A novembre elezioni regionali in Sicilia. Finisce, questo, almeno sembra certo, l’era di Crocetta, il “rivoluzionario” che, eletto per una memorabile cazzata del Centrodestra, lascia un’eredità di sfaceli, di beghe e di risentimenti che gli assicurano il non facile primato negativo tra i Presidenti della Regione.
La rivoluzione che Crocetta, con qualche masnadiero del P.C.I. – P.D. a lui più vicino, aveva proclamato con il suo “Megafono” si è risolta, oltre che in quella personalissima del Presidente, nel consolidarsi della evoluzione della mafia.
Mentre P.M. e magistrati vari e loro tirapiedi affaristi con le loro pagliacciate rendevano alla vecchia mafia il “disonore delle armi” attribuendole nuovi disegni stragisti a loro gloria e suggello di intangibilità ed a pretesto di riti sempre più ipocriti e scopertamente strumentali, la crema dell’Antimafia “sociale” ha definitivamente assunto le caratteristiche del nuovo “Terzo livello”.
Crocetta ha sfruttato fino in fondo il grande potere che l’incongruenza dello Statuto di Autonomia, modificato in senso “presidenzialista” gli dava: quello di legare la sorte di tutti i deputati regionali e del loro mandato a quello del presidente che essi avessero avuto l’ardire di censurare concludentemente. Così alle mozioni di sfiducia nei suoi confronti è sempre mancata una firma o un voto.
Il P.D. paga oggi, a quel che sembra, le spese di una presidenza balorda. Non basta un Orlando, né tanto meno un Grasso, che si è addirittura defilato, a conquistare i voti che il P.D. non ha mai avuto e che oggi ha meno ragione di poter acquistare.
Secondo i “soliti” sondaggi i Cinque Stelle sarebbero i beneficiari dello sfascio del “sistema Crocetta”, in testa alle previsioni di voto. Ma l’elettorato Siciliano, se facilmente cade nelle trappole di mode e di arrischiati esperimenti, ha pure capacità di reattività e di rapide evoluzioni. Si tratterà di vedere se, intanto, i Grillini siano disposti ad accettare l’aperto invito loro rivolto dagli Ingroia, Di Matteo, e compagnia, dell’estremismo giudiziario. Deciderà Grillo, che, se non si lascerà prendere dal panico per la batosta delle Amministrative di giugno, non vorrà fare da sgabello ad un potere fatto d’altro che delle sue insultanti cavolate. Del resto il grosso del Partito dei Magistrati avrà ottime ragioni per non allinearsi con le buffonate rituali della sua “scheggia impazzita” Palermitana e continuare, invece, a gestire il potere costituito dagli avvisi di garanzia e dai salvacondotti condizionati.
C’è poi da vedere come la nuova mafia dell’Antimafia, dei “monnezzari” e di Sicindustria, che ha condizionato e sfruttato a puntino il “rivoluzionario” Crocetta, si spenderà e spenderà il suo potere in queste elezioni.
I giuochi sono aperti.
“La Sicilia come metafora” scriveva Leonardo Sciascia. Una ragione di più per non distrarsi e guardare da un’altra parte.
Mauro Mellini