“Hai sentito Marcolin?”
“Marcolin, il candidato sindaco di Agrigento” – mi risponde concitato l’amico che mi ha chiamato al telefono.
“Scusa, ma Marco (Zambuto) non si era dimesso, si candida nuovamente?”
“No Marco, non quello…. Marco Marcolin, quello della Lega Nord…”
Mi soffermo un attimo a pensare. È da un po’ che manco da Agrigento… che sia diventata una città del Nord? Ma no, che stupido che sono, l’abbiamo sempre definita il Nord dell’Africa… niente niente che l’Africa abbia un partito che si chiama “Lega Nord”, quindi Agrigento? La telefonata continua.
“Marcolin in tv ha detto che quello che hai riportato in merito all’onorevole Riccardo Gallo sono illazioni. Schizzi di fango non supportati da alcuna notizia o fatto concreto”.
La vicenda è quella della quale ho scritto ieri, accusando la stampa del silenzio mantenuto in merito all’indagine che ha riguardato l’On. Riccardo Gallo Afflitto , accusato dal pentito Daniele Sciabica che lo aveva indicato come coinvolto in un omicidio di mafia in concorso con lo stesso Sciabica. Un’indagine finita con un’archiviazione, così come da me correttamente pubblicato nell’articolo. Eppure la notizia c’era, eccome se c’era, non capita tutti i giorni che un Onorevole della Repubblica Italiana venga indagato per concorso in un omicidio di mafia. E da qui l’articolo sullo strano silenzio degli organi stampa che avevano taciuto la notizia. L’intervento pubblico del candidato sindaco Marco Marcolin, mi ha chiarito un po’ le idee. Nessuna notizia! Evidentemente per il candidato leghista è normale che un deputato nazionale sia stato indagato per un omicidio di mafia. Quanti saranno tra Onorevoli e Senatori, magari Ministri e Presidenti del Consiglio o della Repubblica, che sono stati iscritti al registro degli indagati per concorso in un omicidio di mafia? Sicuramente tanti. Del resto se la notizia non c’è, è segno che si tratta di un evento tanto comune da non destare neppure la curiosità dell’opinione pubblica o della stampa.
Cerco di fare mente locale. Niente da fare, mi vengono in mente tanti casi di corruzione, concorso esterno in fatti di mafia e tanto altro, ma di concorso in un omicidio di mafia neppure uno. Qualche organo stampa, che pure aveva criticato la pubblicazione della notizia nella quale si muoveva la critica a tutti i giornalisti che essendone a conoscenza avevano taciuto, aveva giustificato il proprio silenzio affermando di esserne a conoscenza da mesi ma di non aver pubblicato nulla in quanto si era arrivati all’archiviazione. A riprova della suddetta archiviazione, la testata pubblicava il decreto di archiviazione, del quale sarebbe venuta in possesso negli ultimi giorni.
Il “sarebbe” è d’obbligo visto che, stranamente, la data della copia conforme dell’atto, pubblicata dal giornale, risulta essere quella del 23/02/2015, ovvero solo il giorno prima della pubblicazione del mio articolo. Ma non è questa l’unica stranezza dell’atto rispetto quanto dichiarato dal giornale in questione. Scrive infatti il giornale: “Il Gip del Tribunale di Palermo aveva archiviato la posizione dell’on Gallo, in data 7 novembre 2014, per assoluta mancanza di indizi”. Citazione che non si legge assolutamente nel decreto di archiviazione, corredato dal giornale anche con la richiesta ad opera del Pubblico Ministero, il quale scrive nella richiesta di archiviazione stessa: “Chiede alla S.V. l’emissione di decreto di archiviazione per inidoneità degli elementi acquisiti ed acquisibile nelle indagini preliminari a sostenere l’accusa in giudizio ex art. 125 disp. att. c.p.p.
Sono infatti notori i requisiti richiesti dalla giurisprudenza della Suprema Corte in tema di valutazione della prova costituita dalla chiamata di correo: nel caso in specie, se non sussistono dubbi circa i requisiti costituiti dalla attendibilità del dichiarante e dalla attendibilità intrinseca della chiamata di correo (desunta dalla spontaneità, verosimiglianza, precisione e completezza della narrazione dei fatti), altrettanto non può dirsi per quanto attiene al terzo requisito, cioè a dire l’esistenza di riscontri esterni, atteso che l’attività d’indagine a riscontro delle dichiarazioni rese da Sciabica Daniele nel corso dei verbali del […], pur confermandone la piena attendibilità, non ha consentito di raccogliere ulteriori ed oggettive conferme alle stesse” (leggere gli atti pubblicati a margine e le parti evidenziate in rosso).
Inoltre, l’atto pubblicato riporta un’altra anomalia. Il procedimento in questione era quello dell’archiviazione della posizione dell’on Gallo dall’accusa di concorso in omicidio in danno di tale Gambino Pietro, avvenuto in Agrigento il 1 ottobre 1988. Ma la richiesta di archiviazione da parte del PM per l’on Riccardo Gallo, fa riferimento al reato di omicidio commesso in danno di Messina Gerlando, indicandone la data di uccisione nel 1 ottobre 1988. Un errore dovuto alla confusione di quei tanti delitti avvenuti in quegli anni? Sicuramente un errore ma come poteva sfuggire a bravi giornalisti di nera e giudiziaria che il morto non era il morto, ovvero che l’ucciso non era quello in questione? Misteri della stampa che sarebbe venuta in possesso negli ultimi giorni dell’atto di archiviazione e della richiesta di archiviazione ma che pubblicava i due documenti che portavano come data di rilascio solo quella del giorno precedente alla pubblicazione del mio articolo.
E fin qui ci sarebbe poco da dire se quest’eccesso garantista che ha portato il giornale a scrivere di “assoluta mancanza di indizi”, anziché riportare come il Pubblico Ministero abbia sottolineato che “non sussistono dubbi circa i requisiti costituiti dalla attendibilità del dichiarante e dalla attendibilità intrinseca della chiamata di correo (desunta dalla spontaneità, verosimiglianza, precisione e completezza della narrazione dei fatti)” precisando che è mancata l’esistenza di riscontri esterni. Un moto garantista condivisibile quello della testata in questione, se non fosse che, purtroppo, in passato non ha usato con lo stesso metro quando scriveva di imprenditori che erano stati condannati per mafia salvo poi essere assolti. In quel caso, nonostante nel frattempo il soggetto in questione fosse anche deceduto, era sufficiente scrivere che era stato condannato per mafia ma poi assolto. E che dire della chiamata in causa (ma solo sul giornale) di rispettabili professionisti citati solo perché un pentito aveva detto che avevano portato cocaina a qualche festino? Dichiarazioni che non avevano dato luogo a nessuna indagine, nessuna condanna né archiviazione. Un nulla di nulla ma questo, in nome di una libertà di stampa evidentemente un po’ strabica, non aveva impedito di “sbattere il mostro in prima pagina”.
Uno strabismo del quale deve essere affetto un altro iper-garantista che pedissequamente al giornalista che ha scritto l’articolo di critica nei confronti di chi ha fatto informazione, ha anche lui voluto spezzare oggi una lancia in favore dell’onorevole in questione, affermando che “il diffondere questa notizia significa solo e soltanto compiere un atto di lotta politica di immenso squallore, di ingiustificabile cattiveria e di infimo livello”. Peccato che il soggetto in questione risulti essere pluripregiudicato per diffamazione. Ad Agrigento evidentemente lo sport più diffuso è quello del “predicar bene e razzolare male”…
“Hai sentito Marcolin?”
“Marco che? Ah, già, di nuovo lui”. Forse per il candidato a sindaco di Agrigento quello della Lega Nord, sarà normale che un onorevole possa essere indagato per concorso in omicidio di mafia. Forse non si tratta neppure di una notizia tanto un fatto del genere è comune. Ma da questo a dire che le informazioni “sono illazioni” ne passa. Forse il nordico Marcolin ha ben pensato che in qualche modo conveniva adattarsi alle usanze per le quali viene spesso accusato il Sud. Del resto è in campagna elettorale nel Sud del Sud, in quella Agrigento che è il Nord dell’Africa. Ma illazioni no… all’accusa di “illazioni e schizzi di fango” non ci sto… Anche al Sud del Sud, o al Nord dell’Africa, esistono gli avvocati. E non esistono soltanto per curare l’immagine degli onorevoli…
Gian J. Morici