Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, risponde a Radio24 sulla questione del perdono, sollevata da Emanuele Filiberto per la firma delle leggi razziali da parte del bisnonno Vittorio Emanuele III. Pur non nominando mai l’erede di casa Savoia, Di Segni spiega che nella religione ebraica “c’è un concetto difficile da spiegare, ma che è logico e fondamentale. Il perdono lo deve chiedere la persona che ha commesso la colpa, non posso essere delegato a chiedere il perdono. Come anche il perdono lo deve dare la persona che è stata offesa, non posso perdonare a nome di altri, per danni fatti ad altri anche se questi altri sono i miei genitori, i miei nonni, i miei antenati. Ognuno è responsabile delle azioni personali e ognuno può chiedere e concedere il perdono se c’è questo rapporto, altrimenti non è possibile”. C’è una differenza tra il perdono cattolico e quello ebraico? “È un’antica questione teologica antichissima che si presta anch’essa a degenerazioni odiose e antisemite. Si basa sul fatto che da una parte ci sarebbe la religione dell’amore e del perdono, dall’altra quella della giustizia. Questa è una bestialità teologica, non esiste, l’ebraismo è una religione in cui si predica il perdono, se Dio non ci perdonasse nessun essere umano potrebbe sopravvivere. Però per chiedere il perdono e per concederlo bisogna che ci siano degli elementi di base che qui non ci sono”.
“Imperativo è ricordare anche se il rischio è la retorica”
“Esiste un imperativo che è quello di ricordare per capire come avvengono certe tragedie, ma anche per prevenire che queste tragedie si ripetano” spiega il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, a Radio 24 rispondendo alla domanda come si può evitare la retorica durante la giornata della memoria. “Di fronte a questo imperativo c’è un impegno a fare, questo impegno purtroppo molto spesso scivola nella retorica, nella banalizzazione, nell’overdosaggio dei concetti e quindi può creare reazioni di rigetto o di stanchezza. È un’operazione difficile, ma questi rischi non ci devono esentare dal dovere di ricordare”.
“Antisemitismo assomiglia al Covid perché mutante, speriamo in vaccino”
“L’antisemitismo per molti aspetti assomiglia al virus del Covid perché è mutante, cambia in continuazione forme”, dichiara il rabbino Capo di Roma nel corso dell’intervista a Radio 24 per il giorno della memoria. “Ci sta sempre, ma si presenta in modi differenti, ogni volta è aggressivo e micidiale. L’antisemitismo ci sta sempre ma il modo con cui si presenta è variegato, ha assunto più recentemente le forme di certa intolleranza islamista oppure oggi ci sono i suprematisti che si danno da fare per diffondere messaggi antisemiti, ogni momento ha le sue varianti, speriamo di trovare i vaccini anche per queste”.
Riguardo, poi all’utilizzo dei vaccini per sconfiggere la pandemia, Di Segni ribadisce ancora una volta che “le autorità rabbiniche di tutto il mondo sono in primo piano per adottare tutte le misure possibili per prevenire l’epidemia e se il vaccino è la risposta, bisogna farlo e spingere anche le autorità a farlo. C’è una mortalità impressionante e dobbiamo in tutti i modi fermarli”.