
I media hanno scoperto il caso Musotto, il pirandelliano regista “antimafia”, organizzatore di manifestazioni d’esaltazione del fanatismo giudiziario di certi P.M. palermitani, che per ben due anni aveva tenuto in stato di terrorizzata falsa “protezione” il suo socio facendogli credere di essere condannato a morte dalla mafia. Per depredarlo della sua quota di una loro società.
Ieri, 21 febbraio, la rubrica “Le Iene” di “Italia Uno” ha dedicato un servizio al caso, rompendo il silenzio con il quale era stato “blindato” il caso del truffatore-sequestratore di persone in forza alla corte dei plaudenti della Procura di Palermo.
L’occasione è stata la sentenza di appello che ha ridotto la pena da sei a tre anni per il “truffatore antimafia”. Un bello sconto con il quale, evidentemente, i “meriti” acquisiti da questo grottesco personaggio verso la magistratura hanno trovato maggior comprensione.
Ma la cortina di significativo silenzio aveva “coperto” il caso degno di figurare in una sorta di “antologia apocrifa” delle opere pirandelliane, per l’evidente preoccupazione dei media dipendenti dal P.d.M. di non “delegittimare” un “collaboratore cinematografico” della giustizia antimafia ed organizzatore di cerimonie “pro Di Matteo” e simili.
Il dato più rilevante è questo: con un anno di ritardo una Televisione (importante ma privata) si accorge di un processo grottesco e di un mascalzone matricolato pirandelliano.
Non una riga avevano dedicato i quotidiani siciliani e non l’anno scorso, quando era intervenuta la condanna di primo grado. La giustizia italiana (e palermitana) che non sa tenere il segreto di un atto di istruzione, di una intercettazione, di un’iscrizione nel registro degli indagati, è riuscita a risultare “impenetrabile” quando, a seguito del pubblico dibattimento è stato condannato un suo tirapiedi protagonista di una vicenda che avrebbe fatto ridere mezzo mondo.
Meglio tardi che mai! Il servizio di ieri sera con “Le Iene”, rompe quella incredibile cortina di silenzio.
Noi avevamo dedicato ben nove articoli su facebook dal 26.02.2014 al 09.03.2015. Ma su giornali e televisione il caso non esisteva.
C’è da domandarsi: che è successo?
Come mai qualcuno ha rotto l’omertà “antimafia”?
La domanda è più che legittima e la risposta non può essere che una: l’Antimafia è sputtanata, c’è aria di declino che tutti i conferimenti buffoneschi di “cittadinanze onorarie” a Di Matteo non riescono a dissipare. A parlare di affarismo antimafia oramai ci arriva persino Rosy Bindi. Così qualcuno ritrova quel coraggio di cui riteneva di non poter disporre per “osare” raccontare le gesta di un grottesco “sequestratore antimafia”.
Certo, resta l’esigenza di coprire, almeno, quella grottesca ed incredibile copertura. Il senso delle proporzioni avrebbe imposto, infatti agli autori del servizio de “Le Iene”, di dedicare almeno metà del tempo della trasmissione al vero “mistero” di questa vicenda: quello del silenzio.
Direi che più interessante del “pataccaro” Musotto, della vittima della sua “truffa-sequestro di persone” sarebbe stata una intervista ai direttori del “Giornale di Sicilia”, “La Sicilia” e la “Gazzetta del Sud”, per sentire la loro spiegazione del pertinace silenzio dello scorso anno e di tutti gli anni della lunga vicenda.
Ma forse è pretendere troppo.
Meglio tardi che mai, meglio un uovo oggi che una gallina nei secoli futuri.
E, poi, tutto è relativo. “Le Iene” hanno fatto un servizio, benché dimenticando il silenzio dei giornali.
Gli altri hanno continuato a tacere.
Grazie Iene!!!
Mauro Mellini