Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, a Radio 24:
“Sulla mia vicenda il Pd altera bambinescamente la realtà. Non mi aspetto scuse da Orfini perché sarebbe un atto d’intelligenza. Un mio ritorno in politica? Quel periodo è terminato”.
“Sono sereno, non provo assolutamente rabbia, ma tristezza per quanto accaduto. Tristezza per Roma che è una città che ho sempre amato e continuerò ad amare e nella quale stavamo cambiando le cose: in pochissimi mesi avevamo chiuso la più grande discarica del mondo, quella di Malagrotta, avevamo aperto una terza metropolitana e pedonalizzato i Fori Imperiali. Avremmo sicuramente risanato economicamente la città, ma questo non piaceva a chi invece, con la città, voleva fare affari”.
Così l’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, a ‘Uno, nessuno, 100Milan’, di Alessandro Milan su Radio 24, commenta la sentenza della Cassazione che lo ha assolto dalle accuse di peculato e falso che lo portarono alla sfiducia del suo stesso partito.
“Da uomo di scienza guardo ai fatti: il Pd ha condotto nello studio di un notaio tutti i propri consiglieri e le cronache di testate importanti riferiscono di strepiti e grida perché forse qualcuno non voleva firmare le dimissioni. Ma probabilmente i vertici del Pd avevano elementi relativi al loro futuro per indurli a firmare. Questo si capisce perché molti di loro non avevano una vera professione e quindi la politica per essi era sopravvivenza. Questo è documentato e raccontato da molti, ma è il passato e auguro una buona vita a coloro che si sono comportati così: chi ne paga il prezzo è la città di Roma.”
“Matteo Orfini dice che non deve chiedermi scusa? Ritengo che le scuse potrebbero essere importanti per il Pd – afferma Marino e prosegue – Ma non me le aspetto perché l’atto di scusarsi è un atto di intelligenza e capacità di autocritica: sinceramente non vedo questo in persone che continuano bambinescamente a tentare di alterare la realtà. Mi sono sentito abbandonato da Renzi? No, questo fa parte del modo di cui si ricopre un ruolo istituzionale. Si immagini se a Londra o Parigi venissero arrestati alcuni membri del consiglio comunale e il sindaco chiama il Presidente del Consiglio: è evidente che quel dialogo avverrebbe immediatamente. Se il dialogo viene rifiutato probabilmente c’è un’interpretazione diversa del senso di responsabilità che uno ricopre nel momento in cui è primo ministro di un paese. Ho qualcosa da rimproverarmi? Ho da rimproverarmi che durante la campagna elettorale mi fidai ciecamente del Pd. Non conoscevo il curriculum dei consiglieri che poi vennero eletti. Probabilmente avrei dovuto fare, come poi ho fatto con tutti i vertici delle aziende, una selezione. Questo è stato un fatto grave perché queste persone si sentivano influenzate e legate al partito e non al sindaco”.
Marino commenta poi a Radio 24 le accuse che il M5S romano aveva mosso nei suoi confronti per la questione del permesso per la Ztl: “Tra chi mi contestava politicamente c’era Marcello De Vito con le arance? Credo che sia una mancanza di stile, altri venivano con nasi da pagliacci, che forse riflettono la formazione culturale di quella classe politica. A me sono dispiaciuti i toni aggressivi e poco eleganti. Nel momento in cui venni accusato di attraversare la città senza un permesso Ztl portarono le arance in Campidoglio proponendo il mio arresto. Nessuno poi ha raccontato che la procura di Roma ha condotto un’indagine su una mia denuncia e ha scoperto che la parte offesa ero io. Qualcuno era entrato nel sistema elettronico del comune di Roma e alterato i dati del permesso della Ztl del sindaco. Questa in un altro paese sarebbe stata una grande notizia”.
Infine Marino nega la possibilità di un suo ritorno in politica: “Sin dall’inizio dissi che il mio servizio al Senato della Repubblica e alla città di Roma sarebbe stato – conclude a Radio 24 – per un periodo limitato e questo periodo è terminato”.