Benchè le carriere non siano separate, la Magistratura si divide, per le sue funzioni in “Magistratura giudicante” e “Magistratura requirente” (P.M.). C’è poi una “Magistratura predicante”. Ne fanno parte appartenenti alla prima ed alla seconda categoria. Dire però che essa è composta di magistrati che esercitano l’una oppure l’altra funzione non sarebbe affermazione del tutto corretta, almeno non per tutti loro. Ci sono infatti dei “Magistrati predicanti”, così impegnati a girare l’Italia in lungo ed in largo per donare al pubblico le loro prediche che è difficile pensare che trovino il tempo per esercitare anche solo un po’ funzioni giudicanti o requirenti che siano.
Tipico esempio di “Magistrato predicante” e primatista di prediche in tutte le salse, ad altri magistrati, ad amministratori e politici, a scolari di scuole di ogni ordine e grado, a Sindaci di città che lo avevano proclamato loro cittadino onorario è stato Antonino Di Matteo.
Poi per molti mesi o ha smesso di predicare o ha preferito farlo in modo meno frenetico. Ora, come vedremo, si è aperto un nuovo contenzioso per la sua carriera e per le sue soddisfazioni professionali. Può darsi che ricominci il suo frenetico predicare.
Hanno ricominciato addirittura con una colossale (così dicono) sottoscrizione, i suoi fans, che hanno ritirato fuori la “condanna a morte”, il ruolo di antagonista del potere politico di lui, in quanto secondo Falcone (??) etc. etc. Il tutto sotto la direzione dell’Ingegnere Fratello (di Borsellino) e del Guru frontecrociato Bongiovanni di “Antimafia 2000”.
Scalpita Di Matteo e scalpitano quelli del suo “cerchio magico” perché il Procuratore Generale Antimafia lo ha spostato da un certo ufficio della Procura, ufficio di ricerca di indizi di interferenze estranee alla mafia nelle stragi del 1991-1993 (bellissima questa cazzata di costituire uffici di una Procura per cercare indizi di qualcosa che non c’è ma bisogna che si trovi!!!).
Buffonate. Come buffonate furono quelle in cui la stessa claque fece l’ira di Dio per assicurargli sia il posto a Roma nella Procura Nazionale Antimafia, sia l’applicazione alla Procura di Palermo in cui stava ed era stato fino ad allora.
Il C.S.M., dopo un tentativo di resistenza cedette alle bagarre delle manifestazioni pubbliche, delle cittadinanze onorarie, della insistenza sulla fantasiosa “condanna a morte”. Cedette alle buffonate.
Buffonate che oggi riprendono a Palermo per assicurare a Di Matteo, mentre si procede penalmente contro altri suoi corresponsabili del “depistaggio” sulla strage di via D’Amelio e sulla “gestione” del “pentito” Scarantino, anche la collocazione all’interno della Procura Nazionale, perché si occupi di storia e lanci fulmini sui politici. Questo mentre sulla Magistratura e sul C.S.M. (al quale nessuno fece carico di aver dato soddisfazione alle buffonate pro Di Matteo) imperversano le bufere delle accuse di corruzione.
Buffonate e corruzione. Queste le chiavi di carriere che dovrebbero essere assicurate solo per meriti di scienza, capacità professionali, serietà.
Non solo, ma le buffonate (come non può escludersi, oggi, che sia avvenuto anche per la corruzione) sono valse a coprire la responsabilità per uno dei più clamorosi e grossi errori giudiziari: la condanna all’ergastolo di otto o nove innocenti per l’assassinio di Borsellino. E, magari, non solo per quello.
Non porremo l’interrogativo se sia preferibile che al C.S.M., per le nomine ai posti direttivi (ed eventualmente per i concorsi per entrare in carriera) prevalgano le buffonate e la corruzione.
Certo è che se si è pronti a cedere alle buffonate di un Guru Bongiovanni il frontecrociato ed a restare inerti di fronte alle sottoscrizioni popolari (vere o truccate che siano) addirittura per la distribuzione del lavoro in un delicatissimo ufficio giudiziario quale la Procura Nazionale Antimafia non ci sarà da meravigliarsi se qualcuno scelga la “serietà” del denaro e della corruzione. E che si dica: “meglio corrotti che buffoni”.
Mauro Mellini