Sul Corriere della Sera del 7 aprile u.s. Paolo Mieli fa una scoperta (tutto è relativo anche le cose da scoprire).
Scopre che in Confindustria Sicilia (Sicindustria) c’è mafia, corruzione e sfruttamento della simulazione dell’antimafia.
Meglio tardi che mai, si dirà.
Ma quel che più conta sono due cose.
Una è rappresentata dal fatto che Mieli mostra di essere ben informato di persone, episodi, inchieste che non risalgono solo a ieri. E della estensione vastissima del fenomeno.
Ad una lettura superficiale si ha l’impressione che l’articolo sia uno di quelli che da anni, certo non sul Corriere né sui quotidiani dell’Isola, va scrivendo con ostinazione e coraggio, non comuni, Salvatore Petrotto, ex sindaco di Racalmuto (il paese di Sciascia). Gli stessi nomi, le stesse truffe, le stesse inchieste, le stesse prevaricazioni. A lui il Corriere attribuì tranquillamente le imputazioni con le quali si cercò (invano, come è risultato alla fine) di “farlo fuori”, proprio per aver denunciato le magagne (che Mieli scopre oggi) e molto altro ancora, insistendo e traendone le dovute conseguenze.
Ma è la seconda constatazione quella più rilevante: la scoperta di Mieli è assolutamente parziale, in buona sostanza, oltre che riduttiva è fuorviante.
Non siamo, infatti, in presenza di furbastri che si siano intrufolati in Sicindustria sotto l’usbergo della antimafia che li aleggia.
Sicindustria, la sua dirigenza, quello che essa rappresenta ed impone alla Sicilia, sono di per sé “antimafia di affari”.
Ne sono partecipi, essenziali concessionari di servizi pubblici, di discariche, di reti idriche e fognanti, di corsi di formazione professionali etc etc. L’antimafia è il pretesto per certi signori per far fuori la concorrenza e, magari, le amministrazioni comunali recalcitranti ad adeguarsi al sistema, quelle, ad esempio, che intendono realizzare la “raccolta differenziata” dei rifiuti, mettendo in pericolo l’affaronissimo delle mega discariche, inquinanti e redditizie.
Invece di dare una mano alle vittime delle estorsioni mafiose, Sicindustria le mette al bando come se chi paga il pizzo lo facesse per simpatia alla Mafia.
La stampa dell’Isola tace su episodi significativi e, magari, pirandellianamente grotteschi; ignora anche quello che sa Mieli e che in Sicilia sanno tutti.
Mieli suggerisce al Presidente uscente di Confindustria di fare un pubblico elogio di Sciascia, che degli affari dell’antimafia era stato il profeta: “così, magari, Montante capisce e si decide a dimettersi”.
Certo Mieli avrà voluto scherzare, solo che non si capisce chi è che vorrebbe prendere in giro. A voler tenere conto dei precedenti, dei giornalisti del Corriere della Sera che, siciliani, conoscono questa situazione esistente da molti anni e che hanno, se non altro con il loro silenzio, contribuito a crearla ed a consolidarla, si direbbe che voglia prendere in giro proprio e prima di tutti i Siciliani. Uno scherzo a dir poco di cattivo gusto.
8 aprile 2016
Mauro Mellini