Ormai il bubbone è scoppiato ed è difficile mettere a tacere le voci che da anni si sentivano in merito all’influenza russa sulle elezioni in alcune nazioni europee, ma anche su quelle degli Stati Uniti del 2016. Le “fake-news”, così come veniva definito il Russiagate americano, pian piano hanno lasciato il posto alle attività investigative, alle commissioni d’inchiesta, alle attività di intelligence e – quasi certamente – altrettanto ne lasceranno alle attività giudiziarie.
Dall’America all’Europa, sembra che non ci sia nazione che nella politica interna non abbia risentito dell’influenza del Cremlino. Dalla Francia coinvolta con il Front national di Marine Le Pen nel prestito da parte di una banca russa, all’inglese Arron Banks, co-fondatore della campagna “Leave Eu”, sospettato di non essere il vero finanziatore degli otto milioni arrivati alla campagna pro Brexit, dalla Germania all’Austria, fino ad arrivare all’Italia di Matteo Salvini, che dopo aver tentato quasi di negare ogni rapporto con Gianluca Savoini (coinvolto nella storia di una presunta tangente russa di 65 milioni di euro in favore della Lega) si ritrova oggi a dover fare i conti con articoli, foto e video che smentiscono ogni sua dichiarazione rilasciata nel vano tentativo di rinnegare ogni rapporto con chi oggi rappresenta il trait d’union tra il Cremlino e Roma, ma anche tra due diversi mondi imprenditoriali.
L’Italia, sembra avere un ruolo in molte vicende che riguardano gli scandali legati all’influenza russa sulle politiche interne delle altre nazioni. Anche Trump, il presidente degli Stati Uniti, cercando di ribaltare le accuse mossegli dall’aver usufruito dei “favori” russi nelle sue elezioni, cerca in Italia (ma anche in altri paesi, compreso la Tunisia) le origini dello scandalo che rischia di travolgere la sua carriera politica, e non soltanto quella.
Il nostro paese comunque non è l’ombelico del mondo, se è pur vero che in Italia si si sono tenuti incontri anche da parte di politici stranieri, come nel caso di Boris Johnson, attuale Primo Ministro del Regno Unito (anch’egli nell’occhio del ciclone) che più volte è venuto in Italia come ospite dell’oligarca russo Evgeny Lebedev. Né sono mancati strani personaggi come Joseph Mifsud, legato al Russiagate americano per aver promesso allora consigliere del candidato presidenziale Donald Trump di poter fornire materiale russo compromettente contro Hillary Clinton.
E mentre artisti della disinformazione, e del complottismo, come Jerome Robert Corsi, accusavano il governo degli Stati Uniti del presunto sostegno all’Iran nei suoi tentativi di sviluppare armi nucleari, nessuno sembrava accorgersi dei rapporti che il maltese Joseph Mifsud – che fu anche presidente del Consorzio Universitario di una piccola cittadina di provincia, qual è Agrigento – intratteneva con la Russia e con lo stesso Iran.
L’Italia non è l’ombelico del mondo, ma non v’è dubbio che anche in Italia gli strateghi del Cremlino hanno giocato la loro partita. Nulla di nuovo per chi conosce i rapporti pubblicati dai centri di analisi, come quello che evidenziava come Mosca avesse rafforzato la sua influenza in Grecia, in Italia e in Spagna per indebolire dall’interno la NATO e l’UE.

Ma torniamo al nostro paese. Matteo Salvini, dopo aver sempre negato di sapere che Savoini si trovasse a Mosca – dove il 18 ottobre 2018 avrebbe condotto una trattativa con tre russi per una partita di gasolio dalla quale avrebbe ricavato i 65 milioni di euro destinati alla Lega – viene smentito da un video girato la sera prima che inquadra il leader della Lega sul palco di Confindustria Russia e Savoini seduto in prima fila.
L’ennesima menzogna di Salvini, scoperta da immagini che, tanto care all’ex ministro dell’Interno, non poche difficoltà continuano a creargli.
La passione per i selfie, le foto e i video, all’occorrenza forniscono una prova inoppugnabile che rischia di trasformarsi in un boomerang per chi racconta frottole dimenticando di aver lasciato dietro di sé tracce come faceva Pollicino (l’oro, in questo caso i milioni di euro, non è stato trovato, ma le tracce sì…).
Altra figura chiave del Russiagate italiano, il filosofo russo Alexander Dugin, amico di vecchia data di Savoini, presidente onorario di Piemonte-Russia, associazione omologa di quella guidata in Italia da Savoini, teorico del nuovo blocco euroasiatico, a guida russa, da porre a capofila del sovranismo mondiale in contrapposizione all’occidente americanizzato. Una figura sulla quale nei paesi dell’Est si favoleggia, parlando di viaggi e di denaro contante trasportato per finanziare il progetto Eurasia firmato Putin.
Ma questa volta, lo stratega del Cremlino sembra non aver fatto i conti con l’avventatezza e l’inettitudine di chi ha invitato a prender parte a strategie politiche così tanto temerarie. Da una parte Trump, dall’altra gli amici italiani, che potrebbero ambire a salire sul podio reclamando il primo posto assoluto per il risultato – negativo – ottenuto.
E sì che dopo aver conosciuto Silvio Berlusconi, un’idea di come siamo fatti gli italiani avrebbe pur dovuto averla…
Gian J. Morici
Cattiva profezia.