Quando si usava tirar fuori il “brocardo” in latino e c’era pure chi ne capiva il significato, si diceva: “promoveatur ut amoveatur”. Cioè: sia promosso così ce lo leviamo dalle scatole.
Passano gli anni e certi detti, in latino o in italiano (ed anche, magari, in inglese) non funzionano più. Prendete il caso del P.M. palermitano, meglio noto come “quello di Scarantino” e, più ancora recentemente, visto che Scarantino è meglio dimenticarlo, “quello del processo trattativa”.
Promuoverlo? Si lamenta (e ricorre al T.A.R.) perché lo hanno bocciato al concorso per la Procura Nazionale Antimafia (sede a Roma). A volere la “promozione” sono anche i suoi fans, malgrado i precedenti ed altri significativi elementi di giudizio.
“L’amoveatur” la rimozione da Palermo gli era stata offerta per motivi di sicurezza, di fronte alla “minaccia del bidone”, quello “avente contenuto” due o trecento kg di esplosivo, vaganti da un paio d’anni per Palermo e dintorni, acquistati con pubblica sottoscrizione mafiosa per un attentato alla sua vita commissionato da Totò Riina, anzi, no, da Messina Denaro.
Ma quell’offerta Di Matteo l’ha sdegnosamente respinta. Non è uomo da farsi intimidire da un bidone e da lasciare il suo posto in prima linea. Però vuole andare alla Procura Nazionale Antimafia (a Roma?). I suoi fans delle confraternite “Agende Rosse” e “Scorta Civica” strepitano perché l’hanno bocciato, inveiscono (è da ritenere se non per mandato, certo col suo pieno consenso) contro l’insensibilità di “quelli di Roma”, e non solo, che misconoscono il suo principale “titolo”: è in pericolo di vita, c’è il bidone, la “condanna a morte” di Totò Riina, anzi di Messina Denaro.
C’è da rimanere, come si dice in Sicilia “basiti”. Ma insomma se ne ha da andare, se ne vuole andare o no? E’ in pericolo solo ai fini del “promoveatur” o anche a quelli dell’”amoveatur”? (non diciamo dello “scappatur” che sarebbe assai irriguardoso).
Per usare un linguaggio meno maccheronico e più curialesco, questo “pericolo del bidone” ha una doppia valenza. Ed ha pure una spiegazione. L’avevamo già data, ma, per insistere con il nostro obsoleto e scalcinato “latinorum: repetita juvent.
La soluzione del mistero è nell’espediente tutt’altro che nuovo dei Sostituti Procuratori Nazionali Antimafia. Sono in forza di tale Procura (sede a Roma). Dove Di Matteo vorrebbe andare (questo il… “promoveatur”). Ma, ciò malgrado, il Nostro potrà benissimo rimanere a Palermo, al “suo” processo per il “tentativo dello Stato di subire le intimidazioni della mafia”. Con il dono dell’ubiquità (detta anche “bilocazione”) come Sant’Antonio. Nossignori. Scherziamo con i Fanti (e con i magistrati). Ma lasciamo stare i Santi. Molto più semplice ed umanamente burocratico: il Nostro potrebbe farsi “distaccare” presso la Procura distrettuale Antimafia di Palermo (cioè rimanere dove sta).
Altri Sostituti Procuratori Nazionali per anni si sono sobbarcati (si fa per dire) a queste trasferte. Naturalmente con la relativa indennità. Che per il caso specifico sarebbe una “indennità di trasferta virtuale”, cioè di inamovibilità.
Naturalmente tutto questo non ce l’ha detto Di Matteo, e nemmeno che so, l’Ingegner Fratello, Leader dei suoi fanatici. Ma non lo ha nemmeno escluso, né ha chiarito che cosa intende fare.
Anzi, forse Di Matteo è così preso dalla sua “Trattativa” che non ci ha nemmeno pensato. Si tratterà, magari di un nostro “pensar male”. Speriamo che non ci raggiunga, per questo “suggerimento”, che so, un avviso di garanzia per “tentativo di induzione truffa”.
Non si sa mai.
Mauro Mellini