Raïf Badawi, ha ricevuto il premio Sakharov dei diritti umani, ritirato dalla moglie Ensaf Haidar al Parlamento Europeo, mercoledì 16.
Un premio più che meritato mentre il blogger, incarcerato dal 2012 per “insulti contro l”Islam”, condannato a mille colpi di frusta e 10 anni di prigione, incarcerato per essersi “espresso” e che ha iniziato uno sciopero della fame. E’ diventato un simbolo della lotta per la libertà d’espressione. Non ha ceduto alle prime intimidazioni nel 2009 e la moglie si è dovuta rifugiare con i tre figli in Canada.
Riyad potrebbe cogliere l’occasione per “ammorbidire” la propria politica di disprezzo dei diritti umani. Dalla libertà d’espressione ai diritti delle donne, tutto è calpestato. Le recenti elezioni alle quali per la prima volta hanno partecipato delle donne sono state in realtà fumo negli occhi altro che svolta storica.
In realtà l’Arabia Saudita continua senza vergogna ad applicare la pena di morte in modo quasi industriale, sorda ai richiami della comunità internazionale ed alle continue segnalazioni di associazioni quali Amnesty International. Non si capisce se l’Onu si è sbagliata o ha voluto lanciare un segnale – assai enigmatico – alla monarchia nominando il saudita Faisal bin Hassan Trad a capo di un panel sui diritti umani. E non dimentichiamo che tra i condannati recenti c’è Ali Mohammed al-Nimr, che a 17 anni aveva manifestato nel corso della Primavera araba e del quale non si hanno notizie chiare.
Raïf Badawi merita il premio Sakharov per aver resistito alle pressioni ed essersi battuto per la libertà d’espressione, lo merita anche in nome di tutti coloro che rappresenta, anche dei meno “colti”, condannati a pene sproporzionate ai crimini, talvolta decapitati, talvolta semplicemente dimenticati in qualche cella.
L’Arabia Saudita resta molto utile per la lotta contro l’Isis ma questo non le dovrebbe consentire di calpestare i diritti umani e l’Unione Europea dovrebbe avere il coraggio di alzare più forte la voce finché monarchia continuerà ad essere nella lista nera delle Organizzazioni per il rispetto dei diritti umani.
Luisa Pace