Ad intervistare l’avvocato Eugenio Pini, da anni noto come difensore degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, lo staff della pagina Facebook di Siamo TUTTI Cretini, che aveva così anticipato l’intervista:
A seguito delle minacce di morte e dalle offese ricevute dai Carabinieri coinvolti nel processo bis relativo alla morte del Signor Stefano Cucchi, abbiamo deciso come pagina di rompere momentaneamente il silenzio su questo caso. I processi si fanno in Tribunale e grazie alla tenacia della famiglia Cucchi un nuovo processo si sta istruendo nei confronti dei carabinieri che arrestarono il Signor Stefano Cucchi. Tuttavia, la sorella del Signor Cucchi nei giorni scorsi ha postato su fb una foto di Francesco Tedesco, uno dei carabinieri coinvolti nel processo bis, additandolo come assassino e gettandolo di fatto alla pubblica gogna per un reato di cui non è neppure ancora accusato. Purtroppo questa foto così come l’insistente diffusione delle foto del fratello scattate dopo l’autopsia, stanno avendo un impatto mediatico rilevante e rischiano di distorcere la realtà dei fatti oltre che mettere in pericolo la vita delle persone coinvolte. Ricordiamo che il processo per omicidio sta continuando, dopo già tre gradi di giudizio, nei confronti dei medici che ebbero in cura il Signor Cucchi. Nel medesimo processo i tre agenti della Polizia Penitenziaria inizialmente accusati e additati come assassini sono stati assolti con sentenza passata in giudicato.
Questa l’intervista all’avvocato Pini:
Avvocato, l’attualità ci impone di iniziare dal caso Cucchi e dalla pubblicazione da parte della signora Ilaria Cucchi della foto del Suo assistito, Francesco Tedesco, cosa può dirci in merito?
Ci troviamo innanzi ad un contesto di eccezionale gravità senza precedenti nella storia giudiziaria italiana.
Se questa condotta resterà impunita, passerà il principio secondo il quale ogni persona che ritenga, anche solo nella sua intimità, di aver subito un’ingiustizia sarà autorizzata e legittimata a gesti di questa matrice e ad esporre chiunque al pubblico ludibrio con ripercussioni incontenibili e violentissime.
Questa azione supera e rende quasi superfluo ogni interrogativo sui motivi della azione stessa; si deve, pertanto, essere perentori ed irremovibili: non possono e non devono più accadere fatti simili.
La percezione che ho avuto sulle conseguenze di questa iniziativa della signora Cucchi è che ha sollevato l’indignazione e lo sdegno tanto degli innocentisti quanto dei colpevolisti poiché la sensazione che si è avuta è stata quella del travalicamento del rispetto della dignità umana.
Entrando nel particolare, parliamo di un militare, appartenente all’Arma dei Carabinieri, che è indagato in un procedimento penale e ripeto indagato e non imputato.
Preciso, altresì, che il mio assistito oltre ad essere sostanzialmente innocente lo è e lo sarà, chiaramente, anche formalmente fino alla eventuale condanna definitiva.
Si pensi che la Cucchi si è spinta tanto oltre da indicare come assassino una persona senza che ad oggi, dopo anni di attività giudiziaria, si sia accertata definitivamente la causa della morte del fratello.
Come ho già avuto modo di dichiarare, tutelerò il mio assistito tanto sotto il profilo penale che civile e per questo ultimo il mio studio sta predisponendo un’azione per un maxi risarcimento.
Cosa può dire in merito al processo Cucchi bis?
Non voglio ledere o ridurre il campo di difesa del mio assistito quindi mi asterrò da ogni dichiarazione o anticipazioni difensive, parlerò quando sarà il momento e se sarà opportuno.
Desidero solo precisare che le intercettazioni telefoniche che sono state divulgate dai giornali negli ultimi giorni, seppur prive di qualsivoglia riscontro ed essendo utili solo a tenere alto l’interesse mediatico sul caso, riguardano la signora Anna Carino e il suo ex marito Signor Raffaele D’Alessandro, e non il mio assistito.
Che può dire in merito alla celebrazione mediatica dei processi relativi agli appartenenti alle Forze dell’Ordine che riguardò anche il caso Aldrovandi?
Il copione fu esattamente il medesimo, è un metodo ricercato ed una strategia studiata che vede l’utilizzo di consueti canali. La finalità è chiaramente quella di creare interesse mediatico sul caso; del resto questo è un fatto che gli stessi interessati manifestano espressamente senza farne mistero.
Ne consegue una pressione mediatica incalzante ed asfissiante.
Incidentalmente, sul caso Aldrovandi, posso anche aggiungere che il risarcimento è stato pagato ai familiari con soldi dei contribuenti e quindi della collettività; sul punto posso dare una informazione recentissima ovvero che la Corte dei Conti di Appello, concludendo l’intero procedimento relativo al danno erariale, ha statuito che dei 1.870.000 € erogati agli aventi diritto, 1.710.000 € rimanessero a carico dell’Amministrazione e quindi a carico della collettività, di tutti noi.
Ciò in quanto è stata statuita una responsabilità concausale dell’Amministrazione per la carenza di formazione e di strumenti forniti agli agenti operanti.
Questo deve essere di monito per tutti: in questi casi non si deve parlare di mostri da esporre alla gogna mediatica, scoprendo poi che in parte, e nel caso specifico per la maggior parte, quasi l’esclusività, la responsabilità è da attribuire al sistema sicurezza, ovvero alle carenze del sistema.
Tornando al generale, le conseguenze di questi attacchi mediatici alle FFOO sono sotto gli occhi di tutti e non sono piacevoli soprattutto per gli appartenenti alle Forze di polizia interessate che sono le parti deboli del meccanismo.
Non può neanche essere sottovalutata la pressione subita e percepita da tutte le parti processuali Magistrati compresi.
Inoltre, non faccio mistero del fatto che in generale difendere un appartenente alle Forze dell’Ordine crea condizioni peggiori di quelle che si vivono difendendo persone accusate di gravissimi reati.
Personalmente mi è stato chiesto di attendere in aula l’uscita del pubblico per evitare contatti, sono stato spesso scortato all’uscita del tribunale, ho ricevuto minacce nei corridoi delle aule di giustizia, spintoni e sguardi di ogni genere.
Sono persino arrivati a minacciare i miei figli, non saprei cosa aggiungere per far comprendere l’assurdità di tutto questo.
Ad ogni modo penso questo: se da avvocato ho la fortuna di essere scelto quale difensore degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, da cittadino scelgo io di schierarmi in loro favore.
Del resto sono un ex appartenente alla Polizia di Stato e quindi conosco le condizioni in cui sono costretti ad operare.
La maggior parte dei cittadini ritiene che le parti deboli siano le parti offese, Lei la pensa esattamente al contrario?
Si, è esattamente il contrario di quello che pensano erroneamente le persone.
La parte debole della vicenda è spesso rappresentata dall’appartenente alle Forze dell’Ordine accusato nel procedimento.
Poc’anzi, quando ho parlato di strategia studiata, intendevo proprio questo.
Creare una pressione mediatica di questo elevatissimo livello stritola la persona coinvolta fino a lasciarla sola e a togliergli ogni lucidità, tanto che quando si affrontano casi del genere non si deve sottovalutare l’aspetto psicologico.
I dati obiettivi che mi fanno propendere per questa posizione sono diversi.
Si pensi ad esempio alle possibilità economiche per sostenere la difesa, che il più delle volte sono fortemente ridotte. In questi casi spetterebbe un sostegno economico per la tutela legale da parte dell’Amministrazione di appartenenza che però spesso, anche in ragione del caso mediatico creato, rifiuta di elargire somme con conseguenze significative sull’esercizio del diritto di difesa; spetterebbe anche un sostegno per fare fronte alle spese dei consulenti tecnici e tutto questo è il più delle volte negato.
Si pensi anche alla perdita della serenità familiare, alle gravi conseguenze sui figli, sui parenti e sugli amici determinate dalla mediaticità ed esposizione negativa della persona coinvolta.
Si pensi ancora alle conseguenze disciplinari derivanti dal clamore mediatico che creano difficoltà lavorative che possono andare dal trasferimento alla sospensione dal servizio con conseguente riduzione dello stipendio, già esiguo.
In altre parole, queste non sono condizioni accettabili per poter sostenere un giudizio rigoroso e complesso, come è il più delle volte.
Posso affermare che è necessario anche un intervento legislativo serio per impedire tutto questo, che incida sulla procedura da applicare in questi casi.
Ritengo infatti che il dipendente coinvolto, in considerazione del fatto che il processo è sorto a causa ed in ragione del servizio prestato in favore della collettività e non in ragione della ricerca di un illecito arricchimento o di un illegittimo vantaggio, debba essere messo nelle migliori condizioni possibili per potersi difendere; però in Italia accade esattamente il contrario e questo non è accettabile.
Il Paese deve proteggere chi lavora per la comunità, per chi nella vita ha scelto di svolgere un lavoro pericoloso in favore del prossimo e non diretto a se stesso.
Parliamo di persone che hanno scelto come ragione di vita la tutela del prossimo, che dal primo giorno in cui hanno indossato una divisa hanno anteposto il prossimo a se stessi.
Non dovrei essere io a sostenere questo ma il solito grande assente, ovvero la politica che, ad eccezione di pochissimi, si avvale quotidianamente dei servizi degli appartenenti alle Forze dell’Ordine salvo poi abbandonarli, renderli reietti senza dignità nel momento del loro bisogno.
Si badi bene, questa non è una questione di schieramento politico, di destra o di sinistra, ma riguarda la sicurezza di tutti noi.
Ad oggi le persone pretendono sicurezza senza però considerare le difficoltà dovute alle assenze di mezzi, di strumenti e di formazione degli operatori.
Le persone non si rendono conto delle difficoltà del lavoro di operatore della sicurezza; questo è un lavoro che richiede conoscenze giuridiche, capacità tecnico-operative, preparazione fisica, intuizione etc.; deve passare il principio che questo è un lavoro tecnico, che richiede un grande grado di specializzazione e qualità.
L’Italia è un paese sempre pronto a minare l’onorabilità delle divise, sempre pronto a schierarsi contro chi lavora per la sicurezza ignorando le difficoltà.
Quindi, la sintesi mi impone delle domande precise: interessa la sicurezza, interessa la tutela della persona, del patrimonio, dell’ordine democratico? Sono questi beni ritenuti primari e irrinunciabili?
Ed allora, se la risposta è affermativa iniziamo con il rispetto e con il riconoscimento del lavoro di tutte le divise, iniziamo dal dare loro mezzi, formazione, strumenti idonei degni di un paese civile.
Non si sottovaluti il malcontento dei servitori dello Stato, non si sottovaluti la diffusione di tale condizione di precarietà lavorativa che riguarda, a ben vedere, anche altri settori del pubblico impiego.
E’ infatti sotto l’occhio di tutti che coloro che lavorano per la collettività si trovano a dare servizi senza mezzi e a pagare le conseguenze di queste carenze in aule di giustizia.
Ad oggi la vera contrapposizione è tra chi lavora per la collettività e coloro che invece pretendono senza comprendere le difficoltà legate alla carenza di mezzi e di risorse e, soprattutto, che non realizzano che il disservizio non dipende dall’operatore ma dagli esigui strumenti che gli sono dati.
Avvocato noi sappiamo che Lei è il Presidente di una Associazione.
Si, corretto.
Sono il Presidente del LES – Legalità e Sicurezza, un Forum a tutela della legalità e sicurezza.
Il LES nasce con lo scopo di affermare in modo perentorio che la condivisione dello spazio, la vita in comune, debba essere improntata al rispetto reciproco al rispetto della legalità e della sicurezza di tutti.
Su questo presupposto vuole dare un supporto attivo a tutti coloro che lavorano per la sicurezza della collettività.
Si prefigge proprio lo scopo di riunire tutti i cittadini che ritengono prevalente la questione sicurezza e che sostengono il lavoro svolto dagli appartenenti delle Forze dell’Ordine.
In sostanza: se un gruppo come il Vostro di Siamo TUTTI Cretini ha uno spirito di aggregazione e di solidarietà tra appartenenti delle Forze dell’Ordine e tra Forze dell’Ordine e cittadini; se i sindacati hanno un preciso scopo di tutela dei lavoratori appartenenti al comparto sicurezza e si interfacciano con le Amministrazioni di appartenenza; il LES vuole parlare a tutti, in particolare ai cittadini, aggregarli e creare un forza mediatica favorevole al principio che la sicurezza passa per appartenenti delle Forze dell’Ordine motivati e preparati, vuole anche chiedere alla politica interventi seri e risolutivi di tutte le criticità di cui ho detto, il LES vuole essere un supporto esterno tecnico-giuridico per gli appartenenti alle Forze di polizia.
Questo è il momento dell’unione e della coesione anche tra le Forze dell’Ordine e i cittadini, oramai non si può più prescindere da una seria spinta dal basso per riequilibrare una realtà sociale che è divenuta insostenibile, indirizzata dalla mediaticità e diretta ai soli interessi privati.
Dobbiamo tornare a pensare al pubblico ed al bene pubblico e dobbiamo iniziare dal primo elemento che consente di vivere in collettività, dalla condizione principe senza la quale nulla potrebbe esistere: la sicurezza e la tutela della sicurezza.
Sono convinto che tutti insieme riusciremo.
Avvocato Pini in conclusione a questa lunga intervista, vuole aggiungere qualcosa?
Quello che è accaduto in questi giorni è stato un atto ben preciso e, ritengo, che l’intera categoria debba prendere posizione.
Quanto subito dal mio assistito non può essere accettato da nessuno, e mi chiedo se questa volta la Camera dei Deputati si alzerà in piedi o meno in vostro favore quale alle Forze dell’Ordine?
Non è una questione di appartenenza o di sostegno di una o dell’altra parte, questa è una questione che riguarda la sicurezza in genere, la dignità delle persone e la dignità di tutti gli appartenenti alla categoria.
Ritengo che si debba lottare tutti insieme, con i corretti modi, per il diritto alla sicurezza che necessariamente deve passare per i diritti di tutti gli individui e nel caso di specie degli appartenenti alle Forze dell’Ordine.
L’intervista è stata pubblicata sulla pagina Facebook del LES – Legalità e Sicurezza,