Per ordine dei giudici, sono stati trasmessi in procura il memoriale difensivo e le trascrizioni delle lunghe dichiarazioni in aula di Giuseppe Graviano, che proprio a Reggio Calabria ha deciso di rompere il silenzio che durava da anni, accettando di sottoporsi all’esame e rispondere alle domande delle parti.
Non da pentito, che per sua stessa ammissione si è sempre rifiutato di essere, ma da boss che ricorda il suo ruolo. Sembra che il boss di Brancaccio tempo fa indirizzi le sue parole a qualcuno che in aula non c’è ma ascolta, finendo però per fornire nuovi elementi a sostegno dell’accusa.
Si legge nel memoriale difensivo:
“Il teatro, costruito dalla famiglia Florio, è stato sempre gestito dalla famiglia di Brancaccio, anche se non ricade in quel territorio, ed in particolare dal Commendatore Gioacchino Pennino. Alcuni locali del teatro erano di fatto adibiti a bisca clandestina aperta ogni giorno e frequentata dalla Palermo bene. Vi erano professionisti, imprenditori, magistrati nonché vi era la presenza di Bontate Stefano (il “principe” di Villa Grazia) sempre circondato dai suoi stretti collaboratori, tra i quali Gaetano Grado e Salvatore Contorno. I consistenti ricavati, provento della bisca, di fatto venivano utilizzati per la dispendiosa gestione del teatro. Accadeva sovente che i frequentatori abituali della bisca perdevano denari anche in maniera consistente, maturando ingenti debiti con la gestione che, qualche volta, si andavano ad aggiungere ai debiti contratti per l’acquisto di cocaina consumata durante le serate che scorrevano fino a tarda notte. Tra i clienti affezionati ve ne è uno in particolare che aveva maturato, nei confronti del gruppo Bontate-Grado-Contorno, un ingente debito pari a 800 milioni di vecchie lire. Questo personaggio della Palermo bene, che ricopriva anche il ruolo di Magistrato della Procura di Palermo, è soprannominato “Borotalco”…. Continua a leggere l’articolo…