Mi ha sempre dato un certo fastidio e stimolato una diffidenza che non mi è solita, chi si profonde in lodi alla mia persona ed a miei fatti ed idee.
Il fastidio diventa insopportabile, quando appare manifesto che chi mi loda intende in qualche modo farsi compartecipe di tali meriti più o meno reali.
Giovanni Negri, facendo buon profitto della visibilità che, dopo anni di silenzio e di altri suoi impegni, gli hanno dato la morte e le rievocazioni di Marco Pannella, ha, con un lungo articolo su Il Foglio di Cerasa (l’ultrarenziano e fautore del SI, direi del SISSIGNORE) lanciato nientemeno che un “Comitato dei Radicali per il SI”. Anzi, con una formula che rievoca certe giaculatorie che così bene Negri ripeteva da giovanissimo segretario del partito radicale, “radicali per il SI, SI per i radicali”. Buon pro gli faccia, direte, ma io ritengo di non poter tacere alcune cose.
Negri è certamente più intelligente di altri sedicenti, e meno discontinui radicali, che, infatti pare abbiano costituito invece, un Comitato “per il voto libero al referendum”. Ed è anche più intelligente di loro perché non manca di un certo ironico senso critico (degli altri, naturalmente) quando afferma che a lui non interessa il “partito transnazionale” (!!!) né i soldi, la radio, la sede del fantasma del Partito Radicale, né i loro “principi planetari” (cioè l’antipolitica) da seguaci di Pannella.
Benissimo. Ma (e qui il fastidio insopportabile di cui dicevo più sopra) sembrerebbe proprio che la citazione apologetica di un episodio della mia vita parlamentare, “abbellita” da un’assai improbabile presenza, in un’aula deserta, contemporaneamente di Craxi e Andreotti, intenti nientemeno, che ad ascoltarmi (sia pure per giudicarmi un demente) nonché un’altra citazione agiografica che mi dicono che di me ha fatto a Radio Radicale, sembrano voler far intendere proprio di condividere quel mio rifiuto, appunto, delle baggianate “transnazionali” e “transpartitiche” per le quali Pannella mi “scomunicò” e, praticamente, mi espulse dal partito. E, sono, magari, una mano tesa a questa vecchia cariatide per quella sua adunata del SI per i radicali.
Se è così, caro Giovannino, debbo risponderTi che non è certo con la citazione di miei presunti meriti addirittura divinatorii, che puoi dar lustro e credibilità alla Tua attuale “distanza” ed alla Tua (giusta?) ironia per il “transnazionale” ed i “principi planetari”.
Va bene la Tua conversione, ma devo ricordarTi, per la verità e per la sostanza della questione, che quando io mi ribellai alle baggianate planetarie e transnazionali, ai congressi turistici a Budapest, a Gerusalemme ed a Zagabria, al simbolo pagato 30 milioni, al parere “giuridico” di Onida costato altrettanto e alle altre dissennatezze della pur dissimulata liquidazione del Partito, non potetti certo contare su un analogo Tuo dissenso, che, se ci fu, fu assai ben dissimulato e segreto.
E’ del “partito” transnazionale e dei principi planetari, cioè dello squallido residuato dello scioglimento da me denunziato, non hai esitato a valerTi quando, con il “nuovo” suo strumento plaudente, Pannella fece il patto con Berlusconi che, tra l’altro avrebbe dovuto portarTi di nuovo in Parlamento.
Ed allora sia ben chiaro: concorri pure alla spartizione del mito e del nome, di qualcosa, cioè che Pannella per anni fece passare per esistente, dopo essersene liberato assieme a chi, magari un po’ imprudentemente aveva creduto a quell’idea di Partito, però è meglio che eviti di citarmi, col rischio di lasciar intendere che anche di quella mia attività, delle idee concretamente politiche, delle mie previsioni, Tu possa considerarti erede, specie con quel Tuo Comitato del SI a Renzi.
Detto tutto questo, infatti, devo aggiungere che questo Tuo impegno per il SI non mi sorprende, ma mi preoccupa per la disinvoltura con la quale ben sai ripetere i relativi slogans.
Hai evocato, nell’articolo su Il Foglio, tutte le litanie dei sostenitori di una riforma costituzionale, della quale mi permetto di dubitare Tu abbia mai letto il testo.
“E’ bella perché è nuova”. Una volta Ti si attribuì il merito di essere il più giovane dei segretari di partito. E mi pare, Tu, in modo invero spiritoso, aggiungesti anche di “essere più bello”. Mi pare di Cicciolina.
Ed aggiungi che le riforme di Renzi vanno bene quali che siano, perché “però esistono”.
Forse scambierai questo per realismo politico. Non è necessario, rifarsi, invece, per definirle, ad un certo “vitalismo” ed “attualismo”, del resto passati di moda e non certo portatori di benefici al nostro Paese. Ma, quale che sia la qualificazione di questo modo di vedere le cose, di giustificare un’approvazione che, del resto ha sicuramente motivi diversi, sta di fatto che questo è non voler ragionare, discutere, motivare l’approvazione di una riforma costituzionale, che non è uno spettacolo di varietà.
Fa pure dell’ironia sui “professori supremi”. Ma il loro giudizio vale certo più del Tuo “è bello perché esiste” e “nuovo è bello”.
Neghi che possa esserci una deriva autoritaria, perché oggi c’è l’Europa e di là vengono gli ordini etc. E’ come dire. “sfasciamo pure l’aereo, tanto c’è il paracadute”.
E poi c’è l’autoritarismo con gli stivali, ma c’è pure quello con le pantofole e le scarpe da ginnastica, con i sorrisi anziché con la faccia feroce.
E, inoltre vedo che Ti sei così allineato al parlar d’altro che della sostanza, della coerenza, della possibilità di funzionamento della riforma Bosco-Renziana. Un parlar d’altro che una volta consisteva nella preferenza dei “principi planetari”, oggi nella magnificazione dei conati di Renzi.
Potrai, caro Giovannino, liquidare queste mie considerazioni rovesciando il Tuo concetto di “nuovo è bello” in “vecchio è brutto e rompiscatole”. E potrei, a mia volta risponderTi che questa Tua rivendicazione, con un discutibile beneficio dell’inventario, dell’eredità del nome e del gradimento universale di Marco Pannella, Ti si attaglia perché sarà balorda, “ma esiste”.
Non Ti negherò il diritto di essere cinico. Solo Ti consiglio di porTi un limite.
Mauro Mellini