolto per entrare in contatto con Salvatore Messina Denaro, il fratello del boss, per organizzare un incontro nel suo studio a seguito del quale Vaccarino riuscì ad entrare in contatto con il latitante.
“Appena ho sentito il nome del medico, ho fatto un balzo sulla sedia, perché Alfonso Tumbarello non è un personaggio da poco”, aveva dichiarato nel corso di una puntata di Report – dopo la cattura del boss di Catelvetrano – l’ex procuratore aggiunto della Dda Teresa Principato.
Alfonso Tumbarello, il medico che aveva in cura Matteo Messina Denaro sotto falso nome, accusato di concorso esterno per avere “personalmente visitato” Messina Denaro, all’epoca latitante, e avere firmato 137 richieste di visite specialistiche e ricette di farmaci a nome di Andrea Bonafede, dopo essere stato arrestato lo scorso 7 febbraio e aver trascorso 5 mesi in carcere, è ora ai domiciliari per limiti di età (il prossimo 9 dicembre compirà 71 anni).
La stessa “delicatezza”, però, Matteo Messina Denaro non la riserva ad altri.
È questo il caso di medici i cui nomi vengono riportati in chiaro nel verbale di interrogatorio, e in particolare verso Giovanni Luppino, l’uomo che venne arrestato con lui e che lo aveva accompagnato alla clinica Maddalena di Palermo.
Luppino si era difeso dicendo: “Non sapevo fosse il boss, solo un pazzo lo avrebbe portato”.
Adesso a smentirlo è il boss al quale ha fatto da autista.
Messina Denaro racconta che non lo conosceva e che tramite Andrea Bonafede – non il cugino – che lavorava per lui, lo contattò per farsi accompagnare quando stava male e non si sentiva di andare da solo a Palermo per fare le terapie alle quali doveva sottoporsi.
“Andrea sarebbe stato per me un estrema ratio ma se non accadeva questo… ci dissi Io ho bisogno sporadicamente non sempre perchè se io mi sento bene me lo faccio da me, Dice: “C’è qua il vicino…” – che lui lavorava là – non parlo della casa che voi chiamate la prima casa, parliamo la seconda – ci dissi, “Ma io non voglio che questo sappia”, dice “E che ci diciamo?” ci dissi “Intanto diciamoci che io sono… vengo dal Venezuela, che tuo padre ha un altro fratello là e poi si vede”. Ed abbiamo fatto così, però abbiamo chiesto, lui parlava ed io là dissi: “Ogni tanto mi potresti aiutare? Perchè ho un tumore…” dice “Va bene. Poi, dopo, dopo… perchè lui ad esempio, in un mese ci venne una volta, dopo che abbiamo preso un po’ di confidenza, ma a me non mi interessava la confidenza, mi interessava capire l’individuo che mentalità avesse, e lui, questo è un tipo che vive un altra epoca, è rimasto tipo anni ’50, anni ’60; quindi ho capito questo si canta niente, non è un tipo che arriva a casa e ci dice alla moglie: ah sai chi? Non lo fa. Ed infatti non ho sbagliato: gli ho detto la verità, mentre camminavamo gli ho detto “Vedi che la situazione è questa” e lui mi sorprende e mi dice, “Ma sai che l’avevo capito? Però io non ho voluto allungare, lui secondo me non aveva capito chi fossi io, aveva capito che c’era qualcosa che non andasse”.
Crolla così la difesa di Luppino, anche se tutto ciò che ha dichiarato Matteo Messina Denaro, e non soltanto in merito a questo aspetto, deve essere necessariamente verificato dagli inquirenti.
Perché l’ex primula rossa castelvetranese tende a porre al riparo dai rigori di legge alcuni soggetti, mentre – nonostante abbia dichiarato di non volersi “fare pentito” – fa alcuni nomi e inchioda a precise responsabilità altre persone, tra le quali il Luppino, che pure lo aveva accompagnato alla clinica dove è stato arrestato?
Matteo Messina Denaro sembra avesse molta voglia di parlare – seppure limitatamente a ciò che lui voleva – ma quell’ora e quaranta minuti di interrogatorio devono essere stati molto intensi e pesanti per i pm, che si sono visti costretti a sollecitare il boss castelvetranese a essere più stringato nel parlare, per poter chiudere il verbale (da pag 32: PM de Lucia: “Io però, siccome no non è che possiamo passare la giornata qua, è piacevole ascoltarla però lei… ci sta dicendo alcune cose della sua vita…”; da pag 39: P M de LUCIA: “Va beh la ascoltiamo allora…” – P M GUIDO “Ed allora…” – P M de LUCIA “Dobbiamo chiedere altro? Credo di no”. – P M GUIDO “Vediamo quello che ha da dire poi vediamo se…”; da pag 51: P M GUIDO “noi tutto questo lo abbiamo molto chiaro, tutto quello che sta raccontando…” – MESSINA DENARO “No no me lo faccia…” – P M GUIDO “…a noi ci interessa tutto il resto, però, della sua vita” – MESSINA DENARO “No, no, mi faccia…” – P M GUIDO “Sì, tutto quello che ha detto, le assicuro che nel 90% – 95%, noi già lo conosciamo” – P M de LUCIA “Va beh, la ascoltiamo comunque concluda” – MESSINA DENARO “Sto finendo”; da pag 53: MESSINA DENARO “Quello ascolti io non lo conoscevo. Cosa succede? L’Andrea BONAFEDE – non il cugino – lavorava per lui […] se la annoio, chiudo, cioè non dico niente”. Da pag 59: P M de LUCIA “Va bene. C’è altro che ci vuole dire? Tanto poi ci rivediamo in un altra occasione, adesso… poi abbiamo bisogno di proseguire un discorso con lei. Siamo venuti ad ascoltarla ed è stato interessante, non utile ma interessante”. Da pag 61: MESSINA DENARO “… Ma su altro, però, se avete cinque minuti… perchè è una cosa che mi infastidisce molto…” – P M de LUCIA “Ed allora ci dica quest’altra cosa e poi le ripeto avremo un altro momento di incontro” – MESSINA DENARO “Va bene, però questa fatemela dire, forse…” – P M de LUCIA “Ed allora ce la dica” – MESSINA DENARO forse è la cosa a cui tengo di più” – P M de LUCIA “Benissimo. Però facciamo cinque minuti e non in quindici minuti per dire quello che si può dire in cinque minuti…”. Da pag 66: MESSINA DENARO “Mi ascolti Procuratore mi ascolti io…” – “P M de LUCIA “Ci fermiamo qui per ora, perchè poi ci dirà ancora questa cosa”. Da pag 68: P G “Qualcuno la conosceva” – MESSINA DENARO “Certo che mi conosceva. Eravamo arrivati al punto che scendo la via Roma… ah, poi le volevo dire una cosa che forse vi interessa…” – P M GUIDO Però lei… come le ho detto prima abbiamo parlato soltanto di un briciolo, rispetto a quello che nella sua vita…” – P M de LUCIA “Va beh, poi ne parliamo” […] P M de LUCIA “Va bene possiamo chiudere” – P M GUIDO “Possiamo chiudere la registrazione” – MESSINA DENARO “Per me sì”
Un interrogatorio durato un’ora e 40 minuti con l’ultimo dei più grandi ex latitanti di “Cosa nostra” – peraltro molto probabilmente prossimo a morire a causa del tumore di cui è affetto – nel corso del quale avrebbe dichiarato cose interessanti, non utili ma interessanti, come affermato da de Lucia, evidentemente così intenso da aver indotto i pm, certamente stanchi, a rinviare ai successivi interrogatori le eventuali altre dichiarazioni del boss castelvetranese.
Cosa avrà detto nei successivi interrogatori? A quali domande avrà risposto? Cosa contengono le pagine omissate? Per il momento non si sa altro – nonostante alcuni argomenti e aspetti di questo interrogatorio siano meritevoli di approfondimenti nel corso di nuovi articoli -, rimane la speranza che Matteo Messina Denaro viva ancora a lungo e abbia voglia di parlare raccontando i lunghi anni di latitanza, complicità e connivenze.
Gian J. Morici
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