Quale fu il rapporto dei favaresi con il regime fascista? Furono proni o si smarcarono cercando di contrastarlo con i mezzi a disposizione di quel periodo?
A questi interrogativi cerca di dare una risposta lo storico favarese Calogero Castronovo con l’ultimo suo lavoro “Favara. Tra presunti sovversivi, confinati politici, spie dell’Ovra”.
La finalità del libro, pubblicato da “Edizioni Lussografica” di Caltanissetta, è quella di fare un’opera di verità attraverso un attento studio delle carte di archivio e di polizia che inconfutabilmente dimostrano chi dei favaresi ha realmente combattuto la dittatura fascista e chi, invece, conclusosi il ventennio, ha cercato di trarre vantaggi dalla persecuzione subita non certamente per le sue idee politiche, ma per ragioni di delinquenza comune.
Dalla ricerca condotta da Calogero Castronovo viene offerta una chiave di lettura in controtendenza rispetto a quella che si era sedimentata negli anni. “Varie associazioni hanno cercato di riabilitare dei delinquenti comuni – dice l’autore – sostenendo che costoro fossero stati confinati o mandati sotto processo per le loro opinioni di contrasto al regime.
Le carte, invece, dimostrano il contrario e che le loro vicissitudini giudiziarie erano frutto delle loro condotte criminali che nulla avevano a spartire con gli ideali di libertà e democrazia che, per altro, non avevano mai professato”. Il libro, dunque, smentisce quanti, senza prove, insistono nel ritenere antifascisti quei personaggi che patirono persecuzioni durante il ventennio non distinguendo (per convenienza politica?) chi le subì per le sue idee e chi perché si era macchiato di reati comuni.
Nel libro si parla pure ,per la prima volta di favaresi collaboratori dell’Ovra e di presunti infiltrati politici comunisti nel regime fascista.