Stando ai titoli dei giornali, la scissione del P.D. (Partito Democratico) è oramai scontata.
Non so se tale previsione sia esatta. Il P.D. non è e non è mai stato un partito imprevedibile, ma è sempre stato un imbroglio e gli imbrogli non producono, in genere, certezze.
Non ho voglia di scherzarci sopra e non riesco a dire, anche per scherzo, la bugia che io amo il P.D. per aggiungere, con cinismo quale quello che una volta fece dire ad Andreotti, parlando della Germania (c’era la Germania Federale e quella c.d. Democratica) “l’amo tanto che ne vorrei due”.
Ho già scritto che oramai, scisso od unito, il P.D. non sarà il Partito della Nazione che Renzi sognava di realizzare con il referendum, che ha definitivamente liquidato questo incubo.
Se l’ipotesi della scissione merita qualche riflessione è perché l’unificazione tra comunisti in cerca di ricollocazione e democristiani in cerca di rimanere in sella è stata un evento tanto significativo e sciagurato quanto poco studiato e meditato.
L’unificazione avveniva nel segno (e con il pretesto) della lotta contro Berlusconi ed il Centrodestra: la costituzione in partito dello schieramento del Centrosinistra o della parte essenziale di esso.
Ma c’era indubbiamente qualcosa di meno contingente che affondava le radici nella storia di più di un secolo. E proprio questo, stranamente, non veniva reso esplicito, anzi, veniva occultato.
Il “Partito Democratico”, con una democrazia equivoca adatta a questa realtà, realizzava l’unione delle forze antiliberali che dal secolo XIX avevano costituito l’antitesi del liberalismo europeo e che poi avevano realizzato la tenaglia che aveva schiacciato il liberalismo, proprio mentre la storia si faceva carico di segnare il declino e la fine dell’utopia marxista e della viscosità clericale (ed in Italia neotemporalista) nella conservazione e nella gestione del potere, ma anche nella cultura e nella connotazione delle società civili.
Quel partito dell’antiliberalismo è rimasto, perciò, solo un equivoco, di cui solo in parte oggi emerge la realtà.
Di contro gli anni del Berlusconismo non hanno portato, come pure era sembrato non impossibile nel 1994, ad una rinascita del liberalismo sopravvissuto ai suoi killers.
Grandi eventi della storia del nostro paese (e non solo) sono rimasti avvolti negli equivoci, negli alibi e, quindi nelle contraddizioni.
Non credo che la scissione del P.D. se ci sarà, segnerà la separazione delle due anime di quel falso partito. Prevarranno personali contrapposizioni e contingenze
Così non c’è aria di presa di coscienza della fine di questo “schiacciamento” del liberalismo. C’è il vuoto, l’esigenza di una nuova rivoluzione illuminista.
Forse è una mia ulteriore illusione. Chi vivrà vedrà.
Mauro Mellini