La sequenza inizia in modo semplice.
In apparenza sembra un funerale come tanti altri.
La bara è di legno bianco, quel colore che si usa allorché chi ha perso la vita era nell’età dell’innocenza.
Ma in questo caso – come capirete tra breve – il colore indicava l’essere stata vittima innocente.
Potrebbe sembrare un paradosso perché ogni vittima è innocente, né si può ammettere un contrario di questa regola.
Non possono esistere vittime colpevoli perché la morte sana ogni possibile responsabilità della propria immotivata fine.
La bara è davanti alla scalinata di una chiesa.
Molta gente, tanta, è attorno.
Un uomo, elegantemente vestito in abito nero, è davanti a quella bara.
Appare raccolto, pensoso, chiuso nel suo immenso e solitario dolore.
La fotografia di colei che non ha più vita è posta sopra la bara.
Doveva essere una bella donna, presa dalla morte in un momento assai felice della sua esistenza.
Così, in effetti, era stato.
La vittima, Agnès Lasalle, era un’nsegnante.
Lavorava in una scuola di un piccolo paesino dei Pirenei francesi dal nome che rievoca la luce: San Juan de Luz.
Era stata uccisa a coltellate da un suo allievo affetto da problemi psichici.
L’ala dei convenuti alla cerimonia funebre ha gli occhi puntati su quell’uomo.
Perché, in quei momenti di dolore raccolto, solo ti chiedi – silenziosamente – quale oscuro pensiero rimanga in coloro che restano.
Soprattutto quando la morte non spiega i contorni della sua stessa inesplicabilità e si fa strumento della follia.
Ad un tratto l’uomo sembra accennare qualcosa che assomiglia ad un primo passo di danza.
Tra lo stupore dei presenti, quei primi passi si trasformano in una coreografica piroetta.
La musica di una vecchia canzone di Frank Sinatra, cantata in francese, fa da ritmata base sonora.
Quel suono ammaliante ed invitante alla danza si diffonde per ogni dove.
Non è una canzone a caso, ma la famosissima L.O.V.E. sulla quale generazioni di amanti hanno ballato.
Il testo parla della straordinarietà dell’amore e di ciò che lega due amanti per sempre.
L’uomo non accenna neppure un invito ai presenti per unirsi alla danza.
Uno dopo l’altro, come contagiati da un momento di struggente empatia, tutti cominciano a danzare.
Da soli, in coppia, scambiandosi i compagni di quei passi così stranamente improvvisati.
Tutti ballano attorno alla bara ed è come se la donna scomparsa avesse ballato con il suo uomo ed insieme a loro.
I visi, da tristi, diventano – d’un tratto – felici: della felicità che hanno coloro che amano e si amano.
L’amore che nessuna morte può silenziare nei vivi…
Lorenzo Matassa