Ho passato tutta la notte a guardare telegiornali e trasmissioni che in tempo reale davano conto di ciò che era accaduto a Nizza.
La cronaca, la triste e dura cronaca di qualcosa che non riusciamo a razionalizzare, tanto è terribile.
E come per la strage ferroviaria di Corato, anche stavolta veniamo travolti dall’emozione per un evento così drammaticamente vicino a noi, sia geograficamente che culturalmente: Nizza in fondo è Italia, ci è nato Garibaldi, e l’italiano è parlato come il francese, è a un ora di macchiana o meno dalla nostra frontiera, ed è in un paese, la Francia, più simile a noi di quanto pensiamo.
Adesso però ho voglia di capire, e se proprio non riesco a capire – perché capire in certi casi è impossibile – almeno tentare di razionalizzare o di farmi le domande giuste.
Allora penso che sia inutile dare un filo logico a qualcosa che di logico ha poco, e preferisco buttare giù qualche considerazione sparsa, chissà che qualcuno più razionale di me non sappia trarne qualche conclusione.
1) E’ un odio che viene da lontano. E’ inutile che cerchiamo di ignorarlo, o che pensiamo che sia tutto passato. Ci sono traumi che restano nella pelle e nel DNA delle persone e dei popoli, e anche dopo generazioni restano vivi come se fossero accaduti ieri. Le violenze, le torture, la limitazione della libertà, lo schiavismo, lo sfruttamento, sono tutte azioni che noi occidentali abbiamo praticato per secoli nei paesi in via di sviluppo. Abbiamo conquistato, sterminato, derubato, violentato. Abbiamo portato malattie mortali, e abbiamo esercitato un potere divino senza limiti. Tutto questo non è accaduto un milione di anni fa, ma ieri. Hong Kong, per dire, è tornata cinese solo nel 1997. Gli stati arabi fino al 1973 venivano sfruttati da multinazionali che si arricchivano alle loro spalle. E potrei continuare. I francesi in Algeria hanno commesso crimini molto peggio di questo.
Non sto trovando giustificazioni. Sto dicendo: non ci chiediamo da dove venga questo odio, siamo stai noi a coltivarlo, a farlo crescere e a prosperare.
2) La democrazia non si esporta. La democrazia, dove esiste (in pochi posti) e dove funziona (in ancora meno) è un delicatissimo equilibrio tra istanze singole e collettive, tra desiderio di potere e capacità di gestione. Ha richiesto per la società occidentale migliaia di anni per arrivare ad una formulazione accettabile. Ancora oggi grandi nazioni (Russia, Turchia) non hanno un sistema democratico vero e proprio. E ancora oggi Paesi di grandi tradizioni (Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti) rischiano di essere governati da formazioni e persone che vivono la democrazia come un fastidio.
Pensare che in Egitto, o in Iraq, o in Libia, si possa andare con le armi e costringerli ad accettare regole che anche noi fatichiamo a mantenere significa cercare rogne. E le rogne sono arrivate. Mubarak, Saddam, Gheddafi, erano certamente dei dittatori, in alcuni casi sanguinari. Ma erano i dittatori che le popolazioni in qualche modo riconoscevano. Lo stesso vale per gli ayatollah in Iran. Nel mondo musulmano centinaia di milioni di persone vivono accomunate da una religione intollerante, ma divisi da fazioni, razze, clan. Pensare che tutto questo sparisse senza contraccolpi, che le lotte per il potere non continuassero e che qualcuno non avrebbe dato la colpa a NOI, era da ingenui. C’è chi lo dice da anni, poi c’è chi come Tony Blair se ne accorge ora. Benvenuto.
3) La conseguenza è che altri hanno preso con la forza un potere che era stato lasciato libero, in paesi, tra l’altro, ricchi di risorse naturali e quindi potenzialmente fonte di danaro senza limiti. Mentre noi giocavamo a fare i democratici, e abbattevamo uno dopo l’altro i cattivi dittatori, altri ancora più feroci e ancora più intransigenti, ne prendevano il posto, e allora altre guerre, altro sangue, città distrutte, milioni di profughi.
Tutto perché in sostanza non ci siamo fatti i cazzi nostri.
4) Senza considerare che i buoni o i cattivi cambiano in base a come si sveglia la CIA. Prima Saddam era buono perché ci combatteva l’Iran, e così anche Bin Ladin. Poi però sono diventati cattivi e allora li abbiamo ammazzati. Gheddafi prima era buono, gli abbiamo anche montato una tendopoli a Roma che ancora ci ridono dietro, poi però siamo andati a prenderlo a casa per ammazzarlo. La Russia è buona o cattiva a secondo se Putin accetta o meno di fare il lavoro sporco per noi. Davanti gli facciamo le boccacce, ma sottobanco gli stringiamo la mano. Israele è cattivo perché non lascia liberi i palestinesi, ma quando fa alzare i caccia per bombardare chi ci sta sul cazzo improvvisamente diventa un paese amico. Tutto questo crea il maggiore humus per il terrorismo: l’instabilità
5) Il terrorismo lo abbiamo inventato noi. Noi occidentali, intendo. Dalla guerriglia sudamericana, alle BR, alla RAF, alle tecniche usate dai colonialisti. Ora lo hanno imparato anche loro.
6) E’ IMPOSSIBILE, lo scrivo grande, per delle società come le nostre proteggersi dal terrorismo. Semplicemente impossibile. Se un pazzo riesce a prendere un tir e a guidare in mezzo alla folla, o a farsi esplodere su una metro o su un treno, ci può riuscire chiunque. Non sarà con i controlli, o con leggi speciali, o con l’esercito per le strade che risolveremo il problema. Il problema è culturale, di politica internazionale, di economia, ma NON è un problema militare. La soluzione militare, come spesso accade, è la più sbagliata.
7) Abbiamo fatto della religione, soprattutto della “nostra” religione cristiana, uno scudo per difendersi e un pugnale per attaccare. Dai tempi delle crociate, fino alle missioni in africa, abbiamo cercato di convincere milioni di persone che il nostro dio fosse quello vero. E in nome di questo abbiamo conquistato, manipolato, ucciso. Vogliamo stupirci se qualcun altro fa altrettanto? La religione sarebbe il primo elemento culturale da depotenziare, per noi e per loro, per ottenere qualche risultato.
8) Esiste un meccanismo, detto istinto di sopravvivenza, che non si può ignorare. E’ come il battito del cuore, non lo puoi modificare. L’istinto di sopravvivenza ci accomuna con tutte le specie animali, tutti quanti vogliamo vivere, o sopravvivere, anche a spese della morte altrui. Il fatto che invece ci siano un numero apparentemente infinito di ragazzi che in nome di non capisco quale guerra decidano di ignorare l’istinto di sopravvivenza, e si fanno ammazzare o si suicidano, questo mi colpisce in maniera particolarmente intensa. Spesso sono ragazzini, ventenni, che avrebbero una vita davanti, difficile magari, ma sempre vita, e invece scelgono di spegnere tutto, il buio, il nulla. E lo fanno trascinando con sé persone innocenti, bambini magari. Questo è un altro punto culturale su cui riflettere, come sia possibile che esseri umani riescano ad ignorare questa barriera così importante.
9) Viviamo giustamente questi avvenimenti con dolore e sgomento. Sono i nostri fratelli e sorelle, ci mancherebbe. Ma nel mondo ci sono oltre 1.000 eventi simili al MESE. E’ una follia collettiva, con questo non voglio minimizzare, anzi, voglio proprio dire che stiamo vivendo un momento drammatico nella storia dell’umanità, e chi ha più potere (noi, i ricchi) dovrebbe farsi carico di mettere in atto non solo azioni per difendere il proprio benessere, ma anche per fare in modo che il 90% dell’umanità non debba soffrire e odiarci perché noi abbiamo tutto e loro niente.
10) E quindi, proprio per questo, dobbiamo affrontare il problema della migrazione. L’omicida di Nizza è un franco tunisino. A Parigi erano cittadini belgi. Dobbiamo trovare un modo per accogliere chi riuscirà ad arrivare da noi, senza che ci odi anche solo per avergli salvato la vita.
Senza dimenticare che noi ieri abbiamo perso 80 fratelli e sorelle, ma questi disgraziati in soli sei mesi nel Mediterraneo hanno lasciato sul campo oltre 3.000 anime, solo per venire qui da noi.