Nelle primissime ore della mattinata di ieri, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli congiuntamente ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, al termine di un’articolata indagine diretta e coordinata da questa Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – hanno dato esecuzione a 9 ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale di Napoli.
I destinatari dei provvedimenti sono funzionari comunali, imprenditori, professionisti e “faccendieri”, che sono accusati, a diverso titolo, di associazione per delinquere di stampo camorristico, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio ed altre gravi irregolarità nelle procedure di affidamento di lavori di committenza pubblica realizzate anche al fine di agevolare uno dei sodalizi camorristici di maggiore spessore dell’area casertana.
Le indagini, in particolare, hanno fatto luce sulla gestione degli appalti da parte del Comune di Santa Maria Capua Vetere, evidenziando i legami del pro tempore sindaco e di altri esponenti apicali di detta Amministrazione comunale con il clan dei “casalesi”, con specifico riguardo alla fazione capeggiata dalla famiglia di M. Z.
In tale ambito, l’attenzione degli investigatori si è concentrata sulla procedura ad evidenza pubblica afferente la progettazione e esecuzione dei lavori del “Palazzo Teti Maffuccini” di Santa Maria Capua Vetere, già confiscato negli anni ’90 al padre di D. M., storico vice-sindaco del comune sammaritano.
Il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto la sussistenza di un illecito accordo che ha visto nel ruolo di corruttori l’ing. L. R. G. – rappresentante legale della “A. S.r.l.”, società che si è occupata della progettazione dei lavori in argomento e C. M., rappresentante legale della “L. S.r.l.”, che si è aggiudicata il relativo appalto del valore di oltre 2 milioni di euro.
I beneficiari delle “tangenti” elargite da questi imprenditori sono stati il predetto sindaco D. M. e alcuni componenti della Commissione di gara all’uopo nominata (in specie, il R.U.P. della gara D. T. R. e il prof. M. V.), che hanno favorito le aziende corruttrici mediante l’attribuzione del necessario punteggio tecnico nelle procedure di gara.
La “mazzetta” corrisposta, per un valore al momento accertato di 70 mila euro, è stata contabilmente giustificata dall’emissione di fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti da parte di aziende compiacenti, facenti capo al dottore commercialista C. R. (consulente fiscale ed amico del nominato ing. L. R.), e all’ing. F. V.
Quest’ ultimo soggetto è risultato particolarmente legato a Z. A. che ha beneficiato di una parte del compenso corruttiva in quanto anello di congiunzione tra i pubblici funzionari corrotti e il clan dei “casalesi” e alla “faccendiera” D. G. L., i quali hanno ricoperto un ruolo di fondamentale intermediazione nell’ambito dell’illecita dazione di denaro.