“SOL CHI NON HA EREDITA’ DI IDEE, POCA
GIOIA HA DELL’EVOLUZIONE”
(Foscolo e Pesce)
Sempre seguendo l’insegnamento di Freud che raccomandava di osservare particolarmente gli artisti perché riescono a vedere per primi ciò che la società vedrà dopo.
In Italia abbiamo avuto un fenomeno grandioso, una serie di super registi che dal 45 all’80 hanno reso celebre l’Italia nel mondo, come scuola di regia e hanno donato attraverso il loro film dei capolavori a livello del linguaggio superiore ineguagliabili.
Mi riferisco in particolare a: Fellini, De Sica, Rossellini, Antonioni, Monicelli, Sergio Leone, Visconti, Tornatore, Pasolini, Germi, Risi, Comencini, Lattuada, Zavattini, Steno, Lizzani. Questi grandissimi hanno fatto parte del periodo che abbiamo accennato, come strascico di quel periodo ne esistono alcuni altrettanto grandi, molto anziani ma ancora vivi, quali: Zeffirelli, Wertmullr, Bertolucci, Scola. Altri non anzianissimi ma facenti parte a loro modo di quella grandissima scia di geni che hanno fatto scuola. E potremmo annoverare Sorrentino, Benigni, Verdone, Garrone.
E’ come se il periodo clou compreso tra il 45 e l’80, avesse generato nella società dei linguaggi eccezionali che gradualmente si sono andati attenuando fino ai giorni nostri.
Il linguaggio del cinema è molto importante, perché se ben inviato può raggiungere un altissimo numero di soggetti non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Và sottolineato il film la Grande Bellezza di Sorrentino che ha vinto l’Oscar per il linguaggio splendido che l’architettura di Roma ha inviato attraverso il film.
Il nostro linguaggio superiore ha risentito anche di questo rallentamento subito da un mezzo di comunicazione che riusciva in taluni casi ad andare oltre gli orizzonti, oltre il visibile ed a sentire ciò che normalmente è insensibile.
Già Cesare Musatti, aveva individuato nel metodo specificatamente critico un metodo indiziario teso a scoprire e ad approfondire, tal volta in forma mascherata quanto appare nel razionale o in superficie.
La dinamica di non capire tutto e subito, ma lasciare spazio all’intuizione mantiene nel film una aria di tolleranza che spesso è frustrante. E’ un modo di fare cinema tutt’altro che rassicurante perché richiede lo sforzo di andare oltre gli orizzonti delle cose raccontate.
La necessità di essere talvolta oscuri è una condizione sine qua non per mascherare l’iter razionale.
Occorre giungere alla suprema verità con il metodo della ragnatela e seguendo l’intuizione maestra, solo così potremmo dare un indirizzo diverso alla nostra vita e percorrere un cammino dell’esistere evolutivo (quindi felice).
Il Professore
Francesco Pesce