“Da bambino volevo guarire i ciliegi
Quando rossi di frutti li credevo feriti
La salute per me li aveva lasciati
Coi fiori di neve che avevan perduti…”
Alle parole della canzone di Fabrizio De Andrè, fanno eco quelle pronunciate da un paziente affetto da Covid-19, uno dei tenti, uno delle migliaia, delle decine di migliaia. Ma dietro ogni numero, ci sono persone, affetti, dolori.
“…non so che giorno è, ho perso la cognizione del tempo, sono quasi una ventina di giorni che sono ricoverato… sto quasi bene, però il problema che tamponi escono ancora positivi e purtroppo, fino a quando non si negativizzeranno, io sono ancora potenzialmente contagioso e quindi non posso ritornare in famiglia…”
Ancora De Andrè:
“E quando dottore lo fui finalmente
Non volli tradire il bambino per l’uomo…”
Dottori! Quegli eroi in camice bianco che giorno dopo giorno, insieme a gli altri operatori sanitari, combattono per strappare alla morte quante più vite possibili, mentre si allunga la lista di quelli di loro che vengono contagiati per adempiere a un dovere professionale che vivono come una missione. È a loro che Rita Pedditzi, giornalista di Radio Rai 1, dedica l’odierna inchiesta del programma “Inviato Speciale”. A questi tanti piccoli grandi eroi, che vivono, si ammalano, e talvolta muoiono, con i loro pazienti.
Rita Pedditzi: Medici in trincea in una guerra senza armi. In molti nella prima fase di emergenza, hanno dovuto lavorare senza adeguati sistemi di protezione individuale, dalle mascherine ai guanti. Come il paziente uno della provincia di Caserta, un cardiologo che i suoi colleghi dell’ospedale Cutugno di Napoli stanno cercando di fare guarire, perché dal Coronavirus è possibile guarire.
“Personale praticamente perfetto – risponde l’intervistato al microfono della Pedditzi – Ho il sostegno anche psicologico, che una persona in isolamento ha dei notevoli problemi… non ha nemmeno l’ora d’aria… è più una vita da reclusione… sono momenti particolari, qua c’è un andirivieni di ambulanze…”
I numeri raccontano il dramma, nel bene e nel male, 7.900 e 7.000 – prosegue la giornalista – Cifre che fanno sobbalzare. 7.900 sono i medici volontari che hanno risposto all’appello del Governo per potenziare la task force della Protezione Civile. Per soli 300 posti ha risposto un esercito di soldati in camice bianco, pronti a scendere in prima linea. 7000 sono gli operatori sanitari contagiati e una lista sempre più lunga di medici deceduti. Antonio Maggi presidente dell’Ordine dei Medici del Lazio:
“Quello che preoccupa è il fatto che rispetto a un quadro generale di un numero intorno ai 2 mila di contagiati, in questo momento nel Lazio noi abbiamo un numero di operatori sanitari contagiati in eccesso. Questo è dovuto a due motivi principali. Il primo motivo è legato alla mancanza di dispositivi di protezione individuale. Quindi, primo punto, proteggere i medici. L’altro punto fondamentale è legato ai tamponi – continua il Dott. Maggi – cioè noi dobbiamo in qualche modo controllare il personale sanitario che non sia positivo”
Cosa non ha funzionato?
“Beh non ha funzionato un fatto di prevenzione e di pianificazione. In Italia siamo campioni del mondo in questo campo. Ovviamente io dico che quando le guerre si preparano si preparano nel momento di pace, non durante la battaglia. Noi invece stiamo preparando la guerra durante già la battaglia in corso. Dovevamo pensarci prima, noi a gennaio già qualche cosina sapevamo, potevamo in qualche modo intervenire sia per avere i dispositivi di protezione individuale ma anche i respiratori o altro… ci dovevamo attrezzare prima…”
Marco Caldiroli, il presidente di Medicina Democratica in isolamento fiduciario a Varese
“Gli eventi che hanno interessato gli operatori sanitari, sono da considerarsi degli infortuni o delle malattie professionali sul lavoro così come anche riconosciuto da una circolare dal 17 di marzo di quest’anno”
E dopo giorni di emergenza si insinua il dubbio che proprio gli ospedali siano stati i detonatori del contagio. All’ospedale civile di Alghero il virus ha raggiunto il reparto di ginecologia. Chiuso il punto nascite. Speranza Pirella dirigente medico dell’Unità di ostetricia:
“Il nostro reparto è stato colpito dal punto di vista della positività dei sanitari e il personale che rimasto non è positivo, è rimasto lì a lavorare per garantire le urgenze, cercando di dare fiducia ai pazienti che si rivolgono a noi”
Ad Alghero com’è arrivato il virus?
“Non lo sappiamo. Non ne abbiamo proprio idea… Abbiamo nel nosocomio avuto un paziente positivo in pronto soccorso in medicina e non sappiamo come sia arrivato da noi. Per noi è importante cercare di continuare a stare vicini alle persone e di questo ringrazio i colleghi che sono rimasti al lavoro e che si stanno prodigando. Mi dispiace non essere con loro. Dobbiamo stare vicini alle donne in un momento così particolare, dare fiducia aiutare e a breve a brevissimo riprendere l’attività al 100%”
Un dramma Nazionale che diventa tragedia senza paragone di fronte ai numeri della Regione Lombardia, con in testa la città di Bergamo. In una lettera dei medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, un atto d’accusa durissimo, “il nostro ospedale è altamente contaminato e siamo al Punto del collasso”. Guido Marinoni è il presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo:
“Io condivido molto quanto è stato detto da alcuni medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII. è stata scambiata un’emergenza di sanità pubblica… si è fatto di tutto per potenziare i posti letti in rianimazione… con medici e infermieri che veramente hanno dato tutto fino all’estremo ma è stato dimenticato il territorio e quindi tutta la politica di arginamento dei contagi. Non si è fatto nulla sulla medicina del territorio Si sono mandati in giro i medici di famiglia privi di protezioni individuali, ne sono morti 3 e 140 sono malati. Sono mandati in giro senza protezioni e quindi sono stati veicolo del contagio. E questo è stato un errore enorme. Un altro errore enorme è stato quello delle case di riposo. Prima sono stati chiusi i centri diurni per anziani, poi è stata imposta l’apertura dei centri diurni per anziani e quindi questa cosa ha fatto esplodere il contagio. Sono morti in questi giorni 500 ospiti delle case di riposo, pari al 10% della popolazione ospitata”
I medici di Bergamo, oggi, hanno protezioni?
“In ospedale se la cavano, sul territorio no, non ne hanno… sono quelle che si sono procuratiti loro andandoli a comprare dalla ferramenta”
Stefano Ribezzi, pediatra, presidente dei medici per l’ambiente della Campania, guarda al futuro e sposta l’accento sulla prevenzione:
“Questa vicenda ha rivelato in Italia la mancanza di un adeguato apporto assistenziale per tutta la popolazione. Abbiamo bisogno, quando finirà questa vicenda, di costruire una medicina territoriale basata sulla prevenzione primaria, che possa eventualmente, con l’aiuto di esperti anche epidemiologi, anche di altre figure, controllare meglio il territorio controllare le patologie croniche”
Ma nella fase di emergenza, con il virus che corre, si guarisce non solo dalla malattia, ma a volte anche dalla lentezza burocratica che per anni ha fermato cantieri e progetti nel nostro paese. In Piemonte, a Verduno, in provincia di Cuneo, 550 abitanti appena, è stato attivato dopo 20 anni di attesa il nuovo ospedale. Giovanni Monchiero, il commissario straordinario:
“Confidiamo di poter avere i primi pazienti per domenica. Questo ospedale deve diventare una valvola di sfogo per tutta le rianimazioni della Regione Piemonte, che manderanno qui i pazienti che hanno superato la fase più acuta. Quindi avremmo pazienti che hanno ancora bisogno di alcuni giorni di assistenza, di cura non particolarmente intensiva… comunque ossigeno assistita…e poi, soprattutto, ci sarà una piccola rianimazione, una piccola area di sub-intensiva per accogliere le persone…”
Medici in trincea. Medici dei quali forse finita l’emergenza non si ricorderà più nessuno. Nessuno tranne chi da un letto d’ospedale, o da quello di casa propria, ha letto sui loro visi la stanchezza, la rabbia di sentirsi impotenti per non aver avuto i mezzi, e perché no, il timore di non poter più tornare ai propri cari, per aver scelto di lottare fino all’estremo per aiutare ognuno di noi a continuare a vivere. Ricordiamocene ogni qualvolta usciamo di casa senza un motivo valido. Oltre a mettere a rischio la nostra vita e quella di chi ci è caro, è anche con quella di questi eroi in camice che giochiamo. Questi eroi che piangono anche loro le nostre scelte sbagliate…
De Andrè:
Un sogno, fu un sogno ma non durò poco
Per questo giurai che avrei fatto il dottore
E non per un dio ma nemmeno per gioco
Perché I ciliegi tornassero in fiore
Perché I ciliegi tornassero in fiore
E quando dottore lo fui finalmente
Non volli tradire il bambino per l’uomo
E vennero in tanti e si chiamavano “gente”
Ciliegi malati in ogni stagione…