EDIZIONI ARGENTODORATO
A cura di Hans Sachs
Amiche lettrici, amici lettori, è con vero piacere che vi presentiamo Aldo Di Virgilio, già autore di un paio di raccolte di racconti (“La strategia del batticoda” per i tipi di Fazi Editore, 2001; e “Sette Piccoli Fanti” per i tipi di Carabba, 2006) e qui in veste di …romanziere.
- Partiamo dal titolo: perché “Il codicista”? Ha un significato particolare?
Questo è uno dei pochi elementi senza mistero di questo romanzo; il Codicista, infatti, altro non è che uno scrittore di codici, nel caso specifico di un Codice dei Sentimenti che ha l’ambizione di imporre ai funzionari di un immaginario Ministero del Benessere, colpiti da un’incredibile malattia che li ha resi, nella gran parte, simili a creature malformate. Lui crede che il rispetto delle regole in esso contenute li riporterà ad una condizione “normale”
- “Palazzaccio”, ministero… quanto c’è di Aldo Di Virgilio, della sua esperienza di funzionario amministrativo, in questo romanzo?
Ovviamente c’è tantissimo a livello di sensazioni ed emozioni. Questo romanzo è nato in seguito ad alcune significative incomprensioni con dei colleghi, per cui all’epoca mi sentii schiacciato da forze oscure ed avverse. La scrittura, allora, attraverso una lucida analisi del Male Amministrativo, servì da valvola di sfogo, così spurgai all’esterno tutta la sofferenza interiore, che altrimenti chissà quali effetti devastanti avrebbe provocato sulla mia psiche di uomo accerchiato.
- “Il codicista” è un testo, mi si passi l’espressione, parecchio sopra le righe: dove ha preso spunto per le creature mitologico-anfibie e il loro interfacciarsi con il protagonista?
Certamente dai Bestiari Medievali scritti dai preti viaggiatori tra il XII e XIII secolo, che, addentrandosi nelle favolose terre d’oriente, all’epoca del tutto sconosciute, credettero di imbattersi in creature immaginarie quali Cinocefali, Blemmi e Sciapodi, ovvero creature antropomorfe variamente mutate. Tra i testi in oggetto, senz’altro merita una citazione particolare la “Lettera del Prete Gianni”. La scelta, poi, di rappresentare la deformità di cui ho detto prima con queste fattezze, deriva dalla necessità di dare una caratterizzazione precisa, visibile, al Male; il Male che, a mio avviso, ha una stretta relazione con la malattia e con il peccato, così come si evince da alcuni libri del Vecchio Testamento e da quel concetto filosofico del “Kalos Kai aghatos”, per cui solo chi è bello può essere nobile e magnanimo.
- Anche l’inquisitore, così come congegnata, è figura “alternativa”: perché scrivere in spagnolo?
Perché il messaggio inquisitoriale deve mantenere un certo livello di incomunicabilità, come tutte le cose delle Fede; se ne vuoi cogliere l’essenza, occorre sforzarsi, interpretarlo
- Che ruolo ha il potere all’interno del romanzo?
Il centro di queste dinamiche è il rapporto con il potere, nei confronti del quale ancora oggi non ho le idee chiare. Il fatto è che il potere mi attrae, ma dall’altra mi terrorizza. In quanto principale veicolo del Male Amministrativo, ho sempre tentato di stigmatizzarlo, e combatterlo con tutte le forze eppure, dall’altro, essendo il principale veicolo dei fini istituzionali, ho cercato di assecondarne gli scopi, anche in ossequio ad una rigida educazione familiare che mi ha sempre portato al rispetto del “capo”, ovunque si collochi lungo la scala gerarchica.
- Nel romanzo fanno capolino i cosiddetti Sacri Palazzi: che cos’è per lei il Vaticano?
La più straordinaria, e longeva, istituzione mai creata dall’uomo, e non a caso, a distanza di duemila anni esplica ancora felicemente la propria esistenza. Sebbene io mi definisca uno “scettico dinamico”, la catechesi delle coscienze è quanto mai necessaria ed attualissima nel mondo odierno, dove ormai l’unica bussola ad orientare gli esseri umani è il consumismo. Con questo intendo che non ritengo affatto tramontato il suo ruolo di regolatore sociale nell’assenza dei valori, che altrimenti condurrebbe alla disgregazione la civiltà occidentale
- Mercato nero e pubblica amministrazione: fantasia o esperienze di vita vissuta?
Questo è un romanzo dove la fantasia regna incontrastata, dunque le storie ivi narrate non hanno alcun aggancio alla vita reale. Tuttavia, lo svolgimento addirittura all’interno di un Ministero di attività imprenditoriali, mi è servito da stratagemma paradossale per evidenziare un fenomeno che i mass- media hanno molto spesso narrato, e cioè l’indifferenza dei dipendenti pubblici rispetto agli obblighi istituzionali loro assegnati, e che consente a soggetti esterni senza scrupoli il selvaggio saccheggio delle risorse pubbliche. Un fenomeno, questo, assolutamente scandaloso, alla luce di una semplice considerazione, ovvero che costoro hanno in mano il destino di milioni di persone. Basterebbe questo per spronarli ad essere i più intelligenti, i più preparati, i più efficienti. Dovrebbero essere orgogliosi del loro lavoro, emozionati per la rilevanza degli interessi curati ogni giorno… Dovrebbero essere gladiatori in doppio petto.
- Nella recensione che ho curato, parlando della storia tra Willy e la cantante Trisha, mi è sembrato di intravvedere sprazzi di quanto vissuto dal Winston di George Orwell in “1984”: ci sta o sono due mondi diversi?
Si tratta di un ulteriore tassello necessario a mettere in evidenza come nemmeno l’amore possa dare scampo al protagonista. Willy avrebbe voluto issarsi su un piedistallo e arringare la folla, ma a conti fatti lui è un peccatore come gli altri, ed altrettanto quanto gli altri si ammala. Ognuno di noi funzionari pubblici deve mantenere alta la guardia, altrimenti il rischio di precipitare nel baratro diverrà concreto.
- Quando scrive ha qualche autore cui ispirarsi?
Gli autori che mi ispirano sono tantissimi, e tutti loro scrissero o hanno scritto capolavori memorabili, ognuno meritevole per aspetti specifici. Per i dialoghi, ad esempio, mi ispiro alla scuola nordamedicana di Bret Easton Ellis o di Chuk Palaniuk, per le trame fantasione invece ritengo inarrivabili i sudamericani, Amado, Vargas Llosa e, ovviamente Garcia-Marquez. In generale il mio stile è molto da “nuovo mondo”, perché gli europei mi pare abbiano un po’ perso la carica vitale, quel coraggio ideativo che invece oltreoceano fa scintille. In ogni caso, le principiali fonti ispiratrici di questo romanzo derivano da “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov e, ça va sans dire, “1984” di Orwell.
- Willy Deville tornerà?
Oh, certo, è ancora il protagonista principale del “sequel“ del presente romanzo, che s’intitolerà “Amanita Phalloides”… Il fungo più velenoso tra i funghi più velenosi.
Ringraziamo Aldo Di Virgilio per la disponibilità e speriamo di averlo di nuovo con noi con il suo prossimo lavoro!