È di una settimana fa la notizia del verdetto “storico, che ha condannato la multinazionale Johnson & Johnson a risarcire 4,7 miliardi di dollari a 22 donne che si sono ammalate di cancro alle ovaie a causa della presenza di amianto nei prodotti della nota società statunitense.
Oggi vogliamo approfondire l’argomento con un “luminare” del settore, il professore Giancarlo Ugazio (classe 1932), che ci chiarirà alcuni aspetti fondamentali circa lo sviluppo della patologia ed il suo nesso con l’esposizione alle fibre di amianto.
Il Professore, assistente straordinario (1959) e poi ordinario (1962), in Patologia Generale di Medicina a Cagliari, quindi a Siena (1964), infine a Torino (1966), Research Fellow in Pathology a Pittsburgh (PA) nel 1963, Libero docente in Patologia Generale nel 1964, Assistent Professor in Physiology a Cleveland (Ohio) nel 1970, Professore Incaricato di Patologia Generale in SMFN a Sassari nel 1971, Professore Aggregato di Patologia a Torino dal 1975, poi Straordinario dal 1976, infine Ordinario dal 1976 al 2007, fino al TFR (01.11.2007), è autore di 235 pubblicazioni scientifiche e divulgative.
Professore, prima di addentrarci nella questione amianto, potrebbe toglierci una curiosità circa la sua opera titolata “Medaglione etico, scientifico, sociale”?
“Lascio ai miei concittadini credenti la libertà di considerare la mia opera, descritta in modo ironico dall’allegoria del Green Man, equipollente alla recita di preghiere, ma desidero assicurare gli altri, laici come me, che penso di svolgere solo un compito assimilabile a quello dell’ombudsman, quel difensore civico che affonda le sue radici storiche nel III secolo d.C., ai tempi dell’impero romano, quale defensor civitatis, e che è stato rispolverato in tempi recenziori nella Svezia del 1808, in attuazione della nuova costituzione del tempo.
Il fine ultimo di questa mia attività, di medico-non-pentito e di scienziato-non-in-vendita, a nessun prezzo, perseguito attraverso lo studio attento dei risultati della ricerca biomedica e della loro accurata divulgazione, è la lotta senza quartiere dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
- L’esposizione all’amianto può causare cancro alle ovaie? In che modo?
Le microfibre d’asbesto, disperse nell’aria ambientale che respiriamo, nell’acqua che beviamo o che usiamo per lavare il nostro corpo, nei cibi che consumiamo, negli indumenti che indossiamo, nei dispositivi igienici che indossiamo, possono entrare nel circolo ematico e nel circolo linfatico del nostro organismo, rispettivamente, per via respiratoria, per via gastro-intestinale, o per via transmucosa degli organi cavi che sono in comunicazione diretta con l’ambiente esterno, per esempio il genitale femminile (vagina, utero, salpingi, peritoneo). Quest’ultima è proprio la via d’accesso privilegiato per raggiungere le ovaie e per poi attuare il loro potenziale cancerogeno. Di per sé, il circolo ematico e quello linfatico svolgono la funzione di transito delle fibre minerali patogene in tutti i distretti dell’organismo, fino ai più minuti capillari, rispettivamente, ematici e/o linfatici. Infine, un’altra via d’ingresso delle fibre minerali più corte (< 5 μm), la meno frequente, è lo stesso tegumento cutaneo.
- Che cosa dicono le ricerche e cosa pensa lei, in base ai suoi studi?
Le dimostrazioni scientifiche di questi dati biomedici sono merito di Ronald Eric Gordon e di Yoshiaki Omura (cfr bibliografia). Per parte mia, lo studio accurato delle loro pubblicazioni scientifiche mi ha affascinato e mi ha permesso di raggiungere la certezza che le loro ricerche sono un’importante pietra miliare delle conoscenze della cancerogenesi dell’asbesto, sia per la parte ambientale, sia per la parte diagnostica, sia ancora per le possibilità di chelazione e di rimozione delle fibre del minerale patogeno, dopo l’esposizione e dopo la loro localizzazione, e prima dell’insorgenza della patologia.
- Perché è difficile diagnosticare la correlazione tra l’esposizione alle polveri di amianto e cancro?
Due sono le principali cause di queste difficoltà di stabilire la correlazione eziologica tra l’esposizione ad asbesto e l’insorgenza dei fenomeni morbosi. Una è il tempo di latenza – generalmente lungo – tra l’esposizione patogena e la comparsa della patologia. La seconda dipende dal grado di non conoscenza, da parte del sanitario che accudisce al paziente, di tutte o di parte delle fattispecie eziopatogenetiche elencate al punto 1.
- In cosa consiste il metodo di ricerca che ne stabilisce il nesso?
E’ impossibile descrivere un quadro completo dei metodi fruibili in questi percorsi diagnostici. Trovare un cospicuo numero di microfibre d’asbesto nel tessuto di un adeno-carcinoma ovarico è un esempio, comparabile a quello che giunge allo stesso reperto in un ampulloma delle vie biliari: in questi i casi i sanitari di turno hanno cercato l’ago nel pagliaio 1) in una paziente che aveva usato l’acqua di rubinetto inquinata per scopi igienici e 2) in un paziente – medico – che per anni aveva usato quel tipo d’acqua per scopi alimentari.
N.d.A.: Moltissime reti idriche di acquedotti pubblici, in tutto il mondo, sono tuttora fatte di tubi di Eternit®, suscettibili sia di lesioni per opera di terremoti, sia anche al fenomeno della lisciviazione (rilascio) spontanea di microfibre del minerale cancerogeno dalla matrice dell’Eternit®.
- Cosa pensa della vicenda Johnson & Johnson che ha dato ragione a 22 donne ammalate di cancro alle ovaie per aver utilizzato i prodotti della multinazionale?
Sono del tutto scettico sulla possibilità che le vittime, viventi o defunte, querelanti la J&J di persona o per il tramite degli eredi, rispettivamente, ricevano denaro risarcitorio attraverso i diversi gradi di giudizio. Qualora lo ricevessero, in aggiunta all’aver avuto ragione, esso avrebbe solo il potere di abbellire la tomba con un mazzo di fiori più pomposo. In primis, penso che ne’ la salute perduta ne’ la morte possano mai essere compensate dal denaro, tanto o poco che sia. L’unico guadagno sicuro è quello del legale che patrocina la causa giudiziaria. In secundis, sull’eventualità che l’imprenditore possa essere condannato in via definitiva per il suo misfatto, mi rifaccio a due fattispecie peculiari: una è quella insita nella cronaca e nella conclusone di Giovanni Sarubbi, l’altra è quella che si evince dal lavoro di David Michaels.
Il primo autore riferisce: “Il Dialogo 25.02.2017. Avellino – Processo Amianto
Avellino, 24 febbraio 2017, seconda udienza del processo Isochimica. L’aula è la più grande del tribunale ma 270 parti civili, 27 imputati e la quarantina di avvocati che li rappresentano non riescono a trovare posto. I microfoni funzionano male, si capisce poco o nulla di quello che è detto. Gli avvocati protestano, il procuratore si associa, ma la presidente dice che non ci sono soldi per fare il processo in un luogo diverso. Bisogna arrangiarsi. Fra gli ex lavoratori gira la notizia che i morti accertati sono oramai 23. Ma di questo non si parla in un processo destinato a finire in un nulla di fatto. – La prescrizione infatti incombe, anzi è già operante per la maggioranza degli ex lavoratori. Tutto dipende dalla data di accertamento per ognuno di loro nelle lesioni. Il processo potrà durare, solo per il primo grado e se fila tutto liscio, anche tre-quattro anni. Qualche pessimista dice sei anni. Non faranno un’udienza al giorno e neppure una alla settimana. Per ogni udienza un paio di mesi. E poi l’inevitabile appello e poi la Cassazione. Tutto finirà in una bolla di sapone. – Il sistema giudiziario italiano è finalizzato alla prescrizione. Basta avere i soldi e gli avvocati adatti. È strutturalmente così. E a pagare sono i poveri cristi. Basta guardare chi sono i carcerati. Solo ladri di polli con una giustizia fortissima con i deboli e debolissima con i forti. – Nel frattempo il mesotelioma, che è solo uno dei tanti tumori provocati dall’amianto, la sua strage la sta già facendo e non solo fra la specie umana. Sono tantissimi gli animali domestici, soprattutto cani, che si stanno ammalando e morendo di tumori polmonari. La sanno bene i veterinari che li curano. È cominciato dai paesi ad est dell’Isochimica e poi ha interessato Atripalda e Avellino. Qualche veterinario, una decina di fa, tentò di fare uno screening di queste morti che sono indicative dello stato di salute dell’ambiente. Gli animali muoiono prima poi tocca alla specie umana. Ma tutto è stato messo a tacere. – Qualche soldo coprirà le responsabilità. La scorsa legge finanziaria ha stanziato dei fondi per le vittime dell’amianto che sono per lo più inutilizzati. Pochi sanno la notizia. Forse difficile è l’iter per ottenerli. Dopo il danno anche le beffe. E la politica? Per lo più’ complice o silente. E per favore non chiamatela giustizia.
Giovanni Sarubbi
Il secondo, ha intitolato così, in modo esplicito, il suo recente libro “Il dubbio è il loro prodotto, come l’assalto dell’industria sulla scienza attenta alla vostra salute”.
Ciliegina finale sulla torta è il recente provvedimento del guardasigilli che, nel più accanito spirito della spending review, per favorire il bilancio del suo dicastero, fa pagare le spese processuali alle parti civili quando l’accusato, imprenditore o meno, è assolto per non aver commesso il fatto, perché il fatto non sussiste oppure per insufficienza delle prove, anche alla presenza di qualche cadavere, di consumatori o di prestatori d’opera.
- Davvero il talco può causare il tumore alle ovaie?
Se le minute particelle di talco, amorevolmente deposte sulla cute che ricopre la muscolatura glutea della pargoletta a scopo igienico, oppure anche solo per moda, percorrono la medesima strada delle microfibre d’asbesto, evento del tutto verosimile, giacché esse provocano, nel protoplasma delle cellule di organismi eucarioti, alterazioni molecolari di tipo perossidativo (aumento delle specie reattive dell’ossigeno, consumo del glutatione ridotto, stimolazione della perossidazione lipidica) (Ahmad, 2011), comparabili con quelle causate dall’asbesto (Voytek et al., 1990) possono essere responsabili dell’innesco del processo della cancerogenesi, coi primi danni della molecola del DNA, eventualmente seguito, nella progressione del fenomeno morboso, dall’esaurimento del potenziali naturali di difesa contro il cancro (gli enzimi riparatori del DNA e le difese immunitarie).
- Quanto incidono familiarità ed esposizione protratta?
L’impiego del talco a scopo igienico può prendere inizio nell’età neonatale e può continuare ininterrottamente nell’età adulta e senile. Quanto più’ dura l’esposizione al minerale patogeno, tanto maggiore è il rischio che la bilancia competitiva tra fattori cancerogeni e fattori anti-cancro (un tiro alla fune biologico) si squilibri a favore del cancro, contro la salute e la vita.
Anche una predisposizione familiare può contribuire in modo favorevole, oppure sfavorevole, alla salute e alla vita.
- In che modo si contrae il cancro da talco? Per inalazione o per esposizione diretta?
L’inalazione implica un percorso molto più lungo di quello diretto, che percorre l’apparato riproduttivo. Il meccanismo patogenetico è riferito nella risposta n. 6.
- Qual’è il fattore di rischio più alto (parlando sempre dei prodotti j&j)?
La presenza di un inquinamento da fibre d’asbesto in un prodotto cosmetico commerciale di talco configura un aggravamento del rischio cancerogeno, in base al noto potenziamento tossicologico (effetto cocktail)
- Come si riconoscono sintomi del male silenzioso, quando colpisce le ovaie?
Il cancro ovarico influisce sulle principali funzioni dell’organo (dapprima, infertilità per anovulazione e amenorrea; poi dolori addominali più o meno localizzati, più o meno estesi)
- Che rischi corrono i bambini?
I bambini, data l’età, hanno totalizzato un periodo di esposizione ancora breve. Tuttavia, sono già impegnati, a loro insaputa, nel tiro alla fune biologico riferito nella risposta n. 7.
12, C’è un periodo di latenza?
Un periodo di latenza è immancabile, giacché le molecole difensive presenti nelle cellule svolgono immediatamente le loro funzioni di difesa, contro gli agenti nocivi, nel caso il cancerogeno, senza richiedere un comando burocratico. La latenza è finita quando sono esaurite le difese dell’organismo; allora è superato l’orizzonte clinico, con superamento del “punto di non ritorno”.
Scarica Green Man e curriculum
Intervista di Simona Mazza
https://www.osservatorioamianto.com/patologie/tumore-alle-ovaie/tumore-alle-ovaie-talco/
https://onanotiziarioamianto.it/chi-siamo-agn/ona/
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Ahmad J., Nanotoxicity of Natural Minerals: an Emerging Area of Nanotoxicology. J. Biomed. Nanotoxicology. 7, 32-33, 2011
Heller D.S., Gordon R.E., Westhoff C., Gerber S., Esposizione ad asbesto e carico di fibre nell’ovaio. Asbestos exposure and ovarian fiber burden. Am J Ind Med. 29, 435-439, 1996.
Michaels D. The Doubt, Oxford University Press, 2008, ISBN: 0199719764
Omura Y., Asbestos as a possible major cause of malignant lung tumors (including small cell carcinoma, adenocarcinoma and mesothelioma), brain tumors (i.e. astrocytoma and glioblastoma multiforme), many other malignant tumors, intractable pain including fibromyalgia, and some cardio-vascular pathology: safe and effective methods of reducing asbestos from normal and pathological areas. Acupuncture & Electro-Therapeutics Res., Int. J. 31, 61-125, 2006..
Omura Y, Jones M, Duvvi H, Paluch K, Shimotsuura Y, Ohki M. Fattori che significativamente incrementano o inibiscono le fasi precoci del Melanoma Maligno (M.M.), valutazione non invasiva di un trattamento innovativo mediante ingestione e applicazione esterna di dosi ottimali delle più efficaci sostanze contro il M.M.: Haritaki, Cilantro, Vitamina D3, Nori, EPA con DHA & applicazione della speciale carta (+) di conservazione dell’energia solare, che riduceva rapidamente l’area attiva del M.M. e l’asbesto. Acupuncture and Electro-therapeutics Res., Int. J. 38, 36-76, 2013.
Sarubbi G. Processo Amianto, Il Dialogo, Avellino 25.02.2017.
Ugazio G., Asbesto-Amianto, Ieri-Oggi-Domani, Viaggio tra Verità, Ipocrisia, Reticenze, Dolore, Aracne Editrice, Roma, 2012.
Ugazio G. Patologia Ambientale, Passato-Presente-Futuro, App.501, ONA, Roma, 2017.
Voytek P., et al., Mechanisms of Asbestos Carcinogenicity. J. Am. Coll. Toxicology, 9, 541-550, 1990.