Qualunque valutazione possa essere data del “caso Marino”, è impossibile fare a meno di prendere atto, traendone tutte le condizioni, che si è in presenza di un personaggio essenzialmente comico. Una comicità che non può essere cancellata da qualsiasi altra circostanza, benché grave ed essenziale di questa vicenda.
Si direbbe che i gesti più rilevanti di Marino, gli atteggiamenti contraddittori e sconcertanti da lui assunti, siano stati conformi ad un copione scritto da un suo nemico dotato di un perfido senso della satira.
Ma la vicenda non è solo comica.
Personaggi altrettanto inconcepibili non sono stati fatti oggetto di altrettanta insofferenza.
Se è vero che volentieri si presta a chi molto possiede, ad un certo punto si è fatto a gara ad appiccicargli addosso quanto gli mancava, ed anche ciò che non gli mancava affatto, a farne uno zimbello di livello internazionale.
Cominciamo col dire che a cacciare Marino dalla sua poltrona di Sindaco è stato il Vaticano, il Papa in persona, che lo ha preso, poco paternamente, “a pesci in faccia”.
Il resto lo ha fatto la combine della simulazione della telefonata a Monsignor Piazza, spettacolo televisivo troppo ben riuscito per essere genuino, cioé la solita “falsa telefonata”, ed in cui è stato detto tutto quanto poteva rimaner da dire dopo le “esternazioni” pontificie.
E poi il grottesco della stoccata finale.
Non è che l’uso disinvolto della carta di credito di dotazione comunale fosse un nonnulla. Ma è certo che si è ricorsi alla vellicazione dei peggiori istinti della gente facendogli carico pure del preteso abuso dell’addebito al Comune di otto euro e rotti per la colazione offerta ad uno scampato di Auschwitz (le colazioni in Polonia sono veramente a buon mercato!!!) mentre era in visita “ratione numeris”.
Solo la comicità del provvedimento del Governo Renzi (allontanamento degli affari del Comune, “dimezzamento”, mafia “rionale” etc.) può ammettersi come involontariamente comico. Nel resto c’è un impegno particolare a far risaltare gli aspetti impresentabili del personaggio.
Contrario sempre alle dietrologie mi limito a prendere atto di quanto appare evidente.
Gli affari a Roma sono sempre intricati, ma vi sono delle costanti. Basterebbe una mediocre informazione su certi “movimenti” degli ultimi tempi per capire ed aver certezza quali piedi abbia pestato Marino così da provocare le reazioni che lo hanno travolto.
L’epoca dei grandi affari immobiliari (ricordate la “Generale Immobiliare” ed il processo a Jannuzzi e Scalfari etc. etc.?) è da tempo tramontata. La sostituisce, come in Sicilia, come in tutta Italia, l’epoca degli affari su appalti, concessioni di servizi pubblici di pubblica utilità, “opere di bene” sovvenzionate etc. etc.
Affari in tempo di crisi. Ma non di crisi per gli affaristi. L’inchiesta per “mafia capitale”, probabilmente alquanto deviata proprio gonfiandola con il solito “argomento mafia”, contiene certamente molte chiavi di lettura anche delle più specifiche, comiche vicende Marino.
Un’ultima considerazione: tutta questa storia poco eroica e molto comica dà la misura della fragilità della “democrazia del gradimento” (e della politica del contrasto, con relativo parassitismo, a quella del malumore) e di tutto il “sistema Renzi”. Non c’è da aspettarsi clamorose novità in quella direzione, ma è certo che solo un’ottusità testarda potrebbe portare a negare tale conseguenza tutt’altro che secondaria. Vedremo chi ne saprà profittare.
Mauro Mellini