In questi giorni di furente, sterile polemica sull’infelice sortita di Roberto Vecchioni, mi è capitato di scorrere su Google un libro del ‘600 “Itinerario overo nuova descrizione dei principali viaggi d’Italia”, del giureconsulto belga Franciscus Schott (italianizzato Francesco Scoto), pubblicato (postumo) in Venezia nel 1665, nel quale l’Autore presenta la Sicilia come una realtà economica prospera, rilevando, altresì, il carattere contraddittorio dei suoi abitanti definiti: ingegnosi e volitivi, ma anche sospettosi, gelosi, vendicativi e, talvolta, di mano lesta..Cose note, in verità, descritte da vari autori, fra i quali- segnalo- l’inglese Abulafia che si diffonde sulla Sicilia del 1300.
Sicilia felicissima? Per pochi senz’altro. Poichè tale ricchezza era appannaggio delle elites nobiliari e dei grandi mercanti calati in Sicilia dal nord italiano ed europeo.
Le plebi affogavano nella miseria, nell’ignoranza, nelle malattie, nelle ingiustizie, nella schiavitù. Una condizione infame che, quasi, nessuno richiama, descrive.
Tuttavia, data la circostanza, le pagine di Scoto possono essere utili perchè mostrano una realtà che, almeno sul piano meramente economico, non era seconda ad altre, in Europa e nel Mediterraneo.
La Sicilia era, dunque, una realtà “appetibile”, si direbbe oggi, per la varietà e l’abbondanza delle sue risorse naturali e agricole, minerarie, per le produzioni industriali, per i suoi traffici e commerci. Talmente appetibile da divenire preda prelibata, oggetto di frequenti incursioni piratesche e di una sequela di occupazioni straniere.
Segnalo queste pagine non per alimentare il ns inveterato, smisurato orgoglio (sentimento da contenere perchè fa stravedere), quanto per sollecitare una seria riflessione sui processi storici e sulle vicende politiche recenti che hanno visto decadere ulteriormente il ruolo economico e culturale della ns Isola, per cercare una risposta comune all’atroce domanda, tutt’ora inevasa: perchè oggi la Sicilia, che discende da cotanto “splendore”, si trova in questo stato di emarginazione, d’illegalità, di malgoverno?
La risposta non è facile. Anche perchè nella ricerca molti hanno preso la via più breve, più comoda: quella di scaricare, prevalentemente, le colpe sui nemici esterni (che non mancano), forse per coprire quelle dei nemici interni che sono molti di più e alla vista di tutti. E più dannosi.
Agostino Spataro