E’ Isis! Che si tratti di Wurzburg, Nizza, Parigi, Dacca, Istanbul, Orlando… è Isis. Possiamo chiamare l’autoproclamato Stato islamico o sedicente Califfato in tutti i modi possibili: EI, IE, IS, Daesh ma i mandanti sono sempre loro. Sono mandanti e istigatori.
Non c’è bisogno di aspettare settimane di indagini per accettare la matrice del terrorismo Isis. Le indagini servono a trovare i contatti, a smantellare cellule terroristiche, fiancheggiatori, ispiratori. Non c’è bisogno neppure di aggrapparsi alla pazzia.
Alcuni kamikaze, ossia l’ultimo anello della catena, quello che si scaglia sulla folla con una cintura esplosiva o armato di un Tir, sono assolutamente convinti della loro missione. Pazzi per noi occidentali colpiti, sani di mente per chi condivide le loro idee.
In tutti i secoli la pazzia è stata usata per giustificare quello che la nostra mente trova insopportabile. Alcuni terroristi sono magari pazzi davvero, nel senso psichiatrico del termine che comprende una lunga lista di patologie, dalla schizofrenia alla paranoia, tanto per citarne solo due. “Pazzia” è il termine più utilizzato negli ultimi tempi. La “Pazzia” è diventata il bromuro delle nostre coscienze. Non vogliamo accettare di quanto orrore l’uomo sia capace.
Tra di loro ci sono casi che si possono definire patologici. Alcuni vivevano ai margini della società prima di radicalizzarsi e credere nel martirio e nel voler partecipare al realizzarsi di discutibili profezie. Appurato che tutte le profezie sono discutibili o vivremmo con la sfera di cristallo in mano.
A questo punto, una volta che l’IS ha legittimato questi pazzi, è rilevante che lo sia da un punto di vista formale?
La frase non è mia. E’ la sana e logica domanda fattami da un’amica stamattina! Nella domanda c’è la risposta.
L’Isis non fa che lanciare appelli a colpire in Occidente, nel cuore del nemico. Ultimo appello ufficiale: quello di al-Adnani, portavoce del Califfato, che ha esortato a colpire il più possibile durante il Ramadan e renderlo un mese di sangue.
Il jihad, la “guerra santa” o la “resistenza”, non si svolge sono nel martoriato Iraq, in Siria, in Libia, in Somalia ed in tutti quei paesi che ci sembrano lontani ma dai quali ci dividono solo il mediterraneo o poche ore di volo. L’ordine impartito è mondiale.
I terroristi non hanno un patentino con scritto Isis. Lasciano tracce, sia pur solo una bandiera come nel caso del giovane afgano che ha colpito con un’ascia i passeggeri del treno tedesco. Sia pur solo una frase su Facebook o il grido Allah Akbar! Perché queste piccole tracce significano che hanno recepito e messo in pratica gli appelli al jihad.
Come per tutti gli altri appelli a colpire l’Occidente risultati nelle azioni terroristiche che abbiamo vissuto, anche nel caso dell’attacco di ieri a Wurzburg, il 15 giugno scorso, ossia soltanto tre giorni prima, sui social-networks i supporter dell’Isis invitavano a colpire la Germania. Il messaggio è stato recepito.
Altro nonsenso che tende a ripetersi è quello della rivendicazione Isis come recupero o auto-intestazione da parte dell’organizzazione terroristica dopo una strage.
A parte il fatto che l’Isis non rivendica a vanvera, altrimenti si intesterebbe anche tutti gli accoltellamenti, le sparatorie ed altri fatti di sangue di cui tanto sentiamo parlare di questi tempi. Non hanno rivendicato la sparatoria di Dallas che infatti rientra in una situazione interna degli Stati Uniti.
Non sempre l’Isis rivendica. Nel caso della Turchia si limita a tacere sui suoi “messaggi” ad Erdogan. Ma quando l’Isis esulta è perché l’Input lanciato è stato assimilato e messo in pratica da quelli che possiamo chiamare fanatici, terroristi, sanguinari e via dicendo.
Dal momento che c’è risposta ad un input, la matrice è quella, anche se il terrorista fosse il pazzo del villaggio lo scopo sarebbe stato raggiunto: uccidere in nome del Profeta o di quello che si presuppone che il Profeta avrebbe voluto.
E comunque sia, quasi sempre, durante le indagini, si scopre che l’ultimo anello della catena, il kamikaze, non ha agito da solo ma aveva tutta una serie di collegamenti o con radicalizzati sul posto o che aveva fatto almeno un viaggio in paesi come la Siria.
Non devono lasciarci tutti un sordido video come ha fatto Larossi Abballa dopo aver ucciso la coppia di poliziotti vicino a Parigi né fare una telefonata al 119 per rivendicarsi dell’IS come ha fatto Omar Mateen durante la strage di Orlando.
La negazione della realtà è in assoluto la peggior strategia che possiamo adottare!
Luisa Pace