Recentemente, a causa della proposta del Ministro Orlando (poi rifiutata) di far parte come consulente di una commissione istituita per la riforma degli istituti penali, è tornato alla ribalta Adriano Sofri.
La proposta in sé (chiedere a una persona di chiaro spessore intellettuale, ancorché pregiudicato, di dare un parere sullo stato delle carceri) era abbastanza razionale, ma quando si parla di Sofri la razionalità in questo paese finisce rapidamente in soffitta per dare spazio alla pancia.
Ho letto in questi giorni commenti a dir poco inaccettabili, come quello dell’ineffabile segretario del SAPPE (sindacato della polizia penitenziaria) che ironizza paragonando Sofri a Totò Riina, come se tutti i condannati fossero uguali indipendentemente dalla qualità e quantità di delitti commessi.
Ci sono stati anche commenti giustamente perplessi come quelli della famiglia Calabresi. Per chi non lo sapesse Sofri è stato condannato in via definitiva a 22 anni come mandante dell’omicidio del Commissario di Polizia Luigi Calabresi, ed è sacrosanto che il figlio, Direttore della Stampa e scrittore, si chieda se la proposta sia sensata.
Infine i beceri commenti del web, tra persone e personaggi di dubbio spessore che parlano e giudicano credo senza sapere la storia di questa persona e del nostro Paese.
Per parlare di Sofri servirebbero libri e libri interi perché la sua vicenda è strettamente intrecciata con trenta anni di politica, società, magistratura, polizia italiana.
A chi voglia farsi un’idea in maniera più leggera consiglio il libro illustrato che il Premio Nobel per la Letteratura Dario Fo ha scritto qualche anno fa sul caso.
Lo potete trovare su Amazon a questo indirizzo http://www.amazon.com/Marino-Libero-Innocente-Italian-Edition/dp/8806149342
Io ho scelto invece per raccontare il caso Sofri una forma di dialogo tra domane e risposte.
Sono domande circostanziate con risposte fattuali, per dare a tutti la possibilità di giudicare se questo astio e livore nei suoi confronti siano giustificati.
Ma non voglio nascondermi dietro un dito, il mio giudizio è netto: il caso Sofri si inserisce in una casistica giudiziaria che in Italia è purtroppo piuttosto vasta, di cui fanno parte ad esempio il caso Tortora, l’omicidio della Sapienza con Scattone e Ferraro, l’omicidio di Cogne, il caso Meredith a Perugia, la strage di Bologna per cui sono stati condannati Mambro e Fioravanti, i vari imputati del delitto di Via Poma, e altri che hanno riempito le cronache italiane negli ultimi 40 anni.
Tutti questi casi, e altri che sarebbe troppo lungo elencare, pur avendo matrici e conclusioni differenti hanno in comune una cosa importante: sono caratterizzati dalla totale assenza di prove.
Prove, intendo dire, fatte di riscontri oggettivi, di posizionamento corretto del colpevole, di elementi che potrebbero sostenere l’accusa in un tribunale americano dove la colpevolezza deve essere provata al di là di ogni ragionevole dubbio.
Invece sono tutti casi giudiziari labili, fragili, in cui le testimonianze sono quasi sempre l’unico elemento a favore dell’accusa, testimonianze spesso lacunose, contraddittorie, fatte da personaggi spesso non credibili o addirittura incredibili, che ottengono con queste testimonianze spesso dei benefici. Testimonianze che portano a condanne che non convincono mai nessuno.
Le sentenze si rispettano, ma si possono criticare, con serenità e intelligenza.
Nel caso di Sofri io credo che l’accanimento sia stato particolarmente forte, per ovvi motivi politici, sociali, e anche per chiudere una ferita aperta, quella del terribile, insensato, violento, inumano omicidio del Commissario Calabresi, una persona perbene che faceva con serietà e passione il proprio lavoro.
Buona lettura a chi deciderà di continuare.
D: Per quale reato è stato condannato Adriano Sofri?
R: Nel 1997 Adriano Sofri, insieme a Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani, è stato condannato a 22 anni di reclusione quale mandante dell’omicidio del Commissario Luigi Calabresi, avvenuto il 17 Maggio 1972 a Milano
D. Chi è stato l’esecutore materiale dell’omicidio?
R: Leonardo Marino, che si è autoaccusato dell’omicidio indicando in Bompressi l’altro componente del commando, e in Adriano Sofri e Pietrostefani i mandanti.
D: Quali sarebbero state le colpe del Commissario Calabresi?
R: A seguito della strage di Piazza Fontana la polizia fermò un certo numero di anarchici e altri potenziali estremisti. Durante un interrogatorio nella Questura di Milano uno di costoro, Giuseppe Pinelli, trattenuto per tre giorni in violazione dei dispositivi di legge, morì cadendo dalla finestra dell’ufficio del Commissario, in circostanze misteriose e mai chiarite veramente. Sembra assodato che il Commissario Calabresi non fosse presente al momento della caduta, come da testimonianze dei poliziotti presenti e del Questore.
D: Perché Adriano Sofri avrebbe voluto la morte del Commissario Calabresi?
R: Subito dopo l’incidente a Pinelli Lotta Continua, movimento extraparlamentare di sinistra di cui Sofri era uno dei leader, iniziò una violenta campagna stampa contro Calabresi, che arrivò ad impersonare l’emblema della violenza di Stato. I toni erano accesi e violenti, e la sicurezza di Calabresi fu messa in dubbio ripetutamente. Analoghi attacchi vennero anche dalla sinistra parlamentare, ad esempio da Camilla Cederna e Riccardo Lombardi. Sull’Espresso fu pubblicato un appello da molti politici e intellettuali di sinistra che accusavano la magistratura di proteggere Calabresi contro l’evidenza dei fatti.
D: Dopo quanto tempo Marino confessò l’omicidio?
R: Dopo sedici anni. Nel 1988 ebbe una crisi di coscienza, confessò l’omicidio ad un sacerdote e poi alla magistratura, dando inizio all’iter processuale che si concluse solo dopo ulteriori 9 anni, nel 1997 con la condanna definitiva dei tre.
D: La confessione di Marino va a confermare sospetti o indizi raccolti dagli inquirenti in quei 16 anni?
R: No. Nei sedici anni precedenti alla confessione di Marino polizia e magistratura non hanno raccolto alcun indizio sui possibili autori, mandanti e motivi dell’omicidio. Le ipotesi allo studio erano le più disparate, dall’ambiente anarchico, all’estrema destra. In ogni caso non era stato possibile raccogliere alcun elemento.
D: Marino, una volta aperta la crisi di coscienza, si rivolge subito alla magistratura?
R: No. Per circa un mese sostiene continui colloqui per lo più notturni in una caserma dei Carabinieri, dove questi colloqui vengono ritenuti informali e non verbalizzati.
D: Quanti sono stati i processi a Sofri per l’Omicidio Calabresi?
R: In totale i processi principali sono stati 7, tra assoluzioni, annullamenti e condanne. La storia processuale è molto complessa, ma la parte più rilevante è costituita dalla “sentenza suicida” (vedi in seguito)
D: Cos’è la sentenza suicida e come entra nel processo a Sofri?
R: Dopo la prima condanna Sofri non fa appello che però viene indetto lo stesso per la richiesta degli altri imputati (incluso Marino). Il secondo grado di giudizio conferma le condanne; tuttavia la Corte di Cassazione annullò la sentenza con conseguente rinvio ad un altro appello con la motivazione che era impossibile eseguire una condanna per un reato così grave sulla sola base della chiamata in correo senza altri riscontri oggettivi (che non furono introdotti nei processi seguenti).
Nell’appello successivo i tre vennero assolti per non aver commesso il fatto. la relazione conclusiva tuttavia, da parte dei giudici togati, era costruita in maniera totalmente incoerente rispetto alla sentenza: la famosa “sentenza suicida”, così chiamata perché in questo caso il collegio giudicante si “suicida” rispetto ad una sentenza, e quindi nonostante il procuratore non avesse fatto appello la Cassazione fu di fatto obbligata ad annullare una sentenza di assoluzione piena. La sentenza suicida viene universalmente ritenuta un’aberrazione giudiziaria che permette ai giudici togati di invalidare sentenze emesse dai giudici popolari.
D: A parte le dichiarazioni di Marino, ci sono altri riscontri processuali?
R: No. Di fatto la chiamata in correo di Marino è l’unico elemento di accusa nei confronti di Sofri e degli altri imputati.
D: Le dichiarazioni di Marino, sono coerenti e circostanziate?
R: No. Le dichiarazioni di Marino sono a essere benevoli approssimative, e in alcuni casi smentite da verifiche. In particolare Marino sostiene che il via libera finale all’omicidio fu dato da Sofri e Pietrostefani durante un incontro tenutosi in piazza a Pisa, ma indagini della Polizia hanno portato ad escludere che Pietrostefani fosse presente quel giorno. A questo punto Marino cambia versione e dice che Pietrostefani quel giorno non c’era, e la dichiarazione viene ritenuta attendibile.
D: Ci sono altre incongruenze nelle dichiarazioni di Marino?
R: Diverse, a partire da indicazioni metereologiche sbagliate, fino ad arrivare alla dichiarazione che dopo l’incontro con Sofri a Pisa sarebbe partito subito per Torino e poi per Milano, fatto smentito da diversi testimoni che lo posizionano a Pisa ancora molte ore dopo il presunto incontro con Sofri.
Inoltre nella prima versione dei fatti è Pietrostefani ad organizzare l’incontro con Sofri che a detta di Marino non sa della sua presenza, ma ovviamente quando Pietrostefani viene confermato in altro luogo, Marino deve sostenere che Sofri, pur non sapendo della sua presenza e senza preavviso, quando lo vede gli ordina di ammazzare Calabresi. Di queste incoerenze ed errori sono piene le dichiarazioni di Marino, unico elemento probante e senza riscontri ulteriori della colpevolezza di Sofri.
D: I tre accusati hanno scontato la loro pena?
Q: Sofri ha scontato interamente la pena, presentandosi spontaneamente al carcere di Pisa dopo la condanna definitiva. Ha usufruito di alcuni permessi ai domiciliari per motivi di salute. Ha definitivamente scontato la sua pena nel 2012. Nonostante le sollecitazioni da più parti si è sempre rifiutato di chiedere la grazia. Pietrostefani è fuggito in Francia. Bompressi, gravemente malato, ha fatto richiesta di grazia che è stata accordata dal Presidente Ciampi. Tuttavia l’allora Ministro Guardasigilli, il leghista Castelli, rifiutò di controfirmare la grazia aprendo un fronte costituzionale. La Corte Costituzionale infine ha dato torto al Ministro, sostenendo che la controfirma è un atto dovuto e non inficia la prerogativa Presidenziale. Nel 2006 il nuovo Presidente Napolitano ha infine firmato la grazia per Bompressi, dopo la sentenza della Corte Costituzionale.
D. Quale è stata la condanna per Marino, in quanto esecutore materiale dell’omicidio Calabresi?
R: Marino è stato condannato a 11 anni di carcere, di fatto mai scontati per prescrizione del reato a causa delle lungaggini dei processi. In totale ha scontato pochi mesi di carcere preventivo e qualche anno ai domiciliari.