L’Unione Sindacale di Base esprime tutta la propria solidarietà ai giornalisti che hanno osato impugnare l’ultimo contratto di lavoro, quello del 2014, per i suoi contenuti giudicati inaccettabili: dal compenso di 3.000 euro lordi all’anno per i collaboratori, alla diffusione del precariato, questo solo per evidenziarne gli aspetti più brutali.
Nel ricorso si contestava che il contratto fosse stato imposto ai giornalisti violando le stesse regole dello statuto della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, nonché le norme stesse che danno senso alla democrazia sindacale. Il giudice del Tribunale di Roma ha dato torto ai giornalisti, senza entrare nel merito se quel contratto fosse legittimo o no. “ Ha semplicemente stabilito, ad esempio, che i ricorrenti non hanno titolo a contestare le procedure della FNSI perché non sono iscritti alla FNSI ma … alle singole associazioni regionali. Eppure nelle loro buste paga – per chi ce l’ha – accanto allo 0,30% che versano mensilmente al sindacato unico dei giornalisti c’è scritto “trattenuta F.N.S.I.” – come riporta il comunicato dei ricorrenti aggiungendo che le controparti non avevano neppure messo in discussione la legittimità dei firmatari del ricorso ad essere in giudizio.
La sentenza ha un’altra grave conseguenza: i giornalisti sono stati condannati in solido, a pagare le spese legali che – con tasse e diritti – ammontano a 13.400 euro per controparte, in totale circa 40 mila euro, da versare a FIEG (la federazione degli editori), FNSI (il sindacato unico) e Presidenza del Consiglio. Nel gruppo di chi ha osato contestare l’accordo ci sono disoccupati, free lance con pensioni da fame, giornalisti che nel frattempo hanno dovuto cambiare lavoro perché non ce la facevano ad andare avanti nonostante le “tutele” osannate da chi ha firmato lo scellerato contratto del 2014.
Aldo Mucci