Oggi, ancor più che il terrorismo islamico, a minacciare la pace e la sicurezza del mondo, è un piccolo dittatore dal nome impronunciabile: Kim Jong-un!
Da quando nel 2006 la Corea del Nord condusse il suo primo test nucleare, gli occhi del mondo iniziarono a guardare in direzione di quello che era diventato il nono Paese al mondo a disporre dell’atomica.
Nel 2007 e fino al 2008, grazie a negoziati internazionali che prevedevano anche la cessione di decine di migliaia di tonnellate di petrolio al paese, in cambio della disattivazione del sito nucleare e dello spegnimento del reattore, nonostante gli esperti ritenessero insignificanti i progressi fatti verso la denuclearizzazione della Corea, il mondo sembrò tirare un respiro di sollievo. Nel 2009, si scoprì invece che il paese si apprestava a trasformare in armi i 30 kg di plutonio prodotti dal piccolo reattore spento precedentemente. Alla notizia della trasformazione del plutonio, fece seguito un secondo test nucleare.
Per quattro anni, fin quando nel febbraio 2013 il governo della Corea del Nord non dichiarò di aver effettuato un terzo test nucleare sotterraneo, sul programma nucleare coreano, sulla riapertura del reattore nucleare di Yongbyon, sull’armamento atomico e sul progetto del piccolo paese di realizzare una bomba a idrogeno, cadde il silenzio.
Morto nel 2011 Kim Jong-il, guida suprema del paese, salì al potere il figlio Kim Jong-un.
Da quel momento, la Corea del Nord, grazie ai rapporti di alleanza con Russia e Cina, divenne la spina nel fianco degli americani. Se l’America aveva commesso l’errore di finanziare e far crescere il terrorismo islamico fin dai tempi della guerra in Afghanistan – quando nel 1989 le truppe sovietiche vennero costrette ad abbandonare il Paese – Russia e Cina non si mostravano meno incaute nel consentire al piccolo dittatore nord-coreano di accrescere il proprio potenziale bellico nucleare.
Dalla follia islamista, alla follia di un piccolo dittatore che oggi rappresenta una minaccia per la pace nel mondo, grazie alle superpotenze che hanno adottato da decenni il sistema delle guerre per procura, armando e utilizzando terroristi, rivoltosi e piccoli dittatori, che una volta raggiunti i propri obiettivi, come cani ingrati, non esitano a mordere la mano del padrone che li ha allevati.
Dopo il lancio del razzo che pochi giorni fa ha sorvolato i cieli giapponesi, il piccolo ed incontrollabile dittatore nord-coreano ha condotto un nuovo test atomico facendo esplodere un ordigno dalla potenza stimata in cento kilotoni, oltre il quadruplo della bomba che gli americani, nel corso della seconda guerra mondiale, sganciarono sulla città giapponese di Nagasaki.
Mentre si cerca ancora di capire se a seguito di un possibile crollo del tunnel nel sito di Punggye-ri, dove è avvenuto l’esperimento, ci sia il rischio di fuga di radiazioni, puntuale arriva la minaccia da parte del dittatore coreano che assicura come la bomba possa essere utilizzata su un missile intercontinentale in grado di colpire in territorio americano.
Se anche volessimo fare affidamento sul fatto che nessun essere umano sarebbe tanto stupido da mettere in atto una simile minaccia – smentendo Einstein che sosteneva: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi” – cosa accadrebbe se nel corso di nuovi lanci un missile, a prescindere dalla tipologia della carica, cadesse in territorio giapponese o in un’altra nazione? Quale sarebbe la risposta militare del paese colpito? E come reagirebbero Russia e Cina dinanzi una risposta militare contro il Nord Corea?
Se da una parte hanno ragione questi due Paesi nel sostenere che sarebbe inaccettabile una qualsiasi azione militare preventiva da parte degli Stati Uniti contro la Corea del Nord, dall’altra Russia e Cina devono intervenire per fermare la follia criminale di Kim Jong-un, prima che – per stupidità o per errore (i lanci coreani hanno dimostrato più volte come il numero di errori e incidenti sia incredibilmente elevato) – trascini il mondo in una guerra che non avrebbe né vinti né vincitori.
Gian J. Morici