La sensazione che Papa Bergoglio ce l’abbia con l’Italia come Nazione e Stato e che lo manifesti con il suo atteggiamento sulla questione della migrazione-invasione afro-asiatica, con contorno di jus soli ed altre baggianate autolesionistiche, si rafforza e si consolida. Di fronte a dati catastrofici, come lo sbarco di 12.000 migranti in due giorni, che ha costretto un po’ tutti (forse non il povero Gianfranco Spadaccia che ha scelto proprio un brutto momento per darmi del nazionalista e, magari, neofascista per aver parlato di sfacelo dell’identità nazionale) a manifestare allarme ed a chiedere una svolta nella dissennata politica di indiscriminata “accoglienza” , il Papa populista non ha ritenuto di dover dire una parola per denunciare la sovresposizione insostenibile dell’Italia di fronte alle ondate migratorie e per auspicare un equa ripartizione degli sforzi e dei sacrifici tra i Paesi europei e non solo europei.
Che esista, quanto meno, un problema di giustizia per il quale s’abbia da fare, tutto il possibile perché il problema della migrazione verso l’Europa non diventi (come già sta diventando) quella dell’invasione potenzialmente distruttiva della identità della Nazione più esposta al primo sbarco, è evidente e pressante. Ignorarlo significa tenere un atteggiamento ostile nei nostri confronti e venir meno ad un onere morale, specie per chi predica a gran voce in favore dell’invasione.
Dietro l’atteggiamento caritativo e solidaristico (a senso unico) c’è, dunque, la magagna di una sorda, coperta ostilità gesuitica verso la Nazione cui la Chiesa Cattolica volle negare il diritto di esistere come Stato.
I nostri governanti dovrebbero dirottare le navi che rovesciano folle crescenti di povera gente verso porti di altri Paesi dell’Europa Mediterranea. Sarebbe certamente una reazione dura, ma diventerà necessaria, inevitabile. Allora sentiremo Bergoglio deplorare la durezza dei nostri cuori.
Ma la carità pelosa porta, poi, a questo.
Mauro Mellini