Sulle primarie del PD, sulla tristezza di candidati di destra catapultati a sinistra, sulle beghe interne che portano a divisioni più che a unioni, sulle ripicchette di partito e sulla guerra tra poveri si è già detto tutto.
Su Sala, sul fatto che ancora una volta la società civile non esprime persone con una credibilità politica ma “manager” catapultati dall’alto a gestire situazioni complesse (eufemismo) come una grande città, solo perché si pensa che chi ha saputo (forse) gestire un’azienda sappia anche gestire la vita di mlioni di cittadini, si è già disquisito abbastanza.
E poi sinceramente a me di stracciarmi le vesti per queste croniche aberrazioni della politica non mi va più. E’ inverno e fa freddo, e quindi mi tengo il cappotto addosso.
Invece mi stupisco ancora perché andando a spulciare il sito del candidato, oltre che le interviste e le dichiarazioni, mi ha investito come un TIR in autostrada la sentenza di morte della candidatura di Sala.
Il Programma.
Mi sono stropicciato gli occhi, ho fatto refresh per un migliaio di volte per essere certo di non essere finito in quel limbo senza costrutto che è la cache di Google, ho letto qualche articolo, e purtroppo è proprio così.
Sala ha stilato un programma.
IL Programma.
Pensavo sinceramente che i cittadini italiani nel 2016 meritassero più considerazione, e che magari i milanesi, più adusi al business e meno al cazzeggio, fossero più severi e non si facessero infinocchiare così.
Invece gli elettori del PD hanno scelto come candidato sindaco un uomo così.
Un Manager con un Programma.
Già mi verrebbe da dire: ma che cazzo ci devi fare a Milano con un manager, quando ce ne sono così tanti che non sanno più dove metterli e ormai anche i netturbini sono ex dirigenti della Marelli.
E poi, di un manager con un Programma?
Ma che cazzo di programma vuoi fare con una città come Milano, o come Roma, in cui i problemi endemici sono sempre gli stessi da mille anni, e in cui basterebbe fare TRE cose per migliorare la vita delle persone: pulizia, viabilità, giustizia.
Il resto, sticazzi.
Invece no.
Questi candidati de noantri, piovuti dalle segreterie, portatori sani (forse) di interessi pubblici e privati, vergano pagine e pagine con parole altisonanti, con descrizioni dettagliati fino a stabilire la lunghezza dei capelli dei ghisa.
Ma ve lo ricordate il programma di Prodi?
L’intellighenzia di sinistra chiusa per mesi a scrivere un tomo che la Treccani sembrava un tascabile, per vincere poi di quattro voti.
Perché dovete saperlo, cari amici milanesi, il Programma è solo il patto il col diavolo, è la promessa di dare a tutti visibilità, spazio, cariche, è il compromesso storico fatto vita quotidiana, è il cemento che aggrega forze politiche e movimenti diversi e in disaccordo tra di loro, ma che si uniscono su minimi comuni denominatori fatti spesso di fuffa e fumo.
Il Programma, amici milanesi, il giorno dopo le elezioni diventa archeologia.
Anzi, pure prima, perché la Legge se ne fotte del Programma; la Legge vuole che eleggiate un amministratore e i suoi consiglieri.
La Legge vuole che voi e il vostro Sindaco rispettiate essa stessa, la Legge appunto, e se ne fotte di quello che dite, conta solo quello che fate.
E quel bel programma, un secondo dopo le elezioni, sarà disatteso da tutti, perché è impossibile, a Milano come a Roma, governare senza qualità essenziali: onestà, serietà, credibilità, coerenza, visione.
Il Programma? Dieci piani di morbidezza.