Ci aspettavamo tanto, ma sono arrivate altre umiliazioni. All’indomani delle dichiarazioni in Senato del Ministro Elisabetta Trenta, un Suo consulente (così si presenta sui social con tanto di foto con il Ministro) dichiara: “Bastava aprire l’armadietto dei farmaci per curare i militari contaminati in missione. La Commissione d’inchiesta Scanu ha fallito”. Secondo il “consulente” la cura per i nostri militari, era “custodita” in un cassetto che non abbiamo aperto lasciandoli morire. Dichiarazioni gravi da cui appare chiara l’intenzione di non considerare la relazione conclusiva della IV Commissione parlamentare d’inchiesta e la proposta di legge (firmata anche da On. Di Maio) della scorsa legislatura. Dopo aver attaccato la relazione della Commissione, abiurato ufficialmente ad una proposta di legge firmata dal Suo stesso capo politico istituendo un nuovo tavolo tecnico interno al Dicastero, aver fatto raccogliere (la maggior parte delle volte da una collaboratrice che abbiamo saputo poi essere indagata) le nostre storie private, cariche di dolori e di orrori compiuti dal Suo Dicastero, dopo la sfilata “della parata del 2 giugno intitolata all’inclusione” che ha visto improbabili vittime, non oncologiche e che hanno ricevuto tutti i riconoscimenti e gli indennizzi dovuti, il Ministero della Difesa è divenuto anche moroso con una vedova risarcita in via definitiva già da ottobre. Noi siamo stati protagonisti della Commissione Scanu, esposto le nostre storie, i nostri drammi e proposto soluzioni basate sulle esperienze vissute. Consideriamo la relazione della Commissione e la sua proposta di legge la base su cui costruire la tutela dei militari e delle loro famiglie oggi lasciata ad una valutazione “domestica” quanto mai dubbia e senz’altro soggettiva. Ad oggi nulla è cambiato, nessuna prevenzione tra il personale impiegato in e fuori area. Vogliamo sapere, attraverso il competente Ministero della Salute, se il “protocollo” medico, adottato dal presunto collaboratore del Ministro della Difesa, che sembra somministrare farmaci chelanti ai pazienti, sia autorizzato, funzionale e sicuro. Pretendiamo dal Ministro della Difesa, una presa di posizione seria ed ufficiale, non mettiamo in discussione la Sua decisione, ma vogliamo sapere con quale competenza e con quale ardire, i Suoi collaboratori prendano contatto con i malati e li inducano a sperimentare protocolli medici in laboratori privati a pagamento. Non è giusto approfittare della disperazione di chi è affetto da cancro ed è disposto a tutto pur di guarire. Ribadiamo, che nessuna vittima dell’uranio e nessun familiare dei militari deceduti, sono stati invitati ed hanno partecipato alla parata del 2 giugno scorso. Chiediamo al Presidente Conte ed ai Vice On. Di Maio e On. Salvini di chiarire, con l’intervento del Ministro della Salute On. G. Grillo, quali protocolli vengano suggeriti ai militari malati di cancro, il motivo per cui queste cure sono a pagamento ed il perché vengano “sponsorizzati” con post in cui è presente il Ministro della Difesa, nonché la posizione del Ministro della Salute in merito alla morte del paziente “zero” – così definito in un post del Ministro Trenta – durante questa misteriosa terapia. E’stato proprio il decesso del “paziente zero” a farci valutare una eventuale azione al fine di verificare la reale esistenza di questo protocollo che per noi malati potrebbe essere la salvezza o solo un’ultima infamante offesa ricevuta da chi ha il dovere di tutelarci.
Associazione Vittime Uranio Impoverito
le ricordiamo che la Sig.ra Marchetti è la portavoce dei un gruppo di famigliari e malati per uranio impoverito e come referente non dichiara, ma riporta ciò che gli viene detto e accordato dall’associazione.
Cordialmente
Associazione Vittime Uranio Impoverito.