Fa amaramente sorridere una delle ultime affermazioni del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, in merito al suo viaggio a Parigi per spiegare ai colleghi ministri degli Interni come si fa la lotta al terrorismo, con l’intento di esportare “il modello italiano di analisi strategica antiterrorismo a livello europeo”.
Alfano, il quale definisce premature le analisi sulle presunte mancanze dell’intelligence francese, vanta il presunto modello italiano facendosi forte del fatto che in Italia non si sono mai verificati attentati come la mattanza alla redazione di Charlie Hebdo.
Del presunto “modello italiano” e sulla qualità della prevenzione messa in pratica in Italia, non certo per colpa degli organi inquirenti ma a causa dell’operato di una classe politica assai discutibile, ne avevo già scritto quando affermai che se la prevenzione fosse stata materia di studio il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, laureato in giurisprudenza, avrebbe dovuto riprendere gli studi a partire dalla prima elementare, visto che il capo di un dicastero importante, qual è quello del Viminale, sembrava non rendersi conto del pericolo rappresentato dal passaggio sul nostro territorio di eventuali terroristi islamici, affermando che in Italia la situazione è sotto controllo e che il nostro Paese non corre alcun rischio.
Forse la colpa nel sottovalutare il pericolo era dovuta ai consigli di chi aveva sostenuto che al-Qaeda era sconfitta e che non era ipotizzabile la nascita di un’organizzazione terroristica con le stesse capacità di quella che fu l’organizzazione del “re del terrore”, Bin Laden. Del resto, l’autore di tali affermazioni era lo stesso magistrato antiterrorismo che nel 2008 fu nominato da Alfano Capo dell’Ufficio per il Coordinamento dell’attività internazionale.
Il 9 settembre il ministro scoprì poi il cosiddetto “uovo di colombo”: “L’Italia e Roma sono possibili obiettivi di attentati da parte dei militanti di Stato Islamico, la formazione fondamentalista attiva in Siria e Iraq, ma finora non è stato segnalato alcun progetto concreto di attacchi”, affermò il ministro, precipitandosi subito a precisare che “finora sono 48 i ‘combattenti stranieri’ dell’Is in qualche modo legati all’Italia, ma due soli con cittadinanza italiana”.
Politicamente scorretto! E sì caro Signori Ministro, sarebbe “politicamente corretto” riportare soltanto le sue rassicuranti affermazioni senza porre alcuna domanda e senza fare alcuna analisi di quanto accade in Italia ma poiché non faccio parte a questa larga schiera, sento la necessità di porre qualche domanda:
1) Il modello italiano, così come lei lo definisce, è quello che l’ha portata, tardivamente, a diramare la circolare del 25 settembre 2014 che recita testualmente: “Com’è noto, lo straordinario afflusso di oltre 130.000 migranti che sono giunti quest’anno sulle coste italiane ha suscitato grande preoccupazione in ambito nazionale ed europeo. Peraltro, alcuni Stati membri lamentano con crescente insistenza, il mancato fotosegnalamento di numerosi migranti che dopo essere giunti in Italia, proseguono il viaggio verso i Paesi del Nord Europa”?
2) Sa dirci, Signor Ministro, quanti stranieri sono transitati sul nostro territorio diretti o provenienti da paesi in guerra laddove avrebbero potuto avere rapporti con organizzazioni terroristiche?
3) Vuol dirci, Signor Ministro, quanti di loro sono stati identificati, a quanti sono state prese le impronte digitali, quanti erano partiti dall’Europa per raggiungere paesi come Siria o Iraq e dove si trovano attualmente, visto che quanto riportato nel succitato atto dimostra come almeno fino a quella data sull’efficienza del “modello italiano” ci sarebbe non poco da dire?
4) E’ “politicamente scorretto” chiederle come possa Ella ritenere che i cosiddetti “lupi solitari” agiscano in maniera quasi autonoma e senza alcuna organizzazione alle spalle, visto che gli stessi sono legati a reti dalle quali ricevono informazioni, indicazioni in merito ad obiettivi da colpire e si procurano le armi per effettuare attacchi quali quello di Parigi? In mancanza di una rete di collegamenti che gliele possa fornire, vuol forse farci credere che i Kalashnikov sono “prodotti” facilmente reperibili in una qualsiasi drogheria?
Se anche in Italia si dovessero verificare episodi come quelli di Parigi o come quelli fortunatamente sventati in Inghilterra, cosa ne sarebbe del suo “modello italiano” che ad oggi ha solo portato ai tagli alle forze dell’ordine e ad una tardiva circolare ministeriale dalla quale si evince come l’Unione Europea ha mosso all’Italia accuse in merito al mancato fotosegnalamento di numerosi migranti che dopo essere giunti nel nostro Paese proseguono il viaggio verso i Paesi del Nord Europa?
È certo del fatto che jihadisti oggi presenti nei paesi europei non siano mai transitati dall’Italia e che non abbiano alcun contatto con soggetti presenti sul nostro territorio o dobbiamo ancora sperare in quello che affermava il suo collaboratore al dicastero Giustizia in merito al fatto che al-Qaeda era stata sconfitta e non potevano più nascere organizzazioni terroristiche con quelle caratteristiche?
Politicamente scorretto dire che a seguito di quanto accade quest’ultima affermazione, se non fosse per i morti, farebbe soltanto ridere?
Resta da sperare che a seguito di eventi terroristici nel nostro Paese non debbano essere i francesi (che in fatto di prevenzione e risposta all’azione terroristica non si sono certo distinti per capacità) a voler esportare il loro “modello” nella nostra nazione…
Gjm