La Russia accusa gli Stati Uniti e l’Occidente. Lo Stato Islamico va riorganizzandosi anche in Libia.
I seguaci dello stato islamico hanno riconquistato posizioni e territori nell’Iraq, e lo stato maggiore della difesa della Russia addossa apertamente agli Stati Uniti e alla coalizione internazionale le colpe di tale grave situazione nell’area mediorientale. Ma la realtà è molto più grande del previsto. Il messaggio che Mosca cerca di far percepire al resto del mondo è più preoccupante di quello che sembra. L’Isis si sta riorganizzando, sta ritornando forte come prima, e la Russia da sola comincia a non farcela più.
Iniziato a fine 2015 l’intervento in Siria delle forze armate di Mosca, dopo mesi di pesanti bombardamenti aerei si é passati all’intervento di terra, e qui hanno iniziato a contarsi le perdite. Fonti di Mosca parlano di circa 40 soldati caduti in battaglia, ma dati forniti da altre agenzie europee riferiscono di un numero di vittime molto più elevato tra i soldati di Mosca. Non sono nuovi ormai nemmeno i casi di abbattimenti nella regione di elicotteri militari russi da parte delle forze islamiche. L’ultimo proprio alcuni giorni fa, nel territorio del villaggio di Shaykh Hilal, parte centrale della Siria: l’Agenzia di Stampa “Amaq”, vicina all’Isis, ha riportato la notizia dell’abbattimento di un elicottero russo, confermata anche dalle testimonianze di alcuni abitanti del villaggio. Non è ancora noto se l’intero l’equipaggio sia sopravvissuto o meno all’attentato. Nel mese di Agosto, un altro elicottero Mi – 8 venne abbattuto a Saraqeb, nella regione di Idlib: morirono tutti i cinque membri dell’equipaggio, compresi due ufficiali del Centro di riconciliazione russo. Se si aggiungono anche gravi incidenti dovuti a cause tecniche, o a momentanee tensioni con altre potenze, come nel caso dell’abbattimento di un caccia Su – 24 da parte di un F16 turco nel novembre 2015, si capisce come difficile sia diventata in questo momento la situazione della Russia nel gestire tale guerra. Diversi anche gli ufficiali caduti in battaglia, tra cui il noto generale Valery Asapov, comandante del V Corpo d’assalto, reparto speciale che molte sconfitte aveva inflitto nei mesi scorsi alle truppe dello Stato Islamico. Anche nelle fila degli ufficiali di Mosca serpeggia una certa preoccupazione per l’andamento dell’intervento militare nella regione. Perdite considerevoli vengono segnalate anche nell’esercito di Damasco, che affianca la Russia nella battaglia. L’Isis intanto continua a riprendere posizioni in Iraq, come anche nella stessa Siria. Anche in Libia, dove finora aveva riportato notevoli sconfitte, come quella di un anno fa nella battaglia di Sirte, lo Stato Islamico si va riorganizzando, tornando poco alla volta forte come prima. Diversi elementi lo fanno intuire. Alcuni degli ultimi attentati avvenuti recentemente in Europa, come quello avvenuto durante il concerto di Manchester dello scorso Maggio, sono stati eseguiti da terroristi provenienti da cellule attive in Libia. Alcuni documenti recuperati da investigatori di Tripoli durante una delle operazioni anti – terrorismo nella zona, testimonierebbero l’attuale fase di riorganizzazione dell’Isis, che continua attualmente a reclutare seguaci provenienti anche dalle vicine Tunisia, Algeria, ed Egitto. Anche immagini e video postati dal califfato sui propri network, mostrerebbero suoi miliziani in azione nel territorio libico. Molti nuovi adepti giungono nella regione direttamente dalla Siria, attraversando Turchia e Sudan. L’Isis considera strategica la regione libica, come anche confermato da Abu Baara al-Ansari, un ex appartenente al movimento integralista, il quale ha recentemente dichiarato per il Wall Street Journal che i vertici dell’organizzazione “considerano la Libia come la principale porta d’ingresso per l’Europa».
L’Europa continua sempre di più nel mirino dello Stato Islamico, che procede a riorganizzarsi e rafforzarsi anche a due passi da noi.
In tutto questo scenario davvero preoccupante, come già accusato dalla Russia, spicca l’immobilismo quasi totale dell’Occidente, e degli Stati Uniti in particolare. La politica estera di Donald Trump sembra più orientata ad altre priorità rispetto alla lotta all’Isis. Le attenzioni del presidente americano sono più concentrate nel monitoraggio della situazione missilistica nordcoreana, come anche ad un rinnovato duro confronto con la potenza iraniana, inasprendo la posizione americana da quella più morbida adottata in passato da Barack Obama verso tale paese mediorientale. A conferma di ciò, le critiche mosse recentemente a più riprese da Trump all’accordo sul nucleare iraniano. In una intervista delle ultime ore concessa all’emittente FOX NEWS, il Presidente ha dichiarato:
“L’accordo sul nucleare con l’Iran e’ frutto di un incompetenza mai vista, e’ l’accordo peggiore mai visto”, aggiungendo anche che““loro hanno avuto la strada spianata per costruire armi nucleari molto velocemente”.
Gli Stati Uniti non vedono di buon occhio uno sviluppo non solo nucleare, ma anche economico del paese, per svariate ragioni. Vi sono motivi legati all’antagonismo di tale nazione con alcuni loro importanti alleati nell’area, tra cui l’Arabia Saudita, che per quanto finanzi quasi apertamente il terrorismo islamico, è uno dei più importanti attuali investitori nelle imprese americane e occidentali. Anche Israele, altro storico e strategico partner degli Stati Uniti, nutre da sempre pessimi rapporti con il regime degli ayatollah; non da meno decisiva è anche l’alleanza dello stesso regime con il movimento libanese Hezbollah, da sempre ostile allo stesso Israele. I recenti test missilistici eseguiti hanno acuito ancora di più non solo il risentimento e la paura da parte degli storici nemici dell’Iran, ma anche aumentato le preoccupazioni e la considerazione che l’Amministrazione americana riserva alla crescente potenza Iraniana, diventata ormai uno dei principali problemi da affrontare a livello politico, come anche militare.
Per gli americani la guerra all’Isis passa attualmente in secondo piano, davanti alle preminenti questioni già viste. Ma lo Stato Islamico va riorganizzandosi, anche a due passi da noi. E’ più che lecito preoccuparsi.
Graziano Dipace