“L’Espresso” ha dato notizia, con un articolo di Telesio Malaspina, dello stato del procedimento a carico dei suoi giornalisti per il servizio sulla telefonata tra Crocetta e Tutino, che provocò il mezzo terremoto e portò il Governatore della Sicilia, a suo dire, sull’orlo del suicidio, scongiurato, peraltro, da una pronta, anzi, prontissima, inconsueta per la sua prontezza, smentita, stranamente graduata nei suoi contenuti, da parte del Procuratore (allora sub judice) di Palermo, Lo Voi.
I documenti acquisiti sul processo a carico dei due giornalisti confermano le “impressioni” che, anche in mancanza (ed in presenza di patenti falsificazioni) di particolari si erano subito avute.
La telefonata (anzi, molte telefonate) tra Crocetta e Tutino c’erano state. Ed avevano avuto per oggetto la Borsellino, con espressioni di dileggio, che non si confanno ai colloqui di un Presidente di Regione, nei confronti di un Assessore e di chicchessia, come non si confanno certe discussioni sugli Assessori e sugli Assessorati tra il Presidente ed il suo medico.
Il testo, sostanzialmente contenente espressioni sulla opportunità di “far fuori” l’incomoda Assessora, era stato, assai probabilmente “abbellito” dai giornalisti, ferma la sostanza.
Ma quel che più conta era ed è il fatto che le affermazioni della Procura sono intervenute prima che fossero completate le indagini sulle registrazioni, per le quali i Carabinieri avevano chiesto un certo tempo (non rispettato da Lo Voi). E, soprattutto, sarebbe emerso che altre conversazioni, intercettate ma non registrate (e, quindi, non esaminate dopo lo scoppio dello scandalo) esisterebbero. Contrariamente alle affermazioni della Procura che, nella escalation delle “dichiarazioni a discarico” di Crocetta, è arrivata ad affermare che “non vi era stata comunque la telefonata”.
Se fosse proprio vero che questa gran voglia di scagionare il Presidente, questa fretta mostrata dalla Procura ha salvato una vita umana (quella di Crocetta che, come lui afferma, sarebbe stato sul punto di suicidarsi e non lo avrebbe fatto solo perché la Procura lo avvertì che non aveva fatto la telefonata), dovremmo, tutto sommato compiacercene e dire che non tutti i mali (e le scorrettezze) vengono per nuocere.
Ma quando si tratta di Uffici pubblici, e di tale delicatezza, ed ampiezza di poteri, quali le Procure, un interrogativo è non solo lecito, ma d’obbligo. Perché nel “caso Crocetta” tanto zelo e, invece, tante noncuranze dei diritti umani e civili quando si tratta della gente comune?
E’ inutile domandarsi il perché ed è inutile pure domandarsi se in un altro momento lo zelo sarebbe stato dimostrato a “discarico” o, invece a carico (e che carico!) del loquace Presidente.
Ai giornalisti de “L’Espresso” i nostri auguri. E congratulazioni sincere a Crocetta per essere incorso in quel brutto incidente in un momento in cui lo zelo procuratorio era quello di salvare le reputazioni degli intercettati e, quindi la sua vita, altrimenti sacrificata sull’altare dell’Antimafia.
Un’occasione così rara non capita di frequente.
25.03.2016
Mauro Mellini