Da una parte gli Stati Uniti che lanciano l’allarme su una possibile invasione dell’Ucraina da parte dei russi, dall’altra il Cremlino che nega l’intenzione di attaccare il paese, nonostante il trasferimento in prossimità dei confini di carri armati, veicoli da combattimento e ingenti truppe, spostando diverse unità navali sulle coste dell’Ucraina nel Mar Nero e nel Mar d’Azov.
Nelle ultime settimane, queste attività hanno nuovamente portato l’Ucraina al centro dell’attenzione geopolitica, alimentando i timori di un conflitto armato.
All’origine delle tensioni, la richiesta del Cremlino di non concedere all’Ucraina l’ingresso nella NATO, l’interruzione di esercitazioni militari nelle ex repubbliche sovietiche e il ritiro delle truppe dei paesi membri dell’Alleanza Atlantica
Le richieste di Mosca sono state respinte dagli Stati Uniti, che ritengono sia un diritto degli stati poter decidere se avanzare o meno una richiesta di adesione alla NATO.
Ad oggi, l’Ucraina non è un paese membro della NATO, ed è assai improbabile che lo diventi nel prossimo futuro.
L’obiettivo di Putin, prossimo alla fine della sua carriera e determinato nel restituire alla Russia parte dell’antica gloria e ciò che ha perso nella Guerra Fredda, è quello di coinvolgere la Russia nelle scelte future dell’Ucraina, inviando alle altre ex repubbliche sovietiche il messaggio che l’Occidente non è in grado di garantire la loro sicurezza.
Per aumentare la pressione sugli Stati Uniti, affinchè vengano accettate le richieste del Cremlino, il leader russo sta giocando la carta dello spauracchio di possibili opzioni militari, che se realmente si traducessero in un attacco all’Ucraina avrebbero gravissime conseguenze.
Si tratterebbe infatti della più grande invasione dai tempi della seconda guerra mondiale.
Uno scenario assai improbabile, considerato che a prescindere dalle sanzioni alle quali andrebbe incontro la Russia, l’esercito ucraino è cambiato molto da quando la Russia ha annesso la Crimea e la sua capacità di combattimento è aumentata, sebbene abbia bisogno di poter contare sull’aiuto di altre nazioni per la fornitura di armi.
Più di un terzo degli ucraini, già sottoposti a un addestramento iniziale al combattimento – oltre ai militari – sarebbe infatti pronto a impugnare le armi per respingere un attacco russo.
Un attacco che, dunque, potrebbe costare caro ai russi, sia in termini di perdite umane che economiche.
L’invasione di quello che è uno dei maggiori paesi produttori di grano – dal quale dipendono anche diverse nazioni del Medio Oriente e dell’Africa, lacerate dalla guerra ed economicamente martoriate – porterebbe a un ciclo di inflazione globale, esacerbando la povertà e aumentando il rischio di disordini sociali ben oltre lo scacchiere europeo con conseguenze sociali imprevedibili.
Inoltre, la risposta occidentale a una tale evenienza, applicando dure sanzioni alla Russia, porterebbe a un forte rialzo dei prezzi e al peggioramento dell’approvvigionamento globale delle materie prime.
Qui prodest?
Gli scenari più probabili, rimangono quelli di un pericoloso braccio di ferro nel corso del quale il Cremlino potrebbe spingere sull’acceleratore delle pressioni sostenendo i separatisti nell’Ucraina orientale e tentando azioni per destabilizzare il governo di Kiev, per vedere accettate le richieste avanzate.
In questo contesto, è assai probabile che nel corso di eventuali scontri armati in Ucraina orientale, i russi, come già avvenuto in Libia e Armenia, schierino mercenari siriani che hanno già reclutato e addestrato nelle aree sotto il controllo del regime di Assad, per trasferirli nel Donbass, ai quali si aggiungerebbero alcune migliaia di “rifugiati” (militari) già presenti in Europa, dopo essere fuggiti dalla Siria a seguito degli scontri con lo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi.
Un braccio di ferro pericoloso, ma che difficilmente potrà sfociare un conflitto armato.
Quella che si prospetta è una lunga guerra dei nervi volta a forzare la negoziazione tra le parti, concordando misure di rafforzamento della fiducia.
Gian J. Morici