Aveva da poco compiuto il suo centesimo anno di vita. Si è spento così, dopo che da anni si era appartato in un silenzio che rifletteva la sua tendenza a chiudersi spesso in sé stesso.
E’ morto lasciando il vuoto di un’altra delle figure che avevano dato un senso, un significato ed una speranza alla vita politica del nostro Paese.
Non starò a ripetere quanto scrissi in occasione del suo ultimo compleanno. Altri scrivono oggi che se fosse riuscito, tanti anni fa, finita l’era di Togliatti, a prendere in mano la guida del Partito Comunista, forse diversa e migliore sarebbe stata la storia del nostro Paese. Non lo credo e non solo per l’ovvio motivo che le ipotesi di un diverso corso della storia fondata sui “se”, sono ipotesi oziose, ma anche perché il meglio della sua figura era in un’intima generosità che non sempre riesce a creare ciò che sogna. La sua propensione per una Sinistra aperta più ai movimenti che ai dialoghi con i partiti al potere, era, in fondo, frutto di un ottimismo non giustificato, nei confronti di una delle forme più “facili” e, forse, peggiori, delle espressioni della frustrazione della piccola e media borghesia italiana che, secondo la lucida analisi di Antonio Gramsci, ci aveva già dato il fascismo. E ci ha dato il terrorismo ed altre cose non certo apprezzabili.
Non è questo però che di Pietro Ingrao mi piace ricordare, come non sono queste elucubrazioni ideologiche di altri, certo troppo al di sopra di me, che possono per me fare il metro di persone ed avvenimenti.
Pietro Ingrao è stato un Uomo di grande coerenza, di testarda fede, generoso nel rapporto con amici ed avversari.
Così l’ho conosciuto e così lo ricordo e vorrei che lo ricordassero quelli che potranno farlo più a lungo di me.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info