Decidendo a maggioranza, in conformità alla proposta della III Commissione, il C.S.M. ha escluso il dott. Di Matteo, leader a Palermo del processo-partito in cui lo Stato, in persona di Ufficiali dei Carabinieri, ministri etc. è imputato di aver tentato di subire le minacce ed il ricatto della mafia, da uno dei tre posti di Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia messi a concorso.
Nella relazione-proposta della Commissione, Di Matteo era finito all’undicesimo posto, ma il “partito anti trattativa” di Palermo e dintorni aveva intrapreso una clamorosa campagna in suo favore, chiedendo l’annullamento della graduatoria etc. etc.
Il voto del C.S.M., in pratica, nega a Di Matteo un posto “virtuale”.
All’atto della sua candidatura, infatti, Di Matteo aveva rassicurato, attraverso la stampa, il “partito anti trattativa” che “non avrebbe lasciato il suo posto”, quale che fosse stato l’esito.
Ciò sarebbe stato possibile, perché molti dei Sostituti Procuratori Nazionali Antimafia, anziché nella sede di tale Procura in Roma, sono “distaccati” nelle Procure Distrettuali, che, poi, sono per lo più i luoghi dove essi lavoravano prima della nomina a Roma.
In pratica quindi, stando, appunto alle intenzioni pubblicamente a suo tempo manifestate da Di Matteo, il C.S.M. non avrebbe fatto che negargli di rimanere al suo attuale posto, ma “ad altro titolo”, cioè “in trasferta virtuale” in qualità “distaccato dal suo ufficio in Roma”.
Ciò è avvenuto in passato in più di un caso, con “regolare” (!!!) indennità di trasferta all’inamovibile sostituto. Indennità che, in conseguenza del voto del C.S.M., Di Matteo non potrà recepire.
Il voto ha lasciato strascichi e polemiche e grande delusione tra “Agende Rosse” e “Scorte Civiche” di Palermo e, forse anche tra i “mappatori antimafia” di Nando Dalla Chiesa. Per la mancata indennità, si direbbe.
Mauro Mellini