Accade nel “carcere modello” di Milano, fiore all’occhiello dei teorici della “sicurezza collettiva perché restituire alla società una persona migliore rispetto a prima è nell’interesse di tutta la collettività” – come ha dichiarato Laura Boldrini dopo aver visitato il carcere di Bollate e averlo citato come esempio – dove gli episodi di violenza da parte dei detenuti mettono continuamente a rischio l’incolumità degli agenti di polizia penitenziaria.
L’ultimo episodio si è verificato sabato 18 marzo, quando i poliziotti sono stati affrontati e minacciati da detenuti armati di mazze di legno e sgabelli. Gli agenti si sarebbero inizialmente imbattuti con un detenuto indispettito dalla perquisizione ordinaria in alcune celle nel reparto isolamento, il quale ha iniziato a inveire contro di loro pronunciando parole come “bastardi, maiali, io vi ammazzo andate via di qua..”.
Grazie al “Progetto Bollate”, che prevede la custodia attenuata, altri reclusi si sono aggregati al detenuto che ha aggredito gli agenti, gridando, agitando mazze e sbattendo a muro gli sgabelli. Solo il sangue freddo e il coraggio dei poliziotti ha permesso di riportare la situazione alla normalità senza che nessuno si facesse del male.
Vale la pena di ricordare che nel carcere di Bollate, dove la custodia attenuata dovrebbe essere finalizzata a un trattamento che favorisca l’inclusione sociale dei detenuti, dovrebbe fare ingresso solo utenza selezionata.
Una “utenza selezionata” che solo qualche giorno prima, nel“carcere modello” della Boldrini, aveva dato luogo a una maxi rissa tra marocchini e albanesi, nel corso della quale cinque detenuti erano rimasti feriti dopo essersi affrontati anche con l’ausilio di spranghe di ferro.
Il tanto decantato “Progetto Bollate” in realtà si sta trasformando in un luogo in cui i detenuti più violenti riescono a far imporre la ragione della forza sia con gli altri detenuti che con gli agenti della polizia penitenziaria costantemente sfidati senza che venga preso alcun serio provvedimento.
Sembra che lo Stato – la cui assenza la si evince dalle parole della stessa Boldrini nel citare come “carcere modello” quello che appare sempre più come un girone infernale dantesco, quantomeno per gli agenti – e la stessa direzione carceraria, pur di non dichiarare il fallimento del progetto e poter far vanto di un carcere dove la recidiva è bassa (sarebbe interessante venissero resi pubblici i numeri) e i detenuti vengono rieducati (uso di mazze, spranghe ecc?) preferiscano mandare allo sbaraglio i poliziotti costretti a subire le minacce da parte dei detenuti e a lavorare senza nessuna tutela.
Intanto i detenuti più violenti, grazie al permissivismo, in attesa di poter spargere il sangue innocente di qualche agente della polizia penitenziaria, ripetono come un mantra: “qui comandiamo noi!”
Gian J. Morici