Lo stress a volte fa brutti scherzi. Il mio dolore alla gamba si fa sentire e l’unica soluzione è l’infiltrazione di cortisone ed anestetici locali. Il dolore infatti mi dice il medico, non è una malattia come tante altre.
Anzi, non è proprio una malattia. Talvolta si manifesta in seguito a processi patologici – lesioni, infiammazioni – mentre in qualche caso esso può comunque manifestarsi come evento ricorrente oppure innescato da stimoli particolari, primo fra tutti lo stress. Per un paziente, recarsi in ospedale non è idilliaco, ma per chi come me è affetto da questa invisibile malattia, è una meta importante.
Il reparto svolge anche attività di cure palliative per il trattamento del dolore e dei sintomi collaterali e per il miglioramento della qualità della vita nei pazienti oncologici in fase avanzata. Le stanze di degenza sono dotate di bagno, arredate con moderni mobili ospedalieri, attrezzature elettroniche, poltrone comodissime per i familiari, tende coloratissime che sembra di stare a casa. Dulcis in fundo, la filodiffusione.
Non provare dolore, che sia di tipo non solo oncologico, ma anche transitorio, acuto o da patologia cronica, per il cittadino italiano è un diritto esigibile, sancito da una legge di cui, tra i primi, nostro Paese si è dotato tre anni fa. Si tratta della Legge 38 del 2010, “Disposizione per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”.
Obiettivo della norma, quello di ribadire la necessità di mettere al primo piano la persona che soffre, garantendo a lei e alla famiglia che l’assiste il sollievo e la dignità in ciascun ambito in cui si viva la condizione di dolore: si trovi essa, in casa, in ospedale o altro ambiente sanitario.La legge prevede che per la persona che soffre di dolore si attivino dei percorsi di cure palliative, terapie del dolore e assistenza domiciliare, a seconda dei casi e dei bisogni specifici, intraprendendo un percorso individuale di cura.
Percorrendo il lungo corridoio dell’ospedale, non riesco a trovare l’U.O. di terapia antalgica, forse il mio dolore ha offuscato leggermente la mia mente, i miei ricordi. Non trovo più l’indicazione, ne la tabella del responsabile del reparto. Non trovo più le stanze di degenza dotate di bagno, arredate con moderni mobili ospedalieri, attrezzature elettroniche, poltrone etc. Non trovo più la stanza medica posizionata all’ingresso del reparto.
Chiamo al cellulare il mio amico medico, il quale mi dice che la stanza medica per le visite ed infiltrazioni, si trova in un piccolo “ripostiglio” del reparto di cardiologia e che tra qualche giorno non potrò più entrare dalla porta principale ma da un’altra che si affaccia direttamente sul corridoio del reparto in “bellavista”.
E pensare che all’Ospedale di Pisa, al “Progetto Dolore “sono stati affiancati anche un “progetto musica”, che prevede l’esibizione, all’interno delle strutture terapiche, di quattro strumentisti di musica da camera di fronte ai pazienti ed ai loro familiari, nonché un progetto “ lettura in corsia “, nel quale studenti volontari dell’ultimo anno di liceo leggono poesie a scelta dei degenti.
Al San Giovanni di Dio ,al “ Progetto Dolore “è stato affiancato il “Progetto Dissolvimento”: dell’ambulatorio, e della porta di ingresso del reparto.
Aldo Mucci