Che cos’è questa bagarre per Bankitalia?
Il P.D. pensa davvero, senza nemmeno informare il SUO Governo (questa, poi!!!) di poter chiedere conto a Visco, senza aspettare l’esito del lavoro della Commissione d’Inchiesta, di non aver vigilato su Banca Etruria (come dire sullo stesso P.D.) e sulle altre Banche e Banchette, procurando la rovina dei risparmiatori? E perché proprio oggi?
Io di banche me ne intendo poco assai. Finché posso, cioè fino alla scadenza delle imposte, giro alla larga. Sono un analfabeta dell’economia, ma, come diceva il “fornaciaro” di Gioachino Belli “le raggione le capisco ar paro – de chiunque sa intenne la raggione”. E’ capisco quello che è sotto gli occhi di tutti, anche se non degli specialisti, dei giornalisti e dei babbei che vorrebbero sapere a tutti i costi chi sa quale mistero “c’è dietro”. E, intanto, se la prendono dove non s’ha da dire.
Cominciamo dall’ultimo interrogativo. Perché adesso?
E’ fin troppo chiaro: anticipare la vacanza a Via Nazionale è l’unico modo perché il nuovo Presidente possa essere disarcionato mentre Governo e maggioranza sono ancora del P.D. A primavera le elezioni, pur con quel pochissimo di democrazia che resta nel nostro Paese, scacceranno il P.D. da Palazzo Chigi e lo manderanno in minoranza a Montecitorio ed a Palazzo Madama. E’ vero che il Governatore di Bankitalia non lo nominano né il Governo né il Parlamento. Ma nessuno mi venga a dire che la nomina non è fortissimamente condizionata da quelli là. “Ora o non più” è la formula di Renzi per non perdere certe posizioni di potere (e di controllo delle sue malefatte). E mettere, magari, i bastoni tra le ruote di chi verrà.
Secondo punto. Renzi vuole “tagliare l’erba sotto i piedi” ai Cinquestelluti e al Centrodestra. Farsi lui paladino della rabbia della gente anche e soprattutto, di quella contro il suo operato e le magagne dei suoi, quelle di Banca Etruria e delle altre banche del sistema del credito clientelare. Prendere ancora una volta per i fondelli gli Italiani più tartassati da lui e dai suoi, dire “ci pensiamo noi”. Fare i conti, invece che con l’oste, con i compagni di bevute.
Terzo punto: Renzi vuole distrarre la gente da altre questioni che incombono sul P.D. in piena crisi. Anzitutto dalle elezioni siciliane, dal loro esito catastrofico per il P.D. La questione Bankitalia andrà per le lunghe, molto oltre il 5 novembre, quando il P.D., a Palermo, sarà sfrattato, con il suo ancorché ambiguo “rivoluzionario” Crocetta dal Palazzo d’Orleans. E’ meglio che si riparli d’altro, che si continui per un bel po’ a parlare d’altro.
Quarto punto: Renzi cerca di convincere qualcuno (i cretini, diceva Sciascia, sono tanti) che se la sua Banca, le banche del suo sistema di credito clientelare, se il P.D. l’hanno fatta grossa ed hanno rovinato tanta gente, la colpa è di quel Visco che non le ha “vigilate” a dovere e che lui lo sculaccia. Fa come certi minorenni un po’ delinquenti che prima sfuggono ad ogni controllo, respingono ogni regola e predica dei genitori, e poi, quando li arrestano dicono che sono vittime di una incapacità dei genitori di vigilare su di loro, di fare il loro dovere.
Quinto punto: per Renzi è meglio che si parli del credito facile delle banche del Centronord che del credito difficile, dei rubinetti chiusi di quelle di Sicilia e del Sud a causa della legislazione antimafia. Della quale legislazione proprio ora ha messo nelle mani irresponsabili di molti magistrati fanatici e delle loro consorterie dell’Antimafia mafiosa il famigerato “codice”. Preferisce addirittura che si parli di Banca Etruria che degli stessi ammonimenti della grottesca lettera accompagnatoria delle promulgazioni di quel codice inviatagli da Napolitano.
Meglio, infatti, non inimicarsi i magistrati, dei quali i politici, specie quelli sulla via del tramonto, temono il giusto e, soprattutto l’ingiusto e baggiano attivismo. Quindi rispetto alle esigenze di occuparsi della vera, grande, devastante crisi del credito che l’antimafia provoca in intere Regioni, con ripercussioni su tutta l’intera economia nazionale “resistere, resistere, resistere”, come diceva accoratamente Borrelli. Parlando d’altro. Resistere contro la ragione. Resistere, magari, non per eroismo, seppure caparbio, ma per paura.
Anche la “questione Bankitalia”, la “questione Visco”, sono gestite sotto l’incombere della paura. I malfattori, anche quelli tracotanti e spietati, sono vili.
Mauro Mellini