
Aveva gestito bene la prima ondata dell’epidemia di coronavirus, suscitando ammirazione anche all’estero. La seconda ondata ha trovato impreparato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, costretto a fare i conti con gli atavici problemi del nostro paese: Finanze, burocrazia, carenza di strutture. A completare un quadro drammatico, l’incapacità di un presidente a reagire al fuoco incrociato che da tempo mira alla sua delegittimazione e la reazione di un popolo che scende in piazza per protestare contro nuove misure di contenimento del virus.
Non v’è dubbio che la gente ha bisogno di lavorare e che un nuovo lookdown avrebbe causato notevoli danni all’economia, facendo perdere numerosi posti di lavoro. Se ciò fosse avvenuto ai primi di ottobre quando iniziò a crescere la curva dei contagi raggiungendo un paio di migliaia di casi in sole 24 ore, le opposizioni avrebbero sbranato il povero Conte e la gente avrebbe invaso le piazze. Non dimentichiamo le manifestazioni di protesta contro l’uso delle mascherine. Avere ritardato di quasi un mese, a cosa ha portato?
Oggi i contagi si contano nell’ordine delle decine di migliaia, mentre i morti quotidianamente sono più di duecento. Negazionisti e altalenanti antagonisti politici precisano che i morti per solo covid-19 sono in numero assai inferiore. Ed è sicuramente vero ma ciò non toglie che anche coloro i quali avevano patologie pregresse probabilmente non sarebbero morti.
Sono anziani? Molti sì, ma questo ci autorizza a pensare che non servano più alla società e che forse è meglio che anche l’Inps si alleggerisca risparmiando sulle pensioni di chi ci lascia? E non voglio farne neppure una questione di umanità, che c’è il rischio di passare per “buonista” – termine che chi mi conosce sa bene che non mi si addice – quanto una questione di cinico calcolo.
La pressione sul sistema sanitario a causa dell’elevato numero di ricoveri, specie in terapia intensiva, provocherà “morti collaterali”. Infarti, incidenti e altre cause, non tengono infatti conto della carenza di posti negli ospedali. Saranno solo anziani e con patologie pregresse (che già sarebbe da bestie il fare simili considerazioni) o a pagare con la vita ci sarà anche chi fa parte della cosiddetta “forza lavoro” del paese? E i giovani, quelli che dovrebbero rappresentare la nuova società?
Tutto ciò senza considerare, molto cinicamente, che il ritardo nell’adottare misure di contenimento avrà come conseguenza soltanto quella di allungarne poi il periodo. Da quelle che potevano essere poche settimane, a due o tre mesi d chiusura totale. E l’economia? Andrà a farsi benedire, allungando il numero di coloro i quali non riusciranno a superare la crisi.
La debolezza di Conte offre agli avversari politici la “pistola fumante” che attendevano. L’indecisionismo, alla pari delle opinioni altalenanti di chi muove le accuse, rappresentano la combinazione ideale per cui l’attuale condizione di incertezza possa perpetuarsi nelle prossime settimane con le comprensibili ricadute sugli equilibri di un governo che fatica a trovare una via d’uscita.
Il tutto “condito” dalle migliaia di morti che gli verranno addebitati e da un disastro economico che non è difficile ipotizzare.
In un Paese come il nostro, il cui grado di polarizzazione ha raggiunto livelli mai eguagliati prima, prendere una decisione non è facile. Non per chi non ha il coraggio di assumersi una responsabilità pensando prima all’interesse della nazione anziché alle conseguenze politiche personali. Le divisioni che continuano ad attraversare le componenti del governo sono un altro elemento che ha spinto verso un atteggiamento cauto che ha portato all’inazione, fino ad arrivare a una vera e propria paralisi.
È solo una questione di tempo, poche settimane, e Conte sarà costretto a prenderla una decisione. Quando i morti arriveranno a essere cinquecento o seicento al giorno, quando le ambulanze rimarranno ferme dinanzi gli ospedali nei quali non ci sarà posto, quando i camion dell’esercito – come avvenne la scorsa primavera – trasporteranno le salme di chi non ce l’ha fatta perché vengano cremate, Conte deciderà. A nulla varrà accusare l’opposizione per il suo indecisionismo, né tantomeno accusare il popolo delle piazze che fino a pochi giorni fa manifestava senza mettere neppure la mascherina. Il disastro avrà un solo nome, quello di Giuseppe Conte.
A volte è necessario tirar fuori gli attributi. Se Conte lo avesse fatto un mese fa, oggi avremmo gli “strepitatori” di piazza ma certamente subiremmo meno danni. E se proprio non ce l’avesse fatta a reggere le pressioni, dopo aver fatto ricorso all’arma delle misure di contenimento, avrebbe potuto decidere di rimettere il mandato dinanzi alle telecamere a reti unificate e lasciare il cerino acceso nelle mani di chi appicca il fuoco quando il pagliaio non è quello proprio…
Gian J. Morici