E’ durato poco il riaccendersi delle velleità di Giuseppe Arnone, l’avvocato che, andato in Tribunale da detenuto, si era messo la toga per fare la parte del difensore.
Un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo (ancora non se ne conosce la motivazione) aveva qualche giorno fa annullato quella di custodia cautelare del G.I.P. di Agrigento emessa per il reato di estorsione. Era quanto bastava per il riaccendersi delle velleità di continuare a giuocare il suo ruolo di oramai screditato e pagliaccesco depositario della legalità, dell’antimafia, della difesa dell’ambiente e, soprattutto, del giustiziere mediatico da parte del singolare personaggio.
Ma, mercoledì quattordici dicembre una sentenza della Sesta Sezione della Cassazione ha reso definitiva una sua condanna a pena detentiva (un anno e quattro mesi) senza condizionale per calunnia. Una condanna che si aggiunge ad altre cinque definitive, ma per pene pecuniarie (diffamazione) e che probabilmente non sarà l’ultima, essendo pendenti una quantità di altri giudizi penali con imputazioni anche gravi.
E’ la fine di un personaggio così come lo avevano costruito gli eventi, le persone e, non ultimi, i magistrati di Agrigento e dintorni. E ciò mentre nasce, tardivamente per i media, un personaggio diverso, che non fa più paura e non suscita inquietanti interrogativi come il primo, ma fa solo ridere. Come non si dovrebbe ridere di certe cose e di certe metamorfosi.
L’attenzione che il caso di Giuseppe Arnone, ahimè avvocato, merita indiscutibilmente non è tanto quella per la sua persona, che, al più, è una caricatura, una esagerazione di un tipo non infrequente in tante parti d’Italia.
Dovrebbe infatti essere oggetto di approfondimento e di studio il contorno, a cominciare proprio da quello rappresentato dai magistrati del suo ambiente, dagli Amministratori della sua Città, dalla classe politica in mezzo alla quale ha cercato di farsi largo, con aspirazioni sempre frustrate, ma non rimaste senza tracce e conseguenze. Rappresentato dalle associazioni ambientaliste che gli è stato consentito per anni utilizzare e padroneggiare sviluppandone il carattere parassitario. E poi rappresentato dagli Avvocati scandalizzati, ma inerti o quasi, di fronte a tante sconcezze.
E, poi chi sa quante altre cose di cui si intravede l’esistenza nelle grottesche vicende dell’uomo finito in maschera da sceriffo del West, con tanto di sombrero, di stella di latta e di pistola di plastica.
Oggi sembra impossibile. Ma venti o trent’anni fa Giuseppe Arnone ha rappresentato un “concorrente esterno” necessario, un “membro laico” del Partito dei Magistrati, che aveva intrapreso anche ad Agrigento una battaglia contro la classe politica, in base ad indiscutibili dilagare di reati, ma anche per mere presunzioni e assai spesso sulla base di denunzie del Nostro.
L’appellativo “Pepé Corrimporcura” attribuito ad Arnone non era gratuito. In base alle sue denunce ha funzionato il “nuovo corso” della giustizia, caratterizzato da alcuni megaprocessi caotici, malamente impiantati e finiti, magari come un nulla di fatto. Tali per un astratto e formale criterio di diritto, ma causa di clamorose, intollerabili ingiustizie per alcuni cittadini, magari prescelti da Arnone come principali indiziati perché recalcitranti al suo potere. E con danni di entità colossale per la Cosa Pubblica, oltre che per il prestigio della Giustizia.
Ma l’aspetto più singolare e più interessante come segno dei tempi e misura di uomini e di loro categorie, è la fase delle “avventure” del “giustiziere” successive alla sua rottura con la magistratura locale, nonché con il Partito Democratico, nei confronti del quale egli vantava di avere una sorta di “diritto di prelazione”.
La violenza plateale con la quale Arnone si è scagliato contro tutti i magistrati che non hanno soddisfatto le sue aspettative è difficilmente immaginabile fuori di quello strano contesto. Non vi è forse esempio d’altra Città d’Italia in cui siano apparsi manifesti murali policromi con l’effige di presidenti e procuratori, assieme a quelle di avvocati da lui considerati come “nemici”, additati tutti al pubblico ludibrio. E vi siano rimasti a lungo. Minacce ed ingiurie d’ogni genere sono state scagliate contro di loro. Imboscate con registratori sono state organizzate per poter diffondere giudizi imbarazzanti appositamente provocati. E, cosa in sé strana, i procedimenti penali per diffamazione e calunnia a carico proprio di magistrati hanno marcato il passo, mentre la “tariffa” delle condanne per tutte le diffamazioni a suo carico è sempre rimasta assai bassa, malgrado la violenza e la perfidia gratuita di certe sue proclamazioni.
Si direbbe che il Partito dei Magistrati (benché i singoli non sono più quelli di una volta) abbia conservato una sorta di timore reverenziale per uno che “era stato dei loro”. O un po’ di malriposta “riconoscenza”.
Certo è che Arnone, con il suo disinvolto ed impunito assalto a persone del mondo politico, dei funzionari e dell’imprenditoria di Agrigento, trascinando con clamorose fanfaluche e più o meno esplicite menzogne altri ad assecondare le sue iniziative para-inquisitorie e con la fama di temibilità conquistata e mantenuta fuori tempo, ha potuto rendersi corresponsabili di persecuzioni, sperperi, dissennatezze che hanno inciso negativamente nulla vita cittadino più di assai conclamate operazioni mafiose.
Il ritardo con il quale la giustizia ha cominciato a prender adeguati provvedimenti contro di lui è un segnale pericoloso della viscosità di certi legami destinati a proiettarsi nel tempo, ben oltre le specifiche responsabilità personali.
Ma questo non è che un accenno. Ci sarebbe da scriverne volumi. Quanti e più di quelli dei quali, magari, Arnone si valse per imporre il timore quasi reverenziale che lo circondava e circonda. Almeno fino a ieri.
Mauro Mellini
L’avvocato Arnone non le è simpatico. Anzi proprio non lo può soffrire a quanto pare. Questo lo abbiamo capito. Converrà che il carcere debba essere “somministrato” a soggetti realmente pericolosi per la società. La condanna per reati legati alla manifestazione del pensiero, secondo me, dovrebbe comportare solo una sanzione pecuniaria, con un ristoro economico adeguato in favore della persona offesa. In un paese evoluto la giustizia dovrebbe essere amministrata diversamente da come avviene oggi in Italia. Cosa ne pensa di un convegno su Cesare Beccaria (noto illuminista lombardo) ad Agrigento?
Il reato di calunnia non è, caro Francesco, un reato “legato alla manifestazione del pensiero”, ma reato contro l’amministrazione della giustizia e contro la vita delle persone. Nei confronti di Arnone sono state punite con multe inadeguate diffamazioni (che pure non sono reati di “manifestazioni del pensiero”, almeno quando consistono nell’attribuzione gratuita di qualifiche quali “mafioso” etc. etc.). Un convegno su Beccaria? Purché non serva ad adeguare la durezza del carcere così come la voleva il “noto illuminista”. Neanche per Arnone. Che la giustizia non funzioni è provato dal fatto che Arnone sta ancora fuori.
Forse l’Avv. Mellini è un penalista di esperienza e saggezza troppo consolidate perchè non debba ritenere doveroso esprimere tutto il suo dissenso per un personaggio per cui la giustizia ed il diritto funzionano secondo una sua libera e sconclusionata interpretazione. Non si stupisca, allora, più di tanto, caro Francesco, al punto di sentire il bisogno di richiamare a sproposito Beccaria e proporre un convegno su di lui.
Caro profeta, non ho capito quasi niente di quello che ha scritto. Forse intendeva dire che l’avvocato Mellini, secondo la sua opinione avrebbe espresso un doveroso dissenso (eufemismo) nei confronti di un personaggio (avvocato Arnone), a suo dire, sconclusionato? Converrà che è una sua asserzione sfornita di adeguata motivazione e, quindi, di scarso valore. Quanto al mio richiamo, a suo dire, a sproposito, di Cesare Beccaria, che dire … “lei sa, io so” … Le auguro buone feste.
Caro profeta, non ho capito quasi niente di quello che ha scritto (naturalmente per mia incapacità). Forse intendeva dire che l’avvocato Mellini, secondo la sua opinione avrebbe espresso un doveroso dissenso (eufemismo) nei confronti di un personaggio (avvocato Arnone), a suo dire, sconclusionato (altro eufemismo)? Le sue mi sembrano asserzioni generiche di una tesi con potere di convincimento, oggettivamente, scarso. Quanto al mio richiamo, a suo dire, a sproposito, di Cesare Beccaria, che dire: lei asserisce di sapere, io so di sapere … Comunque la ringrazio per le gentili parole che ricambio con gli auguri di buone feste.