Già, un Dubbio, poiché senza Damiano Aliprandi (Giornalista de “Il Dubbio”) che da tempo dopo aver scrupolosamente letto ogni atto relativo alle stragi di Capaci e via D’Amelio ne ha scritto andando contro i “vangeli”, pubblicando anche la richiesta da parte del coordinatore nazionale dei familiari delle vittime di mafia (Giuseppe Ciminnisi) dell’associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”, oggi non conosceremmo i contenuti del verbale dell’audizione del giudice Falcone sentito il 22 giugno del 1990 in commissione antimafia, appena desecretato da Nicola Morra, presidente della commissione nazionale antimafia.
“I temi principali – scrive oggi Aliprandi – sono l’omicidio Mattarella e il discorso mafia–appalti. «Allo stato, purtroppo o per fortuna (le cose accadono tutte in una volta), stanno venendo a maturazione in questo momento i risultati di indagini svolte in almeno un biennio dai carabinieri di Palermo, con encomiabile professionalità, e sta venendo fuori un quadro della situazione che non esiterei a definire preoccupante».
Falcone era sempre informato dai Ros: indagini svolte con encomia
È Falcone che parla, lo fa riferendosi all’indagine in corso da parte degli ex Ros Giuseppe De Donno e Mario Mori. Quello che poi scaturirà con il deposito del dossier nel febbraio del 1991.Nel corso delle indagini Falcone era perennemente informato dai Ros, tanto da dare qualche anticipazione alla Commissione. Come detto, le indagini erano ancora in corso”.
Falcone dunque contava molto sull’operato dei Ros, avendo compreso dell’esistenza di un’unica centrale mafiosa (almeno nella Sicilia occidentale) che dirigeva l’assegnazione e l’esecuzione degli appalti, “con inevitabili coinvolgimenti delle amministrazioni locali sia a livello di strutture burocratiche sia a livello di alcuni amministratori” precisando che “il comitato d’affari è regionale, ma le aggiudicazioni sono anche altrove”, riservandosi di chiarire questo aspetto in un secondo momento, visto che le indagini erano ancora in corso.
“Quando il dossier viene depositato nel 1991- scrive oggi Aliprandi – a quel punto Falcone ne ha parlato pubblicamente in un convegno e ha rivelato che la questione è di carattere nazionale visto il coinvolgimento di alcune importanti aziende del nord”.
In un simile contesto non poteva mancare la figura di Vito Ciancimino, rispetto al cui operato imprenditoriale ci sarebbe ancora tantissimo da dire, a partire dalla metanizzazione in Sicilia, ai suoi rapporti diretti e indiretti con ambienti giudiziari, ai rapporti tra Vaselli e lo stesso Ciancimino nell’ambito dell’esecuzione di appalti affidati all’Azienda autonoma acquedotti e al comune di Palermo.
Anche i quesiti posti dai componenti dell’allora commissione nazionale antimafia fanno riferimento agli appalti, come nel caso del senatore Calvi che cita un rapporto della Guardia di finanza del 27 gennaio 1988, dal quale emerge che nelle Giunte “guidate da Leoluca Orlando il sistema degli appalti sviluppatosi precedentemente continuava impunemente a perdurare; cioè, l’ombra di Ciancimino rimaneva”.
Da qualunque angolazione la si legga, si arriva a mafia-appalti.
Interessanti inoltre le ipotesi sui delitti eccellenti, che avrebbero visto l’utilizzo da parte della mafia di soggetti esterni, come nel caso gli ex nar Valerio Fioravanti e Cavallini per l’omicidio Mattarella, che Falcone riconduce a una guerra tutta interna a “cosa nostra” senza altre teorie cospirazioniste, così care a noi italiani.
E adesso il dubbio, non la testata giornalistica, bensì i silenzi che da trent’anni hanno coperto uno dei periodi più bui della nostra storia: Devono ancora essere i pochissimi giornali (forse un paio) a interessarsi seriamente della genesi delle stragi; deve ancora essere una sola associazione a chiedere che vengano desecretati e resi noti atti che possono aiutare a fare chiarezza; oppure potremo contare su una presa di coscienza da parte di chi avrebbe avuto il Diritto/Dovere di intervenire, anziché fare da palcoscenico a falsi pentiti che hanno inquinato le indagini prima e dopo le stragi, e che ampio spazio hanno dato a teorie complottiste pro domo sua (e forse a copertura di chi quei depistaggi ha diretto per evitare di fare tremare i palazzi nei quali non è stata certamente amministrata la giustizia)?
Gian J. Morici
Mafia-appalti, il verbale di Falcone desecretato: ”Sta emergendo un quadro preoccupante”
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