Reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata a danno di una società romana – distributrice di energia elettrica in favore delle imprese associate ad un primario organismo di rappresentanza nazionale – dichiarata fallita, nel mese di novembre 2014, dal Tribunale capitolino: distratti oltre 30 milioni di euro.
Queste sono le condotte penalmente rilevanti poste alla base dell’ordinanza di applicazione della misura interdittiva del “divieto di esercitare cariche direttive delle persone giuridiche e delle imprese” eseguita nei confronti di sei indagati dai militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Roma.
Le indagini di polizia giudiziaria, inizialmente dirette a riscontrare l’effettività e la reale consistenza delle cessioni di energia elettrica poste in essere tra diverse società operanti nello specifico settore, consentivano, tra l’altro, di far luce su un articolato e differenziato meccanismo fraudolento, attuato mediante:
- l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, relative per la maggior parte asovrafatturazioni per provvigioni non spettanti;
- la ricezione di note di credito da parte di un fornitore, per importi elevati e senza la restituzione della correlata liquidità in precedenza corrisposta;
- la concessione di finanziamenti infruttiferi e l’anticipo di ingenti risorse economiche ad ulteriori società riconducibili agli indagati, in realtà mai restituiti.
Le predette operazioni sono state realizzate al solo fine di distrarre risorse economiche dalla società fallita, convogliandole verso soggetti, apparentemente terzi, ma di fatto riconducibili agli indagati. In tale quadro, al fine di schermare le attività illecite poste in essere, i sodali si sono avvalsi anche di società fiduciarie.
Le condotte fraudolente, attuate dal 2010 al 2014, sono state poste in essere dai sei soggetti colpiti dalla misura interdittiva, che si sono succeduti – nel periodo oggetto di indagine – nel ruolo di amministratore della società fallita. Gli stessi sono residenti nelle province di Torino, Cuneo, Milano, Bergamo, Piacenza e Avellino ed alcuni di essi risultano ricoprire cariche direttive in ulteriori società, anche di rilevanza nazionale.
In esito a dette indagini di polizia giudiziaria e previo nulla osta dell’Autorità Giudiziaria, sonostate, altresì, constatate nei confronti della società fallita specifiche violazioni di carattere fiscale, individuando oltre 345 milioni di euro di elementi negativi non deducibili ed un’Iva indebitamente detratta per un ammontare pari a circa 35 milioni di euro.