Da oggi a giudizio i vertici militari sul danno ambientale causato in Sardegna nelle aree dei poligoni interforze. Un braccio di ferro tra poteri dello Stato già sapientemente affrontato nei lavori della IV commissione Parlamentare d’inchiesta presieduta dall’On Giampiero Scanu.
In effetti il lavoro della Magistratura andava avanti da tempo ma la relazione finale della commissione, conclusasi nel 2018, ha confermato la voglia di giustizia e la necessità d’intervenire con determinazione al recupero e bonifica dei territori (semmai sarà possibile) riconsegnando all’Italia uno dei tratti di costa più belli. L’immunità tacitamente riconosciuta ai vertici militari ha fatto si che negli anni un pezzo di Sardegna è stato sottratto al Paese ed i cittadini hanno perso anche il diritto di transito. Unico caso al mondo, quello del promontorio di Capo Teulada, per il quale lo Stato di cui fa parte, non può esercitarvi la podestà. In sede di visita della IV Commissione Scanu, fu riferito che i tempi di bonifica previsti per questo territorio per renderlo di nuovo disponibile all’Italia sarebbe stato di circa 540 anni. Che le Esercitazioni vadano fatte e che le Forze Armate debbano avere la possibilità di addestrarsi rendere possibile la difesa della pace è importante e necessario ma le tecnologie attuali potrebbero consentire un addestramento reale ed un impatto sul territorio decisamente solo virtuale e salvaguardare così la necessità addestrativa/operativa dell’Esercito ma anche l’ambiente in cui viviamo perchè gli indici di inquinamento raggiunti in quelle aree della Sardegna, hanno evidenziato che a distruggere un territorio non è indispensabile una guerra ma basta anche l’incuria, la superficialità e la mancanza di rispetto per l’ambiente che ci ospita. L’Osservatorio Militare è a completa disposizione delle autorità giudiziarie ed è pronto a mettere a disposizione degli inquirenti anche documentazione inedita in grado di dimostrare come venivano gestiti i poligoni prima delle Commissioni d’inchiesta, di come le stesse (ve ne sono state ben quattro) abbiano avviato l’indagine sui possibili danni ambientali e di come la quarta Commissione, l’ultima, abbia potuto dettare delle soluzioni tecniche ed operative per evitare di continuare a distruggere uno dei tratti di costa più belli non solo della Sardegna e dell’Italia ma del mondo intero. La documentazione in possesso dell’Osservatorio dimostra che non vi era un controllo mirato delle sostanze e dei componenti del munizionamento utilizzato, delle ricadute sui territori limitrofi, delle esplosioni di “fornelli” in cui veniva riposto ogni tipo di materiale che, fatto esplodere, liberava nell’aria nuvole di metalli pesanti in grado di rendere la zona di Capo Teulada una delle zone a più alto indice di patologie tumorali a dispetto della salubrità della Sardegna e della longevità dei Sardi lontani da quei territori. Siamo certi che la giustizia farà il suo corso e l’Osservatorio sente il dovere morale di mettersi a disposizione dell’Autorità giudiziaria proprio come la IV Commissione parlamentare fece con la pubblicazione della relazione finale e l’invio di questa agli organi competenti.