A seguito della pubblicazione fatta ieri sulla mia pagina fb sulla storia della canzone “Bella Ciao”, ho ricevuto tre telefonate sostanzialmente di disapprovazione e di meraviglia nientemeno che su quello che sarebbe un mio venir meno ad un antico e radicato sentimento di rifiuto e di mai sopito allarme verso il fascismo, il nazismo etc. etc. (Singolare, anzitutto che i tre si siano valsi del telefono privato).
Non mi sorprende troppo il fatto che questi severi e dolenti giudizi mi siano stati mossi per un così palese stravolgimento del significato delle mie parole. E’ più facile dispiacere certe persone per quello che esse ritengono che noi facciamo solo nella loro fantasia. Non ho da rimproverarmi né l’esaurirsi del mio antifascismo (che data da prima del 25 luglio, della guerra, dell’invasione nazista…) e neppure ho da dolermi di non essere stato chiaro, di non aver affatto aver “detto male” di un simbolo della Resistenza e dell’Antifascismo.
Non posso raccogliere rimproveri che non possono considerarsi mossi a me né a cose fatte e dette da me.
Ho limitato le impressioni dei miei dubbi sull’autenticità del valore storico e morale di una canzone oltre tutto piuttosto bruttina e tale da figurare meglio nelle balere (dove pare sia “usata” dopo la fine della guerra) che non nelle circostanze solenni e serie in cui si pretende da taluni che essa debba rappresentare la nostra reverenza e la nostra affezione ad alti ideali politici.
Del resto è la solita storia. “Ha detto male di Garibaldi” si diceva a fine secolo XIX per offendere, denigrare, falsificare la figura di avversari.
Abbiamo fatto molti passi indietro.
Si grida al sacrilegio anche per molto meno del preteso dileggio di una grande figura di uomo e di Eroe Nazionale.
E ci ricorre anche chi non può ragionevolmente essere considerato un avversario.
Avversari non posso dire di averne, anche se avversi mi sono idee e sentimenti e, poi, sì, qualche avversario ce l’ho: gli imbecilli.
Mauro Mellini
10.12.2019