Ormai è chiaro che Mosca si preparava da tempo a invadere l’Ucraina e che aveva adottato misure economiche per far fronte alle inevitabili sanzioni che avrebbe subito.
Dall’accumulo di riserve valutarie, ai miliardi di obbligazioni cinesi, ai miliardi di dollari in oro, la macchina da guerra economica russa era stata messa a punto per affrontare la risposta occidentale al conflitto, fallendo, però, nella valutazione della portata di sanzioni mai viste in precedenza.
Putin, evidentemente, riteneva di poter contare – così come era avvenuto dopo i fatti di Crimea e del Donbass nel 2014 – sui partiti e gli esponenti politici occidentali con i quali aveva stretto forti legami, adombrati anche da illeciti finanziamenti e fatti di corruttela internazionale.
Così non è andata e Mosca ha perso già nelle prime settimane di guerra un’altissima percentuale delle sue riserve valutarie, senza neppure poter rimpinguare le proprie casse contando sulle esportazioni di materie prime che rappresentano la fonte principale delle entrate del bilancio statale.
Ai problemi legati all’esportazione si aggiungono quelli relativi all’importazione – in particolare quella di prodotti ad alta tecnologia – necessari alle attività industriali produttive.
Sono state sufficienti – per esempio – le sanzioni applicate alla Russia già nelle prime settimane del conflitto, perché la Uralvagonzavod, la più grande fabbrica di mezzi blindati e carri armati russi, si vedesse costretta a interrompere la produzione a causa della mancanza di componenti tecnologici fondamentali di produzione estera.
In crisi l’industria aereonautica e il trasporto aereo, sia a causa della chiusura ai voli russi dei cieli da parte di quasi tutti i paesi sviluppati del mondo, sia per il divieto di fornitura di aeromobili, pezzi di ricambio, scambio di informazioni tecniche e riparazioni.
Un settore, quello aereonautico, che vede la AerCap – la più grande società di leasing di aeromobili al mondo – avviare un’azione di recupero in danno della Russia per un ammontare di 3,5 miliardi di dollari per coprire la potenziale perdita dei suoi aerei e motori, che Mosca si rifiuta di restituire.
L’amministratore delegato Engus Kelly – come riportato dal Financial Time – ha dichiarato che AerCap mira a soddisfare tutti i suoi reclami nell’ambito delle polizze assicurative e ricorrerà anche ad “altri rimedi disponibili”.
A questo si aggiunge la perdita nel trasporto di container nel mondo, che ha visto i giganti della logistica globale smettere di lavorare con Mosca, rendendo di fatto impossibile i normali commerci anche per quelle merci non soggette a sanzioni.
Gli ucraini – dal canto loro – hanno allo studio una serie di misure legali volte ad ottenere i beni della Federazione Russa sequestrati in tutto il mondo, a titolo di risarcimento dei danni provocati dalla guerra.
L’economia russa sarà quindi costretta a rallentare, con un forte aumento dei prezzi e una maggiore svalutazione del rublo.
Quanto tempo potrà resistere il Cremlino prima che la popolazione si ribelli?
Inutile farsi illusioni sotto questo aspetto.
La maggior parte della popolazione russa vive da sempre in povertà, con un reddito al di sotto del minimo di sussistenza.
Non è pertanto prevedibile che il sistema possa collassare a breve termine, tranne che l’Occidente non decida di accelerare questo processo, adottando misure che paralizzino ulteriormente l’economia russa, quali potrebbero essere un embargo temporaneo e la confisca di tutte le proprietà russe all’estero.
Misure che comunque – raggiunto il risultato – provocherebbero una catastrofe umanitaria.
Si può solo sperare che quanti occupano posti chiave del potere russo, messa da parte la “prudenza”, intervengano sul dittatore ponendolo dinanzi una realtà che non vuole accettare…
Gian J. Morici