Deliveroo lascia a piedi i ciclofattorini in Belgio grazie alla deregulation. Per la cooperativa SMart: «lavoriamo per evitare che accada anche in Italia». La cooperativa discute la proposta di legge Ichino sui platform workers: è solo prendendo atto della realtà del lavoro autonomo di nuova generazione che si può cominciare a immaginare nuove forme di Welfare
Il 25 ottobre scorso, in Belgio, la piattaforma Deliveroo ha reso nota l’intenzione di interrompere la collaborazione a partire dal 2018 con la cooperativa SMart (http://smart-it.org), che finora aveva garantito ai ciclofattorini della piattaforma una forma di impiego contrattualizzato come lavoro dipendente con le conseguenti tutele di tipo previdenziale e assistenziale.
Un caso unico in Europa che garantiva ai lavoratori assistiti condizioni lavorative sostanzialmente migliori di quelle dei loro colleghi di altri Paesi.
I fattorini torneranno così nelle fila del regime del lavoro autonomo, o della cosiddetta “auto-imprenditorialità”, senza più garanzia di salario minimo, senza accesso alla disoccupazione, alla pensione, a un’assicurazione contro gli infortuni.
Perderanno insomma tutte quelle tutele che SMart aveva negoziato per loro, per finire per essere pagati “a cottimo”, ossia a consegna (peraltro con tariffe più alte rispetto quelle italiane).
La decisione di Deliveroo è stata favorita anche da un progetto di legge del governo Belga che sottrae a fiscalità e contribuzione i redditi da lavoro autonomo fino a 6000€: uno scenario che interessa in modo particolare i platform workers.
In Belgio SMart ha cominciato a lavorare con i ciclofattorini alla fine del 2015, quando alcune centinaia di riders hanno chiesto di lavorare attraverso la cooperativa.
Poiché le condizioni proposte dalle piattaforme non erano tutelanti, SMart ha allora avviato una trattativa con i due committenti presenti nel contesto belga, Deliveroo e Take Eat Easy (startup del food delivery), che ha portato nell’aprile 2016 a un accordo per garantire tutele previdenziali, assicurative e salariali.
In virtù di queste garanzie, quando nel 2016 Take Eat Easy è fallita i ciclofattorini hanno potuto beneficiare del fondo di garanzia di SMart, che ha continuato a pagare i loro compensi per un totale di 360.000 €.
L’attuale decisione di Deliveroo non deve stupire. È chiaro, infatti, che essa deriva dal presentarsi di una opportunità più vantaggiosa in termini di profitto, che è stato il governo belga a offrire.
Secondo Chiara Faini, già coordinatrice dell’ufficio SMart di Schaerbeek, Belgio e attualmente responsabile della sede romana della cooperativa «in Belgio si è persa un’importante occasione di riconoscere, a livello governativo, le necessità ed i bisogni concreti di una classe di lavoratori in costante aumento: non sono solo i riders, ma anche i grafici, i fotografi, gli uffici stampa ai quali sempre più spesso è imposta una flessibilità delle condizioni di lavoro che si risolve in un’erosione graduale dei loro diritti.
Le istituzioni dovrebbero invece farsi carico di questi bisogni e tradurli un quadro legale tutelante e professionalizzante, riconoscendone specificità, ed evitando di ricorrere alla obsoleta contrapposizione tra lavoro autonomo e lavoro dipendente».
Il problema sta piuttosto nella misura governativa: crea un vantaggio di breve termine ai lavoratori autonomi, che ora non verseranno tasse e contributi ma che domani rischiano l’esclusione dal sistema di protezione sociale.
Allo stesso tempo, inquadrare i ciclofattorini come lavoratori autonomi risulta più conveniente per la piattaforma, consentendole di massimizzare i profitti.
Per questo motivo, anche in Italia (dove la precarietà costituisce già un problema sociale) SMart sostiene la necessità di rivedere al più presto la legislazione sul lavoro, nella direzione di evitare che si possano verificare scenari analoghi.
UNA PROPOSTA CONCRETA PER “RIFARE IL MONDO DEL LAVORO” IN ITALIA
Da diversi mesi ormai SMart, in una proficua collaborazione con l’associazione ACTA, porta avanti un’analisi dettagliata dell’ordinamento legislativo sul lavoro. Il focus dell’analisi è la discussione della proposta avanzata dall’on. Pietro Ichino sulla modifica dello statuto del lavoro autonomo.
Dagli esiti di questa inchiesta nasce il documento di sintesi “Note alla proposta di legge Ichino”, i cui dettagli si possono leggere sul sito di SMart.
Il punto centrale è la tesi che SMart sostiene fin da quando, 3 anni fa, è sbarcata in Italia: la necessità di andare oltre la tradizionale distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato per arrivare ad un sistema di protezione che tuteli il lavoro in tutte le sue forme.
Nell’ordinamento attuale, SMart auspica di poter utilizzare il contratto intermittente al di fuori dai limiti ora vigenti: in questo modo la cooperativa riuscirebbe ad estendere anche a molti lavoratori autonomi i vantaggi ora tipici del lavoro dipendente.
Infatti, è solo prendendo atto della realtà del lavoro autonomo e freelance per un numero sempre crescente di lavoratori italiani, soprattutto giovani, senza tuttavia fare sconti sui diritti, che è possibile creare forme concrete ed efficaci di tutela di questi lavoratori.
«Il caso belga dimostra che l’azione di uno o più soggetti virtuosi non è sufficiente se non viene sostenuta da un ecosistema normativo adeguato», afferma Donato Nubile (presidente di SMart Italia), che continua: «In Italia il dibattito intorno ai platform workers non va al cuore del problema: comunque li si definisca, si tratta di lavoratori senza tutele. E non bisogna dimenticare che accanto a questi lavoratori in divise dai colori accesi ce ne sono moltissimi che sfuggono alla nostra vista ma che affrontano gli stessi problemi: grafici, programmatori, videomaker, freelance di ogni settore, indipendentemente dal fatto che le loro occasioni di lavoro giungano o meno da una piattaforma. Un intervento normativo che si rivolga solo ai platform workers e si dimentichi questa crescente fetta del lavoro autonomo sarebbe miope e insufficiente».